Il viaggio di Business24 ed eToro nel mondo dei BRICS vede, tra i protagonisti, un’isola iconica, Cuba. Anche Cuba, come molti altri paesi, infatti, ha deciso di guardare verso questa alleanza della quale, per il momento, è solo partner e non ancora membro. Una scelta dettata da moltissimi fattori di natura economica ma anche dalla presenza di un alleato storico di Cuba, Mosca. Ma quali risvolti si attendono da questa nuova partnership? La risposta arriva da Gabriel Debach, market analyst di eToro
Cuba è partner dei BRICS un alleato che potrebbe rivelarsi molto utile. Quali sono i vantaggi che potrebbe trarre l’isola da quest’alleanza?
«Anche Cuba, come un’altra decina di Paesi in via di sviluppo, ha presentato richiesta formale di adesione ai BRICS durante l’ultimo vertice tenutosi a Kazan lo scorso ottobre. L’interesse dell’isola per il blocco si era manifestato già durante il vertice del 2023 in Sudafrica, dove il Paese ha evidenziato la necessità di rafforzare le sinergie tra i BRICS e il Gruppo dei 77, promuovendo un ordine monetario internazionale più stabile e diversificato. Ad oggi, tale volontà riflette una chiara evoluzione nelle dinamiche internazionali, dove l’alleanza del gruppo sta ampliando la propria influenza geopolitica e economica, acquisendo un peso sempre maggiore in ambito diplomatico e commerciale. L’eventuale adesione ai BRICS potrebbe portare vantaggi significativi per Cuba, già impegnata nel tentativo di diversificare i suoi partenariati economici, riducendo la dipendenza da attori tradizionali e contrastando l’impatto delle sanzioni statunitensi. Potendo contare su questa alleanza, per il Paese si delineerebbero nuove opportunità di accesso a risorse finanziarie cruciali, come i prestiti della Nuova Banca di Sviluppo, che potrebbero sostenere progetti infrastrutturali e incentivare investimenti esteri diretti in diverse aree, tra cui le infrastrutture energetiche e logistiche. Inoltre, l’integrazione al gruppo potrebbe favorire una maggiore apertura commerciale con altre economie, incrementando gli scambi di beni e servizi e incentivando la cooperazione con Paesi come Cina, India, e Brasile, in aree come le rinnovabili, la tecnologia e l’agricoltura; tutto ciò potrebbe accelerare il processo di modernizzazione economica dell’isola e aiutarla a rafforzare il proprio peso diplomatico a livello internazionale, contribuendo a creare un contrappeso alle istituzioni economiche occidentali più tradizionali».
Quanto ha pesato l’alleanza storica con la Russia sul fronte economico in questi ultimi tempi, soprattutto con la guerra in Ucraina?
«L’alleanza storica tra Cuba e Russia affonda le sue radici oltre sessant’anni fa e negli anni ha continuato a influenzare le dinamiche tra i due Paesi, anche a seguito del conflitto in Ucraina e dei momenti di tensione tra l’isola e gli Stati Uniti. Il supporto di Mosca a L’Avana va inserito infatti nel contesto di crescente disillusione dell’isola nei confronti degli Stati Uniti, che continuano a mantenere forti restrizioni economiche a causa dell’embargo. Dalla fine degli anni 2000, la collaborazione tra i due Paesi si è intensificata, animata da urgenti necessità economiche e dall’interesse ad abbracciare una forma di pluralismo strategico in un ordine mondiale sempre più policentrico. Così, Mosca ha cancellato il 90% del debito sovietico di Cuba, concedendo un po’ di respiro all’economia dell’Isola che, ad ogni modo, non sarebbe stata in grado di ripagarlo, e offrendo assistenza economica e risorse essenziali quali petrolio e, in misura minore, grano. Mosca ha anche manifestato interesse per le riserve di nichel cubane e ha avviato progetti per modernizzare infrastrutture e settori chiave che includono l’energia nucleare e le telecomunicazioni. In cambio dell’aiuto economico, Cuba ha offerto il suo sostegno alla Russia su vari fronti diplomatici e politici, e ha continuato a essere un mercato per l’industria bellica russa, che fornisce a Cuba equipaggiamenti militari, come aerei da combattimento MiG. L’isola è anche diventata un punto strategico per la Russia, un simbolo di resistenza al predominio degli Stati Uniti. Il conflitto russo-ucraino ha aggiunto, purtroppo, un nuovo livello di complessità a questa alleanza. Cuba ha scelto infatti di sostenere le posizioni di Mosca, in un periodo in cui le sanzioni occidentali hanno acuito le difficoltà economiche della Russia, ma anche di Cuba, già alle prese con una crisi interna. Tuttavia, sebbene l’alleanza abbia portato vantaggi tangibili in termini di risorse e supporto strategico, essa non è priva di limiti. Nonostante l’assistenza russa, l’economia cubana rimane fragile e dipendente da risorse esterne, e le opportunità di sviluppo sono condizionate dalla limitata capacità economica della Russia, che sta affrontando sfide interne enormi a causa della guerra e delle sanzioni internazionali».
I pilastri dell’economia cubana sono, da sempre, alcuni elementi molto caratteristici come i sigari e lo zucchero. Qual è il quadro della situazione sul fronte economico?
«Ad oggi, Cuba sta affrontando una serie di difficoltà dal punto di vista economico, aggravate dall’impatto di fenomeni metereologici estremi: dopo gli uragani Rafael, Oscar e Helene, lo scorso novembre si è abbattuto il terremoto più potente degli ultimi anni, che ha messo in ginocchio un Paese già sofferente. Quest’anno, il bilancio nazionale evidenzia un deficit del -33%, con entrate nette stimate in 333 miliardi di pesos cubanos (circa 13 milioni di euro), mentre le spese superano di oltre 6 milioni di euro questa cifra. A ciò si aggiunge un debito pubblico tra i più alti dell’America Latina, pari a 18 miliardi di dollari, mentre le difficoltà di Cuba nel rispettare i pagamenti ai creditori internazionali accentuano l’incertezza sul futuro economico dell’isola. Non si salva dalla crisi neanche il settore dello zucchero, il cuore pulsante dell’economia cubana e fonte maggiore di reddito, che in alcuni casi viene addirittura importato per soddisfare i propri bisogni interni. A mancare, però, non è la materia prima, ma la carenza di carburante, fertilizzanti, macchinari e manodopera, oltre all’efficienza dei mezzi di trasporto e distribuzione. La produzione di zucchero è crollata, e per quello che è stato a lungo il “re” di Cuba, le previsioni vedono ormai solo 300.000 tonnellate metriche di dolcificante nel 2025, con i livelli storici di oltre 8 milioni di tonnellate negli anni ’90 che restano ricordi lontani. Il declino del comparto riflette la crisi che si è scatenata a partire dal 2020, quando le rinnovate sanzioni statunitensi e la pandemia di Coronavirus hanno inciso pesantemente sui guadagni in valuta estera del Paese, che dipende dalle importazioni, risultando in un calo di oltre il 40% della produzione alimentare, e riduzioni simili hanno interessato anche la lavorazione dei prodotti. Quanto ai sigari, sebbene rimangano un prodotto di prestigio e simbolo dell’isola, l’embargo statunitense limita significativamente le opportunità di esportazione, mentre la domanda è diminuita nei mercati europei e asiatici, anche a causa delle difficoltà economiche globali. La crisi interna, caratterizzata da inflazione elevata, svalutazione della moneta e carenze di beni essenziali, ostacola la competitività del settore, che richiede investimenti per mantenere alta la qualità del prodotto».
Anche il turismo è una voce essenziale nel bilancio dello Stato. Quali sono gli altri punti di forza del settore turistico? E quelli di debolezza sui quali si potrebbe puntare ad una strategia di sviluppo?
«Il turismo, settore chiave per il Paese e l’ultima “locomotiva dell’economia” rimasta, si trova anch’esso in uno stato di crisi, alimentato dalla complessa interazione tra problematiche interne e fattori geopolitici. Nonostante l’isola continui a esercitare un forte richiamo grazie al suo patrimonio naturale e culturale unico, i dati parlano chiaro e rivelano un quadro complicato: tra gennaio e ottobre 2024 sono arrivati nell’isola oltre 1,7 milioni di visitatori, con un calo di quasi la metà (-48%) rispetto al periodo pre-pandemia – nello stesso intervallo di tempo del 2019, infatti, arrivarono ben 3.563.494 turisti. Le previsioni per quest’anno sembrano ormai irraggiungibili e, degli oltre 3,5 milioni di visitatori, i dati indicano che l’anno si chiuderà con meno di 2,4 milioni. Uno dei punti di forza del settore rimane l’attrattiva della destinazione, grazie a spiagge suggestive e incontaminate, città ricche di storia e una cultura vibrante. Tuttavia, queste risorse sono gravemente penalizzate da debolezze strutturali: il degrado delle infrastrutture, in primis, con blackout frequenti, carenza di acqua potabile e trasporti inadeguati. L’emergenza sanitaria, aggravata da epidemie come il dengue e dalla precarietà del sistema medico, scoraggia ulteriormente i visitatori, mentre l’aumento della criminalità, spesso legato alla povertà estrema e al traffico di stupefacenti, alimenta avvisi di viaggio da parte di paesi come il Canada. Il turismo è stato anche indebolito da una gestione centralizzata poco orientata a logiche di mercato, come quella della holding Gaesa, che domina gran parte dell’economia cubana. Nonostante investimenti significativi, il settore turistico non ha beneficiato dei miglioramenti necessari per competere con altre destinazioni caraibiche, che invece stanno ampliando le loro infrastrutture e migliorando i servizi. A mio avviso, per rilanciare il turismo, sarà necessaria una strategia di sviluppo radicale e lungimirante. Cuba dovrebbe affrontare le sue sfide interne: risolvere la crisi energetica, migliorare infrastrutture e servizi sanitari, e ripristinare sicurezza e qualità nel settore. Ancora più cruciale sarà un’apertura economica che favorisca investimenti stranieri e riconquisti la fiducia degli esuli cubani e degli operatori turistici internazionali, garantendo una gestione più efficiente e trasparente del settore. Solo così l’isola potrà tornare ad essere una destinazione competitiva sul mercato globale».
A livello infrastrutturale l’isola ha ancora dei seri problemi. È possibile fare una fotografia della situazione attuale?
«Il settore delle infrastrutture di Cuba sta affrontando sfide significative e necessiterebbe di una serie di interventi urgenti di ammodernamento per migliorare le condizioni di vita e aumentare l’attrattività del Paese verso gli investitori esteri. Un comparto messo drasticamente sotto pressione, soprattutto di recente, è quello energetico: nel corso di quest’anno, nell’isola si sono verificati diversi blackout prolungati, con interruzioni dell’elettricità che in alcune aree sono durate anche 24 ore. Le ultime catastrofi naturali hanno ulteriormente aggravato il quadro: a seguito degli uragani, infatti, il sistema elettrico nazionale è stato gravemente compromesso, causando danni ingenti alle infrastrutture e allagamenti che hanno reso impraticabili, mentre il terremoto di magnitudo 6.8 nei pressi di Santiago, ha distrutto oltre 34.000 abitazioni e dato il colpo di grazia alla già fragile rete infrastrutturale. Nonostante ciò, il governo cubano sta cercando di reagire attraverso iniziative mirate, che si aggiungono a diversi accordi di collaborazione internazionale avviati negli ultimi anni per finanziare progetti di ammodernamento e riqualificazione urbana. In questo senso, un settore prioritario è il turismo, per il quale il Ministero ha approvato un piano ambizioso di espansione della capacità alberghiera, che prevede la costruzione di 108.000 nuove stanze entro il 2030 e la realizzazione di infrastrutture complementari, come campi da golf e centri termali. Anche il settore aeroportuale è al centro di un importante progetto di investimento, che mira a migliorare la sicurezza operativa e a rinnovare il terminal principale dell’aeroporto di L’Avana, insieme a strutture di manutenzione e aeroporti situati in località turistiche come Varadero e Cayo Las Brujas».
Oltre all’embargo statunitense, L’Avana deve anche far fronte alle difficoltà del suo principale fornitore di petrolio, il Venezuela. C’è chi parla di economia di guerra per l’isola. Si tratta di una definizione che corrisponde a verità?
«L’embargo degli Stati Uniti, che va avanti dal 1962, rappresenta senza dubbio uno degli ostacoli principali per l’economia cubana in quanto limita sensibilmente l’accesso dell’isola a mercati internazionali, risorse finanziarie e tecnologie, ostacolandone lo sviluppo economico e l’accesso ad organismi multilaterali come il Fondo Monetario Internazionale o la Banca Mondiale, che potrebbero fornire importanti risorse per finanziare lo sviluppo. Poiché le imprese e le banche che collaborano con Cuba rischiano sanzioni, l’isola è costretta ad acquistare beni essenziali come alimenti, medicinali e macchinari a costi maggiori da mercati più distanti. A questa situazione si aggiungono le difficoltà del Venezuela, storico partner di Cuba e suo principale fornitore di petrolio, anch’esso in uno stato di crisi economica e politica che, tra le conseguenze, ha portato a un forte calo delle forniture di combustibili: la produzione di petrolio è diminuita in Venezuela e nell’ultimo decennio le forniture a Cuba sono crollate del 50%. Questo calo ha avuto un impatto diretto su trasporti, industrie e servizi pubblici, aggravando le condizioni già precarie della popolazione. Di fronte a queste difficoltà, il governo di Cuba ha annunciato a inizio luglio un nuovo piano speciale che deve rispondere con misure drastiche alla recessione e contenere i disordini sociali. Sono stati introdotti razionamenti e piani di austerità, affiancati ai tentativi di potenziare la produzione locale per ridurre la dipendenza dalle importazioni. Si parla così di “economia di guerra” – come segnalato dallo stesso Presidente Miguel Diaz Canel – una definizione che riflette il mix di molteplici difficoltà: dall’embargo, all’emergenza energetica, alimentare e ambientale, passando per le carenze infrastrutturali».
Tutti elementi critici che, conclude Debach, hanno costretto l’isola ad adottare misure straordinarie per risollevare l’economia del Paese.
Con i BRICS l’appuntamento è a gennaio. Buon Natale a voi tutti!