Il benchmark per i prezzi delle materie prime alimentari mondiali è salito a novembre al suo livello più alto da aprile 2023, con un aumento dello 0,5% rispetto a ottobre, spinto dall’impennata delle quotazioni internazionali degli oli vegetali. Lo riferisce l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) che ogni mese pubblica un report sull’andamento dei prezzi. Ne abbiamo parlato con Monika Tothova, economista Senior nella Divisione mercati e commercio della FAO, intervistata dal nostro direttore editoriale Matteo Vallero negli studi romani di Business24.
Secondo la vostra indagine a novembre l’indice di riferimento dei prezzi delle materie prime alimentari a livello mondiale è salito al suo livello più alto da aprile 2023. Perché? A cosa attribuite questo boom?
«L’indice dei prezzi alimentari di FAO è una misura della variazione mensile dei prezzi internazionali di un paniere di prodotti alimentari, ci sono: cereali, oli vegetali, carne, latticini e zucchero. Questi sono i cinque gruppi rappresentati da questo indice. A livello di analisi riguarda i prezzi di esportazione. FAO pubblica l’indice a livello mensile dal 1990. A novembre i prezzi internazionali sono saliti più del livello dell’aprile 2023, soprattutto per il forte aumento degli oli vegetali. Ma nel complesso siamo più del 20% sotto a marzo 2022 prima che cominciasse la guerra».
L’intervista completa ad Monika Tothova (Economista senior FAO) è andata in onda sul canale 410 del digitale terrestre
Quali sono le materie prime e quindi i prodotti che stanno subendo i rincari maggiori?
«Nell’indice i prezzi sono in aumento maggiormente per gli oli vegetali e latticini, il burro ad esempio ha raggiunto il suo picco. Altri beni che non sono nell’indice, sono in rincaro: come cacao, grano e caffè. Per quanto riguarda il grano i suoi prezzi sono diminuiti perché questo prodotto è sia nell’emisfero australe sia nell’emisfero boreale. Quando parliamo di cacao, tè e caffè invece si tratta di prodotti che si trovano in un’area geografica abbastanza limitata, quindi se ci sono problemi di produzione in Brasile, non ci sono altri Paesi che possono sostituire la produzione. Praticamente dal 2023 i prezzi del cacao sono aumentati costantemente, raggiungendo uno storico di 9.7 dollari per un chilo di cacao. Se in Paesi come la Costa d’Avorio ci sono problemi si vede immediatamente nella produzione. Per il caffè il discorso è più complesso, perché nel bar non si paga solo il grano di caffè ma entrano in gioco altri fattori come l’energia, i rincari in bolletta etc».
Quali sono i rischi legati all’aumento dei costi delle materie prime alimentari soprattutto per i paesi fortemente legati alle importazioni?
«Dobbiamo pensare agli aumenti che sono fortemente legati a quelli di cacao, caffè e tè, ma tanti Paesi sono esportatori di queste materie prime, i loro guadagni forniscono una fonte importante di riserve di valute estera, dunque, tipo nel Burundi ed Etiopia le esportazioni di caffè coprono il 40% delle importazioni di altri beni alimentari e situazioni simili accadono in Costa d’Avorio. Generalmente i prezzi del grano si sono abbassati e quindi costa meno importare grano rispetto al 2022. Dopo la guerra in Ucraina l’indice dei prezzi è salito più di 160 punti, ora la situazione è di 127 punti, è stato uno shock per il mercato mondiale».
In conclusione, spiega l’esperta, la FAO non interviene in nessun modo sulla formazione dei prezzi. Realizza analisi sul commercio a livello globale, ma anche regionale e nazionale, per contribuire alla trasparenza del mercato, aiutando così i decisori politici sulle mosse da intraprendere per migliorare l’andamento dei prezzi.