Il 2024 volge al termine, i mercati guardano al 2025 chiedendosi quali saranno gli sviluppi dei tanti punti interrogativi che si delineano all’orizzonte. Quali saranno i prossimi market mover? Quali i fattori che influenzeranno le borse e l’economia nell’immediato futuro? A rispondere è Fabio Fois, Responsabile Investment Research & Advisory di ANIMA Sgr.
Il 2024 è stato archiviato. È possibile fare un bilancio per quanto riguarda Wall Street e le Borse europee? E qual è stato il 2024 di Piazza Affari?
«Dopo un 2023 positivo per quasi tutti i principali mercati azionari, i listini hanno confermato la propria forza anche nel 2024, sostenuti in primis dalla solidità del quadro macro/fondamentale e dall’allentamento della stretta monetaria da parte delle maggiori banche centrali. Al 23 dicembre, la performance da inizio anno del mercato azionario USA era superiore al 26%, in linea con il ritorno offerto l’anno precedente; meno premianti le borse europee, frenate da una crescita meno dinamica e dall’escalation dei rischi politici in alcuni paesi membri importanti. Piazza Affari si è distinta in positivo anche nel 2024, come già accaduto nel 2023, grazie a una composizione settoriale favorevole, a trend macroeconomici costruttivi e alla stabilità politica interna, che ha contribuito ad attrarre l’interesse degli investitori e a mantenere i premi al rischio su livelli contenuti».
Negli USA la tradizione vede il mese di dicembre come particolarmente positivo sullo sfondo di quello che gli economisti chiamano il Santa Rally, ovvero il Rally di Natale. Wall Street ha confermato anche quest’anno la tradizione? E Piazza Affari?
«Quest’anno il trend costruttivo che tipicamente caratterizza i mercati azionari durante il mese di dicembre è stato smorzato dall’inatteso inasprimento dell’approccio della Federal Reserve: durante la riunione del 18 dicembre, la banca centrale americana ha dichiarato che in futuro valuterà con maggior cautela ulteriori tagli, subordinandoli al calo dell’inflazione, e ha rivisto al rialzo le sue stime sul sentiero dei tassi nei prossimi anni. Wall Street ha perso terreno, complice l’illiquidità stagionale, ma è importante sottolineare che le perdite in termini assoluti sono state molto limitate, e il bilancio del 2024 resta straordinariamente positivo. Piazza Affari si è mossa in scia alle altre principali piazze europee e ha sovra-performato la borsa americana: al 23 dicembre, la performance da inizio mese era positiva, nell’intorno dell’1%».
Dopo l’ultimo mese del 2024 quale potrebbe essere l’andamento dei mercati in questo primo scorcio del 2025? E quali previsioni fare per il resto dell’anno?
«Nel 2025 ci aspettiamo che i mercati azionari restino supportati dalla crescita degli utili aziendali e da una limitata espansione dei multipli; privilegiamo gli Stati Uniti, ma vediamo opportunità anche in Area Euro, dove le valutazioni relative sono molto attraenti ed è possibile individuare diversi potenziali catalyst positivi. Siamo costruttivi anche sui titoli di Stato, in virtù delle nostre aspettative sull’evoluzione del quadro macro e delle politiche monetarie: ci attendiamo un misurato rallentamento della crescita negli Stati Uniti, una ripresa fiacca in Area Euro e un ulteriore calo dell’inflazione su entrambe le sponde dell’Atlantico, che permetterà a Federal Reserve e BCE di continuare a tagliare i tassi. Per quanto riguarda i bond societari, molti dei fattori che hanno offerto supporto al comparto nel 2024 si estenderanno al 2025, ma i premi al rischio sono compressi e giustificano un approccio selettivo: privilegiamo i titoli a più alto merito di credito, le scadenze intermedie e i settori non ciclici».
Quali potrebbero essere i market mover del 2025 e quali i rischi, anche a livello internazionale, che potrebbero influenzare i mercati nei prossimi 12 mesi?
«L’elezione di Trump con un Congresso a maggioranza repubblicana aumenta l’incertezza sulle politiche commerciali globali e sui rischi derivanti dall’implementazione di dazi, oltre a introdurre un’importante incognita per le conseguenze delle rigide misure di controllo dell’immigrazione propugnate durante la campagna elettorale. Occorrerà monitorare anche i cambiamenti normativi, con particolare riferimento alle Big Tech americane e alla Green economy. La variabile geopolitica resta sotto i riflettori: se da una parte permangono i rischi di un’escalation delle tensioni nei numerosi fronti caldi ancora aperti, dall’altra crescono le attese e le speranze di un cessate il fuoco in Ucraina, che avrebbe effetti positivi soprattutto per i mercati europei».
I timori più diffusi riguardano guerre commerciali che, con l’effettivo ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca potrebbero creare forti impatti sull’economia mondiale. Cosa si può prevedere al riguardo?
«L’introduzione di una tariffa universale è una minaccia seria, anche se i vincoli istituzionali, la mancanza di un chiaro sostegno pubblico e politico e alcune considerazioni di utilità strategica sollevano dubbi sulla sua effettiva implementazione, e rendono più probabile un’azione aggressiva e tempestiva nei confronti della Cina. Durante il primo mandato di Trump, la guerra commerciale con il gigante asiatico ebbe ripercussioni limitate per l’inflazione e anche in questo caso gli impatti sullo scenario macro potrebbero essere contenuti nel 2025, ma ovviamente il clima di incertezza non agevolerà l’assunzione di rischi».
Dollaro, euro, yen. Il settore delle monete, viste le politiche delle banche centrali, torna sotto i riflettori. Quale potrebbe essere la previsione sul fronte valutario internazionale?
«Siamo positivi sul dollaro: ci aspettiamo che la divisa statunitense sia favorita dalle guerre tariffarie e dal possibile rallentamento del processo di disinflazione innescato dalle politiche di Trump, che potrebbe comprimere i margini di allentamento monetario. L’euro, al contrario, potrebbe pagare a inizio anno la maggior proattività della BCE nel portare avanti il ciclo di tagli e l’incertezza politica, vista l’instabilità del governo francese e le elezioni in programma in Germania».
La view di medio termine sullo yen è costruttiva: la normalizzazione della politica monetaria giapponese, conclude Fois, dovrebbe alimentare un recupero, più evidente da inizio estate.