I gioielli piacciano agli italiani ed il settore mostra dati in crescita che fanno ben sperare anche per il futuro. I buoni affari visti nei primi 10 mesi del 2024, che hanno portato a un +5,8% dei ricavi del settore orafo-argentiero-gioielliero in Italia, probabilmente verranno confermati anche quest’anno, trainati soprattutto dagli acquirenti esteri. L’export nel 2024 è stato più dinamico rispetto al mercato interno mostrando rispettivamente una crescita del 7,2% e del 3%. L’Italia sul panorama mondiale si colloca in quinta posizione, con una quota di mercato dell’8,7%. Cina e India sono invece il primo e il terzo esportatore mondiale di preziosi, detenendo insieme alla Svizzera (secondo esportatore in qualità di hub e paese di transito dei prodotti orafi italiani e francesi) un terzo circa dell’export complessivo.
Abbiamo fatto una panoramica generale con Mediobanca che ha realizzato la prima indagine sul settore, analizzando i dati finanziari dei 97 maggiori player con un giro d’affari superiore ai 19 milioni di euro ciascuno.
L’Area Studi Mediobanca ha pubblicato recentemente la prima edizione dell’indagine sul settore orafo-argentiero-gioielliero in Italia. Come mai questa scelta? È un settore che merita a livello di numeri così tanta attenzione?
«L’Area Studi Mediobanca realizza analisi economico – finanziarie e di settore, alcune delle quali affondano le radici al 1946. Tra i vari filoni di studio, vengono analizzati i comparti di eccellenza del tessuto produttivo italiano e del suo “Made in Italy”, tra cui spiccano la moda e l’industria calzaturiera, l’arredo, la cosmesi e alcune specialità del food and beverage (vino, caffè, pasta). L’industria dei preziosi appartiene alla filiera allargata del Tessile, Moda e Accessori e condivide con essa numeri di assoluto rilievo, in particolare per quanto riguarda il saldo commerciale positivo (paria 9,4 miliardi di euro nei primi nove mesi del 2024 per l’industria orafa),l’ampiezza degli organici (con una forza lavoro complessiva attorno alle 31 mila unità), l’elevata redditività e l’esclusività dei principali marchi del settore, sia a proprietà italiana che straniera, che vengono comunque realizzati in Italia (come Cartier) sfruttando le competenze e il know how italiano nell’alta gioielleria. Moda e industria dei preziosi sono sempre più interconnessi, con grandi maison estereche sfruttando la notorietà dei loro marchi, hanno lanciato proprie linee di oreficeria attraverso partnership con operatori consolidati o mediante operazioni di m&a».
Chi traina maggiormente il settore a livello di players? E chi compra maggiormente, gli italiani o gli stranieri?
«Il nostro report sul settore orafo-argentiero-gioielliero ha analizzato le maggiori imprese italiane operanti nella produzione di preziosi, concentrandosi sulle aziende manifatturiere con un fatturato superiore ai 19 milioni di euro nel 2023. Sono state complessivamente individuate 97 società, di cui 86 sono a controllo italiano e 11 a proprietà estera: tra le società italiane riconducibili a persone fisiche (si tratta per lo più dei fondatori o dei relativi eredi), le imprese di piccola e media dimensione sono prevalenti con 78 aziende per 4,2 miliardi, concentrando il 50,5% delle vendite complessive. Sono solo sei le aziende con taglia medio-grande e con un fatturato medio che sfiora i 310 milioni di euro; a queste società a controllo familiare si aggiungono due societàcontrollate da fondi italiani di private equity. Le undici società a controllo estero sono più grandi, con un valore medio di ricavi triplo rispetto alle società a capitale italiano (203 contro 71,3 milioni di euro), sommando 2,2 miliardi di euro in termini assoluti (il 26,7% delle vendite complessive) le cui produzioni, in una logica di organizzazione aziendale vengono quasi interamente cedute a consociate distributive localizzate oltreconfine. A livello di singola società, al primo posto per ricavi si colloca Bulgari Gioielli (870mln) che precede Morellato (739mln) e PGI (566mln; marchio Cartier). Seguono Damiani (334mln) e UnoAerre Industries (264mln). In totale sono dieci le società che nel 2023 hanno superato i 150 milioni di ricavi. L’analisi della ripartizione geografica dei ricavi aggregati conferma l’accentuata natura export-oriented del settore: nel 2023 le vendite oltreconfine, inclusive dei seppur poco frequenti casi di estero su estero, hanno infatti sviluppato il 77% del giro d’affari aggregato con sono le destinazioni extraeuropee a prevalere».
Secondo il vostro report l’industria orafa-argentiera-gioielliera è uno dei settori trainanti del Made in Italy che più ha contribuito a sviluppare l’immagine del nostro Paese in tutto il mondo. A cosa si deve tutto questo successo?
«Il successo della nostra industria orafo-argentiera-gioielliera si deve a diversi fattori: tradizione, artigianalità, qualità del nostro made in Italy, savoir-faire italiano, ricerca e innovazione stilistica sia nel design che nell’utilizzo di nuovi materiali più leggeri. A questi si aggiungono la forte specializzazione territoriale e la concentrazione produttiva del comparto, che ruota attorno al ruolo dei comprensori e dei numerosi distretti orafi italiani. La condivisione di competenze e know-how (dal design alla trasformazione dei metalli) e il ruolo attivo giocato dai distretti, che offrono servizi essenziali quali la promozione del settore attraverso mirate campagne promozionali (a sostegno dell’espansione estera delle imprese aderenti), e la creazione di centri di formazione e ricerca specializzati nella lavorazione di metalli preziosi, consentono al comparto di affrontare i rischi della globalizzazione in risposta ad una concorrenza internazionale sempre più agguerrita attenta a perseguire, nella fascia medio-bassa di mercato rivolta ai consumatori mass market, agguerrite politiche di prezzo».
A livello di criticità quali sono i principali punti di debolezza del settore preziosi? Su cosa intervenire?
«Tra i punti di debolezza del settore preziosi segnaliamo l’eccessiva polverizzazione produttiva, la sussistenza di una filiera distributiva allungata e la dipendenza da materie prime preziose con quotazioni, spesso, molto variabili nel tempo. Negli ultimi due decenni, la nascita di nuove geografie produttive ha acuito la competizione internazionale, con l’ascesa di numerosi produttori ubicati in Paesi a basso costo del lavoro (come Cina, India, Indonesia e Thailandia). Se nel 2000 l’Italia deteneva il 28,3% delle esportazioni mondiali di prodotti di oreficeria (quota scesa già al 15% solo nell’arco del successivo quinquennio), la market share del nostro Paese è scesa all’8,7% nel 2023. La polverizzazione produttiva di questo settore in Italia si percepisce dalla prevalenza di micro e piccole imprese spesso in concorrenza tra di loro: ciò può incidere sulle capacità negoziali dei produttori italiani sui principali mercati internazionali, concorrendo a limitarne le capacità di innovazione di prodotto e di processo ed erodendo il posizionamento dell’industria italiana. Le ridotte dimensioni possono avere ulteriori impatti: solo i grandi operatori hanno infatti le risorse finanziarie necessarie per strutturare un’adeguata rete di vendita autonoma e sostenere le ingenti spese pubblicitarie che consentono di rivolgersi direttamente al grande pubblico per influenzarne i gusti e assecondare le tendenze del mercato. In riferimento al secondo aspetto, una filiera distributiva allungata, comporta il coinvolgimento di una vasta platea di attori e intermediari che presidiano le catene di fornitura. L’eccessiva dipendenza dagli intermediari (quali grossisti, buyer internazionali, agenti di commercio, raccoglitori) può incidere sulla redditività dei produttori, e quindi sulle loro capacità di pianificare politiche di investimento e campagne pubblicitarie adeguate, entrambi due fattori importanti per estendere la notorietà di un brand sui mercati internazionali. Solo chi può contare su un network di proprietà (e/o in franchising) è in grado di saltare, almeno in parte, i passaggi intermedi ed estrarre dal business il maggior valore aggiunto che altrimenti sarebbe da condividere con numerose altre figure commerciali. Nel contempo, maggiore è la distanza tra il produttore e il distributore finale, minore sarà la condivisione di informazioni sui gusti e le ultime tendenze di mercato. Quanto alla forte volatilità delle valutazioni delle principali materie prime, le ampie e a volte improvvise oscillazioni possono infatti ostacolare la corretta pianificazione della fase produttiva, portando a blocchi o contrazioni degli ordinativi in attesa di una stabilizzazione dei prezzi, e riflettersi sull’equilibrio finanziario delle società del comparto. È necessario investire sulla promozione del marchio, sulla professionalità dei designer e sulla formazione delle giovani leve, in modo da potenziare il contenuto stilistico e assecondare le ultime tendenze della moda. Per queste imprese, l’internazionalizzazione è una tappa obbligata che passa attraverso la valorizzazione della raffinatezza e della qualità del Made in Italy, entrambe caratteristiche apprezzate in tutto il mondo. Inoltre, è auspicabile il consolidamento del settore (anche verso comparti attigui come quello della orologeria, che condivide la stessa rete distributiva dell’industria dei preziosi) alla ricerca di sinergie e maggior potere negoziale, e una maggior apertura dell’equity di queste società».
Le condizioni geopolitiche e macroeconomiche, particolarmente turbolenti nel periodo post pandemico, hanno influenzato le quotazioni delle materie prime, in primis dell’oro. Mi fa un quadro generale? Le prospettive per il futuro quali sono? L’oro è ancora il bene rifugio per eccellenza?
«Nel quinquennio 2019-2024 l’oro è cresciuto a un tasso medio annuo dell’11,4%, aggiornando i picchi massimi del periodo nell’ottobre 2024 quando ha toccato quota 2.690 US$/oncia (per poi rintracciare a 2.641 US$/oncia nel successivo dicembre) rispetto ai 1.393 US$ medi del 2019. Il prezzo dell’argento, che mostra normalmente una positiva correlazione con l’oro, è cresciuto a un Cagr dell’11,7% chiudendo a 30,4 US$/oncia nel dicembre 2024.
Numerose cause spiegano queste dinamiche: si va dalle tensioni geopolitiche al cambio di passo della politica monetaria con le principali Banche Centrali che nel 2024 hanno cominciato a tagliare i tassi d’interesse dopo i continui rialzi tra il 2022 ed il 2023 (in contrasto all’inflazione) e la crescente domanda da parte delle stesse Banche Centrali, soprattutto dei Paesi Emergenti, che hanno incrementato le loro riserve auree, portandole in taluni casi sui massimi storici. Non solo le loro politiche monetarie influiscono sul costo-opportunità di investire in oro, ma anche le loro decisioni sulla composizione delle riserve strategiche influenzano direttamente la domanda mondiale del bene rifugio per eccellenza. L’oro e i tassi d’interesse segnalano tradizionalmente una correlazione negativa: il prezzo dell’oro tende a salire quando i tassi d’interesse scendono (con gli investitori finanziari in cerca di investimenti alternativi, tra cui spicca l’oro) e a scendere quando i tassi salgono e viceversa. Le quotazioni auree sono inoltre influenzate dal cambio del dollaro statunitense, essendo quest’ultima la valuta di denominazione dell’oro. Un dollaro più forte tende a contenere il prezzo dell’oro, mentre un dollaro più debole determina un rialzo del prezzo a causa dell’aumento della domanda, poiché è possibile acquistare più oro quando la valuta è più debole. È osservabile una turbolenza geopolitica relativamente elevata, di un’intensità per certi versi paragonabile a quanto vissuto nel 2001 (Torri Gemelle e guerra in Iraq) e, prima ancora, nel 1990 (guerra del Golfo). Fare previsioni sulle quotazioni future è quindi un esercizio non semplice, considerando che la principale causa di volatilità (le condizioni geopolitiche) è una variabile esogena che sfugge da ogni possibile valutazione empirica; dopo i massimi toccati tra ottobre e novembre nel 2024, il forte rafforzamento dell’oro tra dicembre e i primi scorci del 2025 ha determinato un non significativo rintracciamento delle quotazioni auree: è per questo motivo che il World Gold Council prevede per il primo trimestre del 2025 una stazionarietà delle quotazioni auree sui livelli attuali, salvo poi aspettarsi una loro crescita fino ai 3.000 US$ nella rimanente parte del 2025».
Quali sono in generale le prospettive per il futuro legate all’industria?
«Dopo i record del 2022 e il ritorno alla normalità nel 2023, in base agli ultimi dati Istat relativi ai primi 10 mesi 2024, i ricavi dell’industria dei preziosi risultano in rialzo del 5,8%, con l’export ancora più dinamico rispetto al mercato interno (+7,2% vs +3,0%). Quanto alle aspettative sul 2025, sulla base di un questionario dispensato dal Centro Studi di Confindustria FEDERORAFI, il 47,5% delle società rispondenti prospetta una stabilità del volume d’affari rispetto al 2024, il 31,2% si attende un peggioramento, mentre la residua quota del 21,3% ha un sentiment positivo. Le attese per la fascia mass market sono influenzate dai continui rialzi delle quotazioni delle principali materie prime e dalla erosione del potere d’acquisto del consumatore medio: in risposta a questi rischi le società potranno reagire continuando ad abbreviare il ciclo di vita del prodotto finito e investire nella ricerca stilistica con l’obiettivo di lanciare nuovi articoli più leggeri e con maggior utilizzo di materiali meno pregiati (come l’argento, l’acciaio, il titanio, pelle, vetro e resine). Per quanto riguarda le linee d’alta e altissima gamma, esse si rivolgono a una clientela tendenzialmente meno esposta ai fenomeni di depauperamento del potere d’acquisto dei consumatori mass market ed esprimono una domanda relativamente anelastica rispetto al prezzo. Il presidio di questa fascia deve prendere in considerazione i megatrend economico-sociali, sia per quanto riguarda il possibile cambiamento dei gusti della domanda, sia stando pronti a implementare con sollecitudine le opportune risposte in caso dell’esacerbarsi delle tensioni geopolitiche in essere (o dall’avvento di nuove) con la chiusura di importanti rotte commerciali (quali la Russia e l’area mediorientale)».
Come l’innovazione tecnologica impatterà sul settore?
«Sebbene la maestria artigianale sia un elemento fondamentale ed imprescindibile soprattutto nelle fasce di alta e altissima gamma, l’innovazione tecnologica e l’automazione in questo settore consentono il miglioramento dei processi produttivi, velocizzando e rendendo più precise le lavorazioni orafe, che possono quindi essere più facilmente personalizzabili in base alle specifiche richieste del mercato. Ciò consente di ampliare la gamma degli articoli da offrire alla clientela, migliorando il design di prodotto e consentendo lavorazioni molto laboriose per la creazione di gioielli dal design sempre più accattivante, particolareggiato e moderno, assecondando quindi le richieste sempre più esigenti del pubblico. Altro aspetto molto importante, l’automazione di alcune fasi produttive quali la laminazione, profilatura, taglio e cesoiatura, può contribuire all’abbattimento dei costi produttivi, una leva anch’essa molto importante, soprattutto per gli articoli unbranded e standardizzati che risentono della concorrenza di produttori localizzati in Paesi a basso costo del lavoro. Macchinari più precisi consentono di riutilizzare con maggior facilità gli scarti di lavorazione (da ricordare che si tratta di materiale prezioso) e offrono la possibilità di realizzare catene vuote, super leggere e dallo spessore centesimale, limitando quindi gli effetti legati ai continui rialzi nella valutazione della materia prima che non sono sempre facilmente ribaltabili sui prezzi finali di vendita. Un ulteriore vantaggio dell’innovazione tecnologica consiste anche nella possibilità di rendere la filiera più sostenibile e responsabile».
Insomma i dati emersi dall’indagine dimostrano e confermano come l’industria orafa-argentiera-gioielliera sia uno dei settori trainanti del Made in Italy che più ha contribuito a sviluppare l’immagine del nostro Paese in tutto il mondo, grazie alle qualità artigianali e all’originalità dei suoi prodotti. Le sfide, tra inflazione, contesto geo-politico incerto e innovazione, non mancano, ma il comparto è solido e tutto lascia pensare che, dopo i numeri positivi del 2024, continuerà a brillare.