Fumare non nuoce solo alla salute, ma anche al portafoglio. È quanto emerge da uno studio condotto a partire dal 2001 da un team di ricercatori della Jyväskylä University School of Business and Economics, in Finlandia, e i cui risultati sono stati pubblicati la scorsa settimana sulla rivista specializzata Nicotine & Tobacco Research.
Questo perché gli autori del documento, dopo aver incrociato i dati sanitari del progetto Cardiovascular Risk in Young Finns (analisi longitudinale su 3.596 connazionali nati tra il 1962 e il 1977) con quelli relativi al mercato del lavoro di Statistics Finland e con le informazioni di background familiare del Longitudinal Population Census, hanno effettivamente rilevato che sì: esiste una correlazione tra il numero di sigarette fumate e i guadagni conseguiti nel corso della carriera professionale.
Più nello specifico, per quantificare con adeguata precisione l’abitudine al fumo dei componenti del campione gli studiosi hanno utilizzato l’unità di misura del «pack-year» (pacchetto-anno), ricavabile moltiplicando gli anni della persona di turno per la media delle sigarette da questa consumate giornalmente e poi sottraendo alla cifra risultante l’età del soggetto quando aveva iniziato a fumare.
Giusto per fare un esempio, presentare un valore di 10 pack-year significava quindi aver consumato mediamente un pacchetto al giorno per un totale di 10 anni. Ebbene, a quel punto i ricercatori hanno scoperto che a ogni pack-year in più era associata una diminuzione dell’1,8% dello stipendio percepito.
Di conseguenza, calcolatrice alla mano, ridurre i propri pack-year di cinque unità potrebbe portare a un aumento dei guadagni del 9%: decisamente niente male.