Negli Stati Uniti, i consumatori si trovano a dover affrontare una vera e propria “emergenza uova”, con un’impennata dei prezzi che ha reso questo alimento, tradizionalmente accessibile, quasi inaccessibile per molti.
I ristoranti, a causa dei costi elevati, hanno iniziato ad aggiungere supplementi sui piatti che includono uova, mentre cresce la domanda di alternative, come uova liquide o altri prodotti sostitutivi. Al momento la domanda resta sostanzialmente stabile.
L’aumento dei prezzi delle uova negli Usa
Dall’inizio dell’anno, le quotazioni delle uova sono aumentate di 1,93 dollari alla dozzina, con un balzo del 33,23% raggiungendo il massimo storico di 7,86 dollari. Un’impennata significativa se si considera che nel 2020, una confezione di uova da 12 costava solo 1,50 dollari.
Le cause
Gli esperti indicano come causa principale dell’aumento dei prezzi l’influenza aviaria, che ha colpito duramente l’industria avicola statunitense: dal 2022, secondo il Dipartimento dell’Agricoltura, ha provocato la morte di oltre 100 milioni di polli, tacchini e galline ovaiole negli Stati Uniti.
Quando un caso di infezione viene rilevato in un allevamento, per evitare la diffusione del virus, spesso vengono abbattuti interi gruppi di animali, creando una carenza di approvvigionamento e facendo lievitare i prezzi.
Prezzi ancora più alti in California
In Stati con normative più severe, come la California, o dove si contano il numero più alto degli allevamenti (come l’Ohio), i prezzi sono ancora più alti. Ad esempio, in California, dove le uova in guscio devono essere vendute da allevamenti all’aperto, un cartone da due dozzine di uova costa 13,49 dollari, ovvero 0,74 dollari per uovo.
Limiti e accuse politiche
Alcune aziende della grande distribuzione, tra cui Trader Joe’s, Costco e Sprout, sono arrivate a porre dei limiti al numero di cartoni di uova che i clienti possono acquistare. Molti repubblicani incolpano l’ex presidente Joe Biden per l’aumento del costo delle uova e durante la campagna elettorale, lo stesso Trump ha promesso di abbassare i prezzi.
Influenza aviaria: cos’è e le conseguenze sui mercati
Come spiegato dall’Istituto superiore di sanità, l’influenza aviaria è un’infezione virale che si verifica principalmente negli uccelli. In particolare, gli uccelli selvatici, soprattutto acquatici, sono il veicolo principale di diffusione di questi virus, che poi possono essere trasmessi, ad esempio, agli animali da allevamento, provocando danni economici ingenti, e, sporadicamente, all’uomo. I virus aviari hanno una grande capacità di mutare e, recentemente, alcuni di questi ceppi virali sono stati trasmessi anche ai mammiferi, tra cui bovini.
Influenza aviaria: una marcia lenta ma continua
Il mondo scientifico aveva previsto già diverse decadi fa la pole position dei virus dell’influenza per l’innesco della prossima pandemia umana, con previsioni catastrofiche soprattutto basate sull’esperienza della famosa pandemia di “spagnola” (almeno in Italia fu chiamata così) del 1918.
Ma non sempre le previsioni si avverano: infatti la pandemia più recente e disastrosa è stata causata dal coronavirus Sars-CoV-2 e ci siamo trovati a fronteggiarla con piani pandemici influenzali, anche non aggiornati, ma soprattutto basati su parametri e modalità di contagio inadeguati.
Che Covid-19 si sia preso il palcoscenico della pandemia più recente non deve però far pensare che la minaccia dei virus influenzali non sia reale: anzi, a ben guardare l’avvicinamento di nuovi virus influenzali alla nostra specie è continuo e costante.
Aviaria: il percorso verso i mammiferi di H5N1
Dal 1997, però, virus dell’influenza aviaria del genere H5N1 sono stati identificati in infezioni tra mammiferi e anche come causa di locali focolai tra persone, mettendo in allarme la sanità mondiale. Dall’inizio del 2003, H5N1 ha effettuato una serie di salti di specie, acquisendo la capacità di contagiare anche mammiferi.
L’allarme ha indotto gli organismi sovranazionali a promuovere la redazione di piani di preparazione e risposta a un’eventuale pandemia e a la realizzazione di sistemi per mettere a punto nuovi vaccini efficaci in popolazioni completamente suscettibili.
Tra i vari problemi previsti, la necessità di grandi quantitativi di uova di pollo per le colture virali è stata considerata come uno dei fattori limitanti a ingenti produzioni di vaccini.
Dalla fine del 2021 al 2022 il virus predominante a livello mondiale, causa di influenza dei polli, è stato H5N1 ad alta patogenicità, ceppo 2.3.4.4b.
A febbraio 2022 in Perù, un’estesa epidemia di H5N1 è stata la causa di morte di centinaia di leoni marini, indicando la capacità di circolazione tra i mammiferi.
Nell’ottobre dello stesso anno, lo stesso ceppo virale, probabilmente veicolato da anatre selvatiche infette, è stato identificato in un’epidemia in un allevamento di visoni in Spagna.
Tra novembre e dicembre 2022, infezioni da H5N1 sono state identificate in orsi in Alaska, Nebraska e Montana. Nel frattempo, casi di infezioni, apparentemente isolate, in persone sono state registrate in Inghilterra, USA, Vietnam, Cina e Spagna.
A dicembre del 2023 lo stesso virus è stato identificato come la causa della morte di un orso polare nell’Artide.
Nello stesso mese l’infezione è stata identificata anche in un elefante marino e nella pelliccia di foche in Antartide, dimostrando come questo ceppo sia in grado di raggiungere ogni angolo del mondo e abbia raggiunto entrambi i poli.
Nel marzo 2024 per la prima volta l’infezione da HPAI H5N1è stata identificata in una capra di una fattoria in USA in cui erano stati trovati polli infetti.
Negli Usa i provvedimenti di abbattimento del pollame hanno coinvolto 153.866.301 animali in 1.536 focolai epidemici registrati in più di 630 contee; ne è conseguito anche un aumento del prezzo delle uova, che potrebbe essere la ragione del bizzarro furto di 100.000 uova fresche, recentemente segnalato in Pennsylvania. In Italia, il centro di riferimento nazionale per l’influenza aviaria riporta 56 focolai in altrettanti allevamenti dall’inizio del 2024.
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Nello stesso mese l’infezione è stata identificata tra i bovini da latte in fattorie in Kansas e Texas. L’infezione sembra essersi propagata attraverso il latte e i focolai, che sembravano poter essere facilmente circoscritti, sono aumentati progressivamente.
Attualmente più di 900 allevamenti sono stati infettati. La notizia più preoccupante è che negli USA dall’inizio del 2024 sono state identificate almeno 67 infezioni (di cui una fatale) in persone, un numero molto maggiore rispetto ai casi isolati osservati precedentemente.
La seconda informazione importante è che in Idaho sono stati confermati casi di re-infezioni, con sintomi più lievi, nel bestiame già infettato mesi prima.
L’osservazione di reinfezioni poco o niente sintomatiche in mammiferi indica che H5N1 può continuare a circolare anche inosservato: e se questa può essere una buona notizia per gli allevatori, è invece una pessima notizia per chi la legge come lo scenario ideale per ulteriori riassortimenti virali, con l’emersione di varianti capaci di infettare e trasmettersi tra le persone.
Rischio di pandemia umana?
Finora la barriera biologica per l’instaurarsi di una pandemia è la ridotta capacità dell’emoagglutinina (HA) di legarsi ai recettori delle nostre cellule delle prime vie aeree.
Storicamente l’infezione da H5N1 nell’essere umano è stata caratterizzata da una letalità del 30% e sono stati condotti studi genetici e strutturali sui virus identificati e sulle mutazioni che possono rendere la trasmissione inter-umana più efficiente.
Una singola sostituzione dell’aminoacido glutammina in leucina nella posizione 266 dell’emoagglutinina può aumentare il rischio di trasmissione estesa nella specie umana.
Una pandemia non è ancora inevitabile, ma certamente il rischio non è molto remoto. I segnali sulla nostra capacità di reazione e risposta non sono molto rassicuranti.
L’incapacità di arginare l’epidemia negli allevamenti di bovini in un paese industrializzato come gli Stati Uniti ci dà una misura delle difficoltà di intervento quando si passa dai polli ai mammiferi.
Alcuni osservatori hanno identificato, come ostacoli a una risposta efficace, la difficoltà di effettuare i test diagnostici, i ritardi di comunicazioni, le linee guida inadeguate; tutti fattori che richiamano alla memoria i problemi della risposta a Covid-19.
Questa volta non avremmo la scusa delle scarse conoscenze scientifiche sull’agente eziologico, studiato da secoli e osservato speciale da decadi, ma abbiamo costruito altri ostacoli agli interventi tempestivi.
Dalla pandemia di Covid-19 è aumentata (paradossalmente) la sfiducia nella vaccinazione ed è crollata la fiducia nelle istituzioni che dovrebbero orchestrare le risposte, il servizio sanitario è in grave affanno e i piani pandemici circolano solo nelle stanze dei pochissimi addetti ai lavori.
Anche l’allarmismo continuo sui media, sollevato per qualsiasi virus circolante, contribuisce alla nostra assuefazione alle brutte notizie, che per sopravvivere siamo tentati di accantonare.
Veicolare conoscenza e ristabilire la fiducia sono gli ingredienti essenziali per una risposta efficace alla pandemia prossima ventura.
Influenza aviaria, oltre 20 milioni di galline ovaiole uccise negli USA
Negli ultimi mesi l’epidemia di influenza aviaria che sta circolando diffusamente negli Stati Uniti ha portato alla morte di oltre 20 milioni di galline ovaiole, un numero enorme che sta avendo un impatto significativo anche sul costo delle uova, come indicato dalla ABC.
I prezzi del mercato all’ingrosso sono saliti anche di 50 centesimi di dollaro, come avvenuto in California, dove la dozzina ora si paga più di 8 dollari.
La situazione risulta particolarmente complessa durante questi mesi invernali, in cui il virus dell’influenza aviaria A (H5N1) ad alta patogenicità (HPAI) circola e resiste nell’ambiente con più facilità grazie al freddo.
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In estate, ad esempio, la maggiore radiazione solare uccide rapidamente le particelle virali; in questo periodo, d’altro canto, permangono più a lungo sulle superfici e gli oggetti contaminati, favorendo la diffusione e le infezioni.
In particolar modo negli spazi ristretti in cui sono confinati gli animali da allevamento.
La maggior parte delle galline non è comunque morta per l’infezione, ma a causa degli abbattimenti di massa che vengono effettuati quando si riscontra la positività all’interno di un allevamento.
Anche tanti animali sani vengono eliminati sistematicamente, spesso attraverso schiume o gas inerti che vengono diffusi all’interno dei capannoni, per uccidere velocemente grandi numeri di uccelli contemporaneamente. Non mancano però procedure meccaniche più cruente, che prevedono ad esempio lo schiacciamento.
A causa di queste eliminazioni forzate, il Dipartimento dell’agricoltura degli Stati Uniti (USDA) ha affermato in un rapporto che il governo federale ha sborsato oltre 1,25 miliardi di dollari per risarcire gli agricoltori e gli allevatori costretti a uccidere i loro capi.
Come indicato nel documento, non sono state interessate solo le ovaiole allevate all’interno dei capannoni, dove sono private della libertà e delle condizioni che garantiscono il benessere animale, ma anche quelle allevate a terra e negli allevamenti biologici.
Vengono uccisi sistematicamente anche tacchini, quaglie e altre specie di uccelli di interesse commerciale. E non negli Usa.
Dalla fine del 2021, infatti, l’epidemia di influenza aviaria si è trasformata in una panzoozia globale, che colpisce un numero enorme di specie selvatiche e di allevamento. Intere colonie di uccelli marini sono state spazzate via, comprese quelle minacciate di estinzione.
Si parla si centinaia di milioni di animali morti in tutto il mondo. Vengono colpiti dal virus anche mammiferi come felini (gatti, tigri, leoni), volpi, orsi, pinnipedi (foche e otarie) e mustelidi (furetti, visoni, ermellini, ecc).
Recentemente negli Usa l’influenza aviaria si è diffusa anche nei maiali e nei bovini da latte. Il caso delle mucche ha colpito la comunità scientifica perché i virologi ritenevano che questi animali non fossero suscettibili al virus dell’aviaria.
Il prezzo maggiorato delle uova, un problema anche di Trump
Proviamo a corredare quanto fin detto avvalendoci dell’aiuto dei numeri. Il prezzo delle uova negli Stati Uniti è salito del 170% in 5 anni. Nel 2019, infatti, una confezione da 12 aveva un costo medio all’ingrosso di 1,54 dollari, mentre a dicembre scorso era a 4,15 dollari.
E ancora, al dettaglio il costo di una confezione da 12 di uova negli Stati Uniti oscilla oggi tra i 6 e gli 8 dollari, con alcuni rivenditori che le espongono addirittura con il prezzo di 10 dollari.
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Trump, nel corso della sua campagna elettorale, aveva promesso di abbassare il prezzo degli alimenti già nel suo primo giorno alla Casa Bianca, ma fin qui questa mossa ha tardato ad arrivare. Il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti (Usda), inoltre, ha stimato che il prezzo delle uova sarà soggetto a ulteriori aumenti nel 2025, circa un 20% in più, con i generi alimentari che, più in generale, saliranno del 2,2%.
Un problema non da poco per Donald Trump, soprattutto considerando cosa rappresentano le uova per cittadini americani. Si tratta, infatti, di un alimento dal consumo quotidiano che è alla base della colazione e di moltissime preparazioni considerate essenziali.
I dati lo confermano: nel 2019, prima dei suddetti aumenti, i cittadini statunitensi mangiavano in media 279 uova all’anno (5-6 a settimana). Un consumo altissimo, motivo per cui qualsiasi aumento di prezzo rappresenta un serio problema per l’economica d’oltre Oceano.
Uova, altri aumenti in arrivo negli Stati Uniti
A preoccupare i cittadini degli Stati Uniti, oltre alle mancate promesse mantenute sul tema da parte di Donald Trump, sono i nuovi annunci di aumenti sul prezzo delle uova fatti dalle catene di ristoranti e supermercati.
Waffle House, catena di tavole calda che vanta 1900 dinner aperti negli Usa 24 ore su 24, per esempio, ha di recente annunciato che attuerà un sovrapprezzo di 50 centesimi per ogni uovo servito a causa dell’aumento del costo dell’alimento all’ingrosso. A rimetterci, come sempre, sono dunque i consumatori finali, con la colazione in questa catena composta da due uova e un toast potrebbe arrivare a costare circa 7,75 dollari.
Allo stato attuale le uova sono diventate negli Stati Uniti un nuovo bene di lusso, tanto che ormai i furti di questo alimento possono rappresentare una grande entrata per i malviventi. In Pennsylvania, per esempio, è stato portato a termine il furto di 100mila uova, per un valore complessivo di 40mila dollari.
Perché le uova costano sempre di più negli Stati Uniti
La situazione descritta è figlia di una serie di concause che, unite, hanno portato alla crescita del 170% del prezzo delle uova negli Stati Uniti.
Il primo aspetto, sicuramente di natura molto generale, è dovuto alla pandemia da covid-19 seguita, subito dopo, dalla guerra in Ucraina. Due eventi di portata mondiale che hanno fatto salire l’inflazione e colpito tutti i Paesi del mondo, ivi compresi gli Stati Uniti con la Fed che sta avendo maggiori difficoltà rispetto alla Bce a contrastare la crescita esponenziale dei prezzi.
A quanto detto si aggiunge anche l’epidemia di influenza aviaria che, solo negli Stati Uniti, ha colpito 145 milioni di uccelli diminuendo fortemente la produzione di uova.
A novembre e dicembre 2024, un aumento dei casi di contagio aveva obbligato le autorità ad abbattere 17,2 milioni di galline, circa la metà di tutti i volatili uccisi dal virus nel corso del 2024 (fonte Usda).
A non giocare a vantaggio del contrasto all’epidemia sono soprattutto i molti allevamenti intensivi presenti negli Stati Uniti, con gli allevatori costretti ad abbattere tutti gli esemplari in caso di un contagio riscontrato.
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«L’influenza aviaria – ha detto a Cbs News l’associazione di categoria dei produttori di uova – è assolutamente devastante per gli allevamenti avicoli. Quando un allevamento di galline viene colpito dal virus, deve seguire un processo completo e lungo che prevede diverse fasi e approvazioni governative prima di poter iniziare a ripopolare con nuovi branchi e tornare a produrre uova. Questo processo può richiedere da nove mesi a più di un anno».
Su questo aspetto, inoltre, c’è da segnalare che la possibile conferma da parte di Trump di Robert F. Kennedy Jr. a segretario della Sanità potrebbe portare a un perdurare costante dell’epidemia.
Kennedy, infatti, è un novax convinto e noto per le sue posizioni antiscientifiche che lo potrebbero spingere, secondo i media americani, a smantellare buona parte delle salvaguardie dei Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie.
In ultimo, non certo per importanza, c’è da segnalare tra le cause dell’aumento del prezzo delle uova negli Stati Uniti la crescita dei costi di trasporto innescata, a sua volta, dalla mancanza di autotrasportatori e dall’inflazione.
«Il trasporto su camion refrigerati – ha detto a Cbs MoneyWatch Ricky Volpe, professore di Scienze agroalimentari presso la Cal Poly State University di San Luis Obispo – è un punto dolente della catena di approvvigionamento alimentare in questo momento. C’è carenza di autisti, le tariffe dei camion a lunga percorrenza sono aumentate e le uova hanno un’alta intensità di trasporto. Anche prima dell’influenza aviaria, i camion non erano in grado di consegnare le uova in modo tempestivo».