L’export italiano tornerà a crescere del 3%, dopo un biennio di continuità su livelli record di 625 miliardi di euro. Sono le stime di Sace che individua per il Paese “un ampio margine di diversificazione verso nuovi mercati ad alto potenziale che oggi rappresentano solo il 13% dell’export italiano”. Si tratta di Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Egitto, Marocco, Sudafrica, Serbia, Turchia, Vietnam, Singapore, Cina, India, Brasile, Messico e Colombia.
«Dal Medio Oriente all’America Latina, dal Far East al Continente Africano, sono 14 i mercati Gate che Sace ha identificato per fare da apripista con i propri uffici e che raggiungeranno gli 85 miliardi di export», afferma il chief economist di Sace, Alessandro Terzulli.
I dazi annunciati dal presidente degli Stati Uniti, Donald Trump non avranno impatto quest’anno, di fatto gli impatti si vedranno di più dal 2026. Ne è convinta l’amministratrice delegata di Sace, Alessandra Ricci. «Non puoi daziare o mettere sotto tariffa tutto il mondo, quindi più paesi noi andiamo ad incrementare, più opportunità diamo alle aziende italiane e più saremo in grado di controbilanciare gli eventuali effetti negativi dei dazi statunitensi che sono difficili da stimare – ha spiegato. – Il 2025 è l’anno per fare gli investimenti e prepararsi. Sace ha individuato 14 paesi su cui puntare, dal Medio Oriente all’America Latina, con un tasso di crescita potenziale dell’export del 13%. Questi Paesi potrebbero compensare eventuali discese che possano avere gli Stati Uniti».
Sempre secondo Ricci innovazione ed export sono le due leve di crescita per le imprese italiane che insieme danno una spinta al fatturato di quasi 4 punti percentuali. Sace nel 2025 ha individuato 100 miliardi di opportunità in questi ambiti. 15 miliardi sono investimenti aggiuntivi annui in innovazione, necessari per portare le spese in ricerca e sviluppo delle imprese in Italia al livello dell’area euro (dall’attuale 0,8% del Pil all’1,5% ). Altri 85 miliardi di opportunità riguardano invece l’export.