Dal 2035 l’Unione Europea, salvo cambiamenti dell’ultima ora, manderà in pensione il motore a combustione interna. Una decisione che ha fatto molto discutere anche alla luce del cambio netto delle politiche statunitensi con l’arrivo alla Casa Bianca di Donald Trump. Ma le cose potrebbero forse essere rimesse in discussione da una novità: gli e-fuel.
Gli e-fuels e l’Europa
Per la precisione si tratta dell’inserimento degli e-fuel nella lista dei carburanti ammessi come CO2 neutri dalla Commissione Industria del parlamento europeo, lista che include anche i biocombustibili. Questi ultimi erano stati sponsorizzati dall’Italia che però, a differenza di altri, purtroppo non sembra avere voce particolarmente determinante in capitolo. Gli altri in questione, nello specifico caso, sarebbero le argomentazioni presentate da Berlino. Si deve infatti alla Germania l’entrata in scena degli e-fuel con una strategia che vede Roma e Berlino combattere per arrivare allo stesso traguardo: decarbonizzare il settore trasporti senza rinunciare alle infrastrutture esistenti e ai motori già esistenti.
Una sfida necessaria forse più per la Germania che per l’Italia dal momento che è l’industria teutonica quella che registra il peso maggiore del ramo automobilistico oltre ad una maggior esperienza nello sperimentare alternative alla benzina. Da ricordare che durante il secondo conflitto mondiale fu proprio la Germania nazista a produrre i primi carburanti sintetici derivanti dal carbone, materia di cui la nazione era ricca, per riuscire a bypassare l’embargo sul petrolio imposto dalle altre nazioni. Una strategia che allora permise di coprire il 92% del fabbisogno aeronautico e il 50% di quello terrestre.
Ma su cosa si basano gli e-fuel?
Semplificando il discorso tecnico per ottenere gli e-fuel si parte da una sintesi di CO2 e idrogeno verde ottenuto tramite elettrolisi da energie rinnovabili e che possono essere utilizzati nei classici motori da sempre alimentati a benzina. Inoltre, essendo un carburante liquido, non necessita delle classiche colonnine e dei tempi di ricarica annessi. Altro vantaggio è l’assenza di batterie da smaltire a fine vita. Purtroppo a pesare sulla riuscita di quello che potrebbe essere un ottimo ed ambizioso progetto è il costo di produzione, costo che si aggira introno ai 5-7 euro al litro. Il tutto senza contare gli impianti necessari per produrla ed anche una bassa resa rispetto all’energia impiegata per la produzione: poca l’efficienza dei processi di fronte alla troppa energia elettrica impiegata (e che per ovvi motivi di sostenibilità dovrebbe derivare da fonti rinnovabili ed il cui carico si fa a sommare a quello già necessario per la produzione di altri elementi “energivori” come, ad esempio, le criptovalute).
I numeri
Una conferma è nei numeri della Iea che stima in circa 2.000 TWh/anno la domanda addizionale di elettricità verde al 2030. Sempre fonti Iea parlano, per il settore aviazione, di un impatto sui consumatori che, considerando l’aumento dei costi totali del carburante pari al 15%, porterebbe ad un + 5% circa dei prezzi sul biglietto. Infatti il ramo in cui potrebbe trovare una diffusione maggiore sarebbe proprio il settore dei trasporti (marittimo ed aeronautico) dove la problematica del sistema elettrico e delle batterie è ovviamente più difficile da gestire.
Altro punto debole il fatto che, come in ogni processo di trasformazione, alla fine restano comunque degli elementi di scarto che devono essere smaltiti. Inoltre, sebbene meno inquinanti del classico carburante finora usato nelle auto in circolazione attualmente, anche gli e-fuel come qualsiasi combustibile, produce parti inquinanti non tanto per il composto in sé quanto per le alte temperature e le pressioni raggiunte nei motori a scoppio.
Le previsioni per il futuro
Le previsioni per il futuro, in particolare quella presente nel documento dell’Accademia Nazionale dei Lincei firmato da Silvia Bordiga, Gaetano Guerra e Gianfranco Pacchioni vedono una possibile produzione su larga scala solo nel 2030 e solo a determinate condizioni. Tra queste l’ottimizzazione dei processi produttivi e tecnici come, ad esempio, la possibilità di ottenere due reazioni contemporaneamente nello stesso reattore. Resta, però, la spada di Damocle del costo dei grandi quantitativi di elettricità, fattore che potrebbe essere arginato, secondo lo studio, con lo sviluppo delle rinnovabili e nel nucleare di nuova generazione. Non ultima la possibilità di sviluppare incentivi e normative ad hoc.