Un’Italia in perenne trasformazione quella che emerge dal Rapporto annuale dell’Istat e dal quale si evince anche, come sottolineato dall’istituto, la presenza di una crescita moderata e di una generale, bassa produttività. L’anno scorso il PIL italiano non è andato oltre un +0,7% contro un +1,2% della Francia e un +3,2% della Spagna. Sullo sfondo un Pil mondiale che con il suo +3,3% è in calo rispetto al +3,5% del 2023. Le problematiche legate al commercio e alla politica dei dazi USA, si fanno sentire solo all’inizio di quest’anno. Infatti il 2024 ha visto un commercio mondiale di beni e servizi aumentato per volume del 3,8% contro l’1% nel 2023.
Scende l’indebitamento netto (dal 7,2% al 3,4% del Pil) e il debito cresce meno di quanto previsto dalla Commissione europea (135,3%). Ma restano i problemi strutturali caratterizzati da un mercato del lavoro sempre più precario e che soffre, tra le altre cose, anche di carenza di manodopera specializzata.
Luci ed ombre anche per il mercato del lavoro con un’occupazione al massimo storico ma con tassi di partecipazione particolarmente bassi tra giovani e donne mentre l’80% dei nuovi occupati del 2024 ha oltre 50 anni. Precarietà ancora ampia sul 2025 con un rischio di povertà che nel 2024 ha riguardato oltre il 23% della popolazione con un Meridione ancora considerato come zona economicamente debole. Dal 2019 al 2024, il potere d’acquisto dei salari è stato eroso del 10,5%. Il problema del reddito resta anche tra i lavoratori: lo stipendio, sebbene fisso, non sembra essere sufficiente a far fronte a tutte le esigenze. Un pericolo che riguarda soprattutto le donne che nel 2023 erano coinvolte per il 26,6% contro il 16,8% degli uomini. Gli effetti si notano soprattutto per quanto riguarda la salute. Infatti nel 2024 quasi il 10% della popolazione (9,9% per la precisione) ha rinunciato a visite o esami specialistici, scelta dettata sia dalle condizioni economiche (5,3% dei casi) ma anche dalle lunghe liste di attesa (6,8%).
Sul fronte sociale, invece, emergono aspetti particolari come l’aumento delle famiglie monogenitoriali e multietniche mentre le persone sole sono il 36,2%. Per quanto riguarda l’Italia, nel 2025 la popolazione residente scende dello 0,6% rispetto al 2024. Meno figli, più single e soprattutto aumenta anche il numero delle famiglie ricostituite. Parallelamente si registra un aumento della popolazione anziana. Infatti nel 2023 gli over 65 erano per il 21,6% uomini e per il 26,3% anche se l’ampio miglioramento della qualità della vita permette di inquadrare questa fascia come ancora potenzialmente attiva. Il che porta all’analisi di un altro fenomeno ovvero la mancanza di passaggi generazionali nell’economia. Nelle imprese il rapporto tra personale con oltre 55 anni e quelli con meno di 35 anni è superiore a 1,5.
Inoltre il presidente dell’Istat, Francesco Maria Chelli ha richiamato l’attenzione su un altro fenomeno ovvero la fuga dei cervelli. Stando alle rilevazioni, infatti, negli ultimi 10 anni sono circa 97mila i laureati che hanno lasciato l’Italia con un’emigrazione che solo nel 2024 ha visto circa 191 mila persone in partenza dal Belpaese con un aumento dell’espatrio che tra i giovani tra i 25 e i 34 anni in possesso di una laurea ha toccato nel 2023 le 21 mila unità.