L’hanno chiamata, ironicamente, la «big beautiful bill» ed è la nuova proposta di legge fiscale promossa dall’amministrazione Trump che si riaggancia a quella precedente, datata 2017, che era a sua volta nata sempre da un’idea del tycoon. Già 8 anni fa la strategia di base prevedeva tagli fiscali ed ai programmi sociali del servizio sanitario (Medicaid) e per l’assistenza alimentare per le fasce economicamente più deboli (Supplemental Nutrition Assistance Program). Quest’ultima voce verrebbe privata di un capitale pari a 300 miliardi perché l’obbligo di lavoro che permetterebbe di accedere agli aiuti è stato innalzato da 54 a 64 anni. a prima conseguenza in questo caso potrebbe essere una vistosa contrazione degli acquisti ed un crollo della fiducia dei consumatori.
La mappa dei tagli più importanti rispecchia fedelmente la linea del partito repubblicano ed in particolare la politica trumpiana anti immigrazione. Infatti dopo i tanto discussi tagli alle università i fari sono puntati su quelli per i fondi (circa 625 miliardi) destinati a quegli stati che, secondo la view dei conservatori, favorirebbero gli immigrati illegali. Tagli anche agli incentivi per il settore green e per i motori elettrici.
Ma il progetto presentato durante il secondo mandato amplia la portata di quanto approvato nel 2017 e, se dovesse passare l’esame di entrambe le camere del Congresso, potrebbe ridisegnare l’intero assetto fiscale statunitense con costi per l’amministrazione che arriverebbero ad oltre 2700 miliardi di dollari sullo sfondo di un debito pubblico già ampiamente oltre il record storico. Proprio per questo motivo i rendimenti dei titoli di stato, in particolare quelli a lunga scadenza, hanno registrato un’impennata.
Preoccupa, dunque, il crescente deficit del Paese che rende sempre meno appetibile il mercato obbligazionario finora considerato il più sicuro al mondo e perciò da sempre visto come rifugio in caso di crisi. La stessa crisi che, ironia della sorte, è stata scatenata proprio da Trump con la sua politica dei dazi. I titoli di Stato statunitensi a lunga scadenza hanno registrato un vistoso sell off parallelamente ad un aumento del rendimento che, sui titoli trentennali ha superato il 5,1%, il livello più alto dalla fine del 2023, riflettendo un forte calo dei prezzi.
Sebbene il dollaro sia destinato a restare la valuta di riserva mondiale nel prossimo futuro e i titoli del Tesoro a conservare il ruolo di protagonisti nei portafogli obbligazionari, molti investitori stanno guardando sempre di più ai vantaggi dell’allocazione internazionale, soprattutto mentre i mercati del debito di molte regioni stavano improvvisamente generando forti rendimenti. Su tutti quelli europei, insieme al debito giapponese e australiano, che offrono anche prospettive economiche più ottimistiche.
Chi percepisce redditi alti (la soglia sarebbe 400mila dollari) in stati con imposte particolarmente elevate sulla proprietà e sul reddito potrebbe trovare qualche vantaggio dalla recente proposta di legge di Donald Trump approvata ieri alla Camera dei Rappresentanti. Secondo quanto stabilito, infatti, già dal 2025 si potrebbe usufruire di una detrazione fino a 40.000 dollari (contro i precedenti 10mila stabiliti dalle leggi fiscali del 2017) sulle dichiarazioni dei redditi federali per le imposte statali e locali (SALT) invece della precedente versione del progetto di legge, ferma a 30.000 dollari.
È probabile che, però, durante l’iter di approvazione, dopo il sì della Camera, a maggioranza Repubblicana, arrivino nuove modifiche dal Senato per riuscire a rendere i costi della riforma più sostenibili sul lungo periodo, a dimostrazione del fatto che restano ostacoli significativi per il pacchetto. Una prova è quel solo voto di scarto che ha permesso l’approvazione alla Camera. Inoltre il piano originale prevede anche l’eliminazione delle mance (negli States sono obbligatorie e calcolate secondo precisi parametri) e l’estensione, seppur temporanea, a 2.500 dollari del credito d’imposta massimo per ogni figlio dagli attuali 2.000 dollari