Una corte federale americana ha emesso una decisione destinata a lasciare il segno: stop alla maggior parte dei dazi imposti durante l’era Trump, giudicati illegittimi se applicati sotto la copertura dell’International Emergency Economic Powers Act (IEEPA).
La pronuncia, arrivata dal Tribunale del Commercio Internazionale con sede a New York, smonta l’uso dell’IEEPA per giustificare dazi generalizzati a più di 60 Paesi. Tra questi, figurano le tariffe del 30% alla Cina, del 25% su beni da Canada e Messico, e i dazi “reciproci” introdotti nel famigerato “Giorno della Liberazione”.
La Corte ha stabilito che un deficit commerciale cronico non rappresenta una “minaccia straordinaria” e che il presidente non può sostituirsi al Congresso su politiche tariffarie permanenti.
Il blocco è effettivo entro dieci giorni, e – salvo appello – cambierà l’architettura commerciale americana degli ultimi anni.
E intanto il Pil USA resta in rosso
Quasi in sincronia con la sentenza, è arrivato anche il dato ufficiale sul PIL USA del primo trimestre 2025: –0,2% su base trimestrale reale ma la buona notizia c’è.
Dalla prima revisione del dato market mover annunciata dal dipartimento del Commercio degli Stati Uniti è emerso che, nel corso del primo trimestre del 2025, il prodotto interno lordo americano ha segnato un calo dello 0,2%, ritmo inferiore rispetto al -0,3% reso noto qualche settimana fa con la lettura preliminare dell’indicatore. Il PIL USA è sceso anche meno delle attese del consensus degli economisti, che avevano previsto una flessione ancora pari a -0,3%.
Il dato, diffuso oggi dal Dipartimento del Commercio americano, si confronta con il +2,4% del trimestre precedente. Le spese personali reali, motore principale della crescita americana, sono attese in crescita dell’1,2% rispetto al +4% precedente e al +1,8% stimato dal consensus. Frenano, a sorpresa, i profitti delle imprese che riportano un -3,6% dal -0,4% del trimestre precedente (+5,9% le attese).
L’indice PCE price (PCE price index), che dà un’approssimazione sulla misura dell’inflazione ed è monitorato con attenzione dalla Federal Reserve per valutare l’andamento dei prezzi, segna un +3,6%, centrando le stime degli analisti e si confronta con il +2,4% precedente. L’indice PCE core, che esclude cibi freschi ed energia, registra un +3,4%, rispetto al +3,5% delle attese e al +2,6% precedente.
Detto questo, il segno meno per l’economia degli States è rimasto, e l’interrogativo è se Jerome Powell, presidente della Federal Reserve, continuerà ancora a snobbare gli appelli del presidente degli Stati Uniti Donald Trump, e delle colombe.
La risposta è incisa nelle minute relative all’ultima riunione di politica monetaria della Banca centrale americana che sono state pubblicate nella serata di ieri, e che hanno confermato come Powell continui a temere il ritorno di un possibile scatto dell’inflazione negli States.
Elon se ne va (proprio adesso)
Mentre i tribunali bloccano dazi e l’economia segna il passo, Elon Musk ha deciso di fare ciò che molti sognano ma pochi hanno il coraggio di fare: scollegarsi dalla politica americana.
Lo ha annunciato – ovviamente – con un meme su X, mostrando un razzo decollare dal tetto della Casa Bianca con la scritta:“Leaving low-orbit politics for higher bandwidth environments”.
Il messaggio è chiaro: dopo anni passati a commentare, pungolare e influenzare la politica americana, Musk non ci crede più. O almeno, non abbastanza da starci dentro.
Il tempismo non è casuale. Il magnate – già in rotta con regolatori, lobbisti e parte del mondo repubblicano – ha capito che l’economia reale è più difficile da programmare di un software, e che i giochi a Washington stanno cambiando.
Fonti vicine a SpaceX parlano di una decisione “strategica”: concentrarsi sull’hardware, non sull’hardball politico.
Morale della storia? I numeri restano i veri protagonisti
Con un’economia che inizia a rallentare, dazi che crollano sotto i colpi della Corte e tycoon che abbandonano le stanze del potere, gli Stati Uniti si avviano a una fase di ricalcolo.
Non sarà un reset, ma potrebbe essere un riavvio silenzioso del sistema: meno muscoli ideologici, più attenzione ai fondamentali.