Non è solo una cessione, è la fine di una storia. Un addio silenzioso, ma profondo. Dopo quasi quarant’anni, la famiglia Pozzo lascia l’Udinese. A rilevare il club friulano sarà Guggenheim Partners, fondo d’investimento statunitense già attivo nello sport mondiale. Un passaggio epocale, che avverrà lontano dai riflettori, in Lussemburgo, dove venerdì 6 giugno è attesa la firma definitiva. La cifra dovrebbe aggirarsi intorno ai 180 milioni di euro.
Una vita insieme: Udine e i Pozzo
C’era ancora la Jugoslavia, c’era il muro di Berlino, quando Giampaolo Pozzo comprò l’Udinese. Era il 1986, e il calcio italiano stava entrando nella sua età dell’oro. Lui, industriale friulano, con un’intuizione quasi visionaria: costruire un club che potesse camminare sulle proprie gambe, senza follie, ma con idee chiare. La Serie A era piena di colossi, eppure l’Udinese trovò il modo di emergere.
Con Pozzo non sono arrivati solo i risultati – Champions League nel 2005, Europa League con Guidolin, campionati da vertice – ma anche un’identità: scouting intelligente, centro sportivo moderno, uno stadio di proprietà quando ancora sembrava un’utopia.
Talenti, plusvalenze e un modello prima del tempo
A Udine sono passati nomi che hanno lasciato il segno. Bierhoff, Di Natale, Alexis Sánchez, Handanovič, Jorgensen, Inler. Presi giovani, valorizzati, venduti. Un modello, quello della famiglia Pozzo, che ha anticipato i tempi: prima ancora che diventasse una moda, loro lavoravano già in rete, con Granada e Watford. Tre squadre, un unico cervello calcistico.
Ma non era solo calcolo. L’Udinese, per chi ha memoria, era anche entusiasmo. Era una squadra che sapeva stupire, con un gioco coraggioso e una dirigenza che non improvvisava. I Pozzo, nel calcio, non hanno mai urlato. Hanno costruito, lentamente, in silenzio.
Guggenheim, la nuova era a stelle e strisce
Oggi, però, i tempi sono cambiati. La Serie A attira fondi e capitali internazionali. E così, anche l’Udinese cambia pelle. Entra in scena Guggenheim Partners, colosso finanziario con base a New York e asset da centinaia di miliardi. Il loro volto più noto è Mark Walter, già dietro i Los Angeles Dodgers e con quote nei Lakers e nel Chelsea. Gente che lo sport lo conosce, e ci investe.
La trattativa è andata avanti a lungo, sottotraccia. Il preliminare è già firmato, e il closing – salvo sorprese – arriverà a inizio giugno. Da luglio, con l’avvio della nuova stagione, gli americani prenderanno il timone. I Pozzo? Forse resteranno con una quota simbolica. Forse no. Quel che è certo è che un’era si chiude.
Tra gratitudine e malinconia: la città reagisce
A Udine, la notizia è caduta come un sasso nell’acqua ferma. C’è chi applaude, sperando in un rilancio, in una scossa dopo anni di galleggiamento. C’è chi invece si aggrappa ai ricordi, a quella sensazione – sempre più rara – di avere una squadra ancora “di famiglia”.
«Abbiamo fatto il possibile, ma oggi servono strutture globali. Il calcio è cambiato», avrebbe confidato una fonte vicina alla proprietà uscente. È una resa dolceamara. I Pozzo non sono stati perfetti, ma hanno tenuto l’Udinese tra le grandi per tre decenni, senza mai cedere all’incoscienza.
E adesso?
Nessuno sa davvero cosa accadrà. Guggenheim ha i mezzi, questo è certo. Ma dovrà capire Udine, la sua gente, il suo passo. Non è Milano, non è Londra. Qui il calcio è silenzioso, ruvido, orgoglioso. Se sapranno rispettare questo spirito, allora forse non sarà solo un investimento. Forse sarà davvero un nuovo inizio.
Intanto, la famiglia Pozzo saluta. Dopo 39 anni. Senza proclami, com’è sempre stata. Ma con una storia che, comunque la si pensi, resterà.