Il turismo si conferma sempre più spesso una sorta di cartina tornasole dell’evoluzione sociale economica e, in questo caso, anche climatica. Dopo il turismo turismo d’elite, testimone della società del primo novecento, dopo quello di massa, nato come espressione più immediata del miglioramento delle condizioni economiche nel secondo dopoguerra e dopo il più recente turismo sostenibile, conseguenza della volontà di preservare quei pochi paradisi naturali rimasti, adesso è il turno del turismo climatico.
Un nuovo trend a sua volta dettato dalla volontà, da parte di chi viaggia, di riuscire a godersi una vacanza in zone ancora esenti dal caldo torrido, tipica espressione del cambiamento climatico in atto.
In particolare, dopo il caldo record del 2023 (dai del Copernicus Climate Change Service) che ha fatto registrate temperature intorno ai 47 gradi in alcune zone del sud Italia e della Grecia (mete turistiche per eccellenza), in molti hanno deciso di spostare i propri itinerari più a nord sfruttando le meraviglie di paesi finora esclusi dai tour operator. La scelta dei viaggiatori, quindi, è sempre più soggetta alla questione climatica oltre che a quella economica. La volontà è dunque quella di evitare zone troppo calde, seppur caratterizzate da panorami mozzafiato e da patrimoni culturali unici al mondo, puntando, invece, verso la possibilità di fare lunghe passeggiate in zone più fresche e di dormire placide nottate rigeneranti senza dover far ricorso all’aria condizionata. Una scelta che, parallelamente, potrà portare ampi vantaggi anche al clima stesso.
Quali le prime conseguenze? Inizialmente in molti avevano tentato di arginare il problema spostando i periodi di ferie a maggio o a settembre. Alcuni rischiavano anche ottobre sperando in offerte economicamente più vantaggiose in zone che avrebbero garantito facilmente temperature ancora estive. Altra strategia adottata è stata quella di preferire la montagna al mare. In quest’ultimo caso, però, la realtà italiana deve registrare un paradosso: mentre aumentano i turisti si nota una progressiva diminuzione degli abitanti. Ma le ripercussioni di una serie di nuovi itinerari di viaggio si sono abbattute anche sulle città d’arte, in particolare italiane, le quali, oltre a temperature torride, devono fare i conti con presenze sempre più numerose di turisti, file sotto il sole per accedere a scavi o musei e, purtroppo, infopoint per turisti sempre più rari.
Con l’acuirsi del cambiamento climatico, però, il trend si è radicalizzato verso una scelta più ampia che ha visto letteralmente un cambiamento della geografia del turismo con il Sud Europa penalizzato e nazioni come Norvegia, Islanda, Svezia, Scozia che stanno riscoprendo nuove attrattive per un pubblico sempre più vasto. La conferma arriva anche dai numeri, in particolare quelli di Airbnb che dal 2019 ad oggi ha registrato per l’Italia un +33% delle prenotazioni estive nell’Europa settentrionale. Come conferma la ricerca Turismo Climate-sensitive di Enit l’Italia registra un calo di turisti in estate (-25% di media) a favore di un incremento di presenze nei mesi meno caldi
Un cambiamento più sottile si è visto anche nell’offerta con una preferenza verso pacchetti che comprendono trattamenti di benessere in spa specializzate, escursioni, trekking e visite guidate nella natura. Una testimonianza della volontà di chi viaggia di non considerare le ferie solo come un periodo di riposo ma un’esperienza per migliorare la qualità della vita.
Sul fronte economico e lavorativo tutto questo si traduce con la necessità per le imprese, di trovare nuovi modelli di lavoro in modo da poter integrare l’emergenza climatica nel proprio modello di business