Venerdì 20 giugno, a Villa Pamphilj, l’Italia rilancia ufficialmente il Piano Mattei per l’Africa. A quasi un anno dalla sua proclamazione, l’iniziativa voluta dalla premier Giorgia Meloni approda a un nuovo snodo politico con il vertice interministeriale co-presieduto dalla presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen. L’incontro arriva in un momento delicato: mentre il conflitto in Medio Oriente ridefinisce gli equilibri geopolitici globali, l’Italia tenta di rafforzare la propria centralità nel Mediterraneo con uno strumento che ambisce a coniugare cooperazione economica e strategia internazionale.
Una visione oltre la logica predatoria
Presentato al vertice Italia–Africa del gennaio 2024, il Piano Mattei è stato descritto dalla presidente del Consiglio come un modello di “cooperazione tra pari”, pensato per superare vecchie dinamiche estrattive nei rapporti tra Europa e continente africano. Il progetto prevede 5,5 miliardi di euro di risorse – provenienti dalla cooperazione allo sviluppo e dal Fondo italiano per il clima – da investire in otto aree chiave: energia, salute, istruzione, agricoltura, infrastrutture, acqua, cultura e digitalizzazione.
I primi progetti pilota sono già attivi in Algeria, Tunisia, Mozambico, Kenya, Etiopia e Repubblica Democratica del Congo, a cui si sono aggiunti Ghana, Mauritania, Angola, Senegal e Tanzania, come annunciato nel corso del vertice.
La geopolitica spinge Roma a fare presto
La guerra a Gaza, le tensioni nello stretto di Hormuz e l’instabilità diffusa nella regione del Sahel spingono l’Europa a rivedere le sue priorità strategiche. E l’Africa – anche nella narrazione di Bruxelles – non è più soltanto un destinatario di aiuti, ma un potenziale polo di stabilità, approvvigionamento energetico e alleanza politica. È in questo contesto che il Piano Mattei si propone come piattaforma operativa: uno strumento attraverso cui l’Italia vuole rafforzare la sua proiezione estera e il peso negoziale europeo.
Lo ha confermato anche von der Leyen, che ha definito il piano “perfettamente coerente con la logica del Global Gateway”, l’iniziativa europea per le infrastrutture globali alternativa alla Via della Seta cinese.
Ma le critiche non mancano
Sotto il profilo operativo, però, non tutto convince. La governance del piano, centralizzata a Palazzo Chigi, ha suscitato perplessità trasversali. La deputata del Partito Democratico Lia Quartapelle ha parlato di «un contenitore ancora troppo vago», denunciando la mancanza di un cronoprogramma dettagliato e chiedendo maggiore chiarezza sull’impiego dei fondi.
Sul fronte africano, l’effettiva ricaduta nei territori resta incerta. In Kenya, ad esempio, un progetto agricolo legato alla produzione di biocarburanti da olio di ricino e finanziato da ENI è stato al centro di un’inchiesta condotta da Transport & Environment. Secondo l’indagine, rilanciata da Reuters Africa, i contadini locali lamentano contratti opachi e marginalizzazione economica rispetto ai benefici attesi.
Il monito africano: “Basta promesse”
A ricordare all’Europa l’urgenza della credibilità era stato, già nel gennaio 2024, Moussa Faki Mahamat, presidente della Commissione dell’Unione Africana. Parlando a Roma, aveva affermato: «Non possiamo più accontentarci di promesse che non vengono mantenute».
Quella frase, divenuta emblematica, torna oggi d’attualità. Perché nel frattempo – tra crisi globali, nuove competizioni tra potenze e instabilità nei Paesi partner – l’Africa non chiede più visibilità, ma risultati misurabili, duraturi, concreti.
Prime aperture: il fondo CDP da 130 milioni
Al vertice del 20 giugno, Cassa Depositi e Prestiti annuncerà la creazione di un fondo fiduciario da 130 milioni di dollari in collaborazione con la Banca Africana di Sviluppo. I fondi saranno destinati al finanziamento di progetti infrastrutturali e agro-energetici, con l’obiettivo di coinvolgere attivamente anche il settore privato italiano.
«Vogliamo che il Piano Mattei sia la bandiera della nostra nuova visione di cooperazione. Un’Italia protagonista non con arroganza, ma con responsabilità», ha dichiarato Meloni. Ma sul piano tecnico, ammonisce Alessandro Politi, direttore della NATO Defense College Foundation, «mancano ancora misure fiscali stabili e una reale capacità di attuazione nei territori. Il rischio è che il Piano resti una cornice, più che un motore».
La posta in gioco
Il Mediterraneo allargato è oggi uno spazio di sfida, ma anche di opportunità. L’Italia può giocare una partita importante, ponendosi come ponte tra Europa, Africa e Medio Oriente. Ma per farlo, serve più di una narrazione ambiziosa: servono impegni vincolanti, visione strategica e continuità politica.
Il vertice del 20 giugno sarà un banco di prova per capire se il Piano Mattei può davvero uscire dalla retorica per entrare nella realtà. E se l’Italia è pronta a passare dalle intenzioni alla costruzione di un partenariato credibile e duraturo con il continente africano.
(foto ANSA)