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Lavoro

Caldo record, lavoro e morti

Maria Vincenza D'Egidio
2 Luglio 2025
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L’ondata di calore ha colpito l’Italia che corre ai ripari tra ordinanze, costi e diritti

Con l’estate ormai trasformata in una stagione di emergenza climatica permanente, le ondate di calore stanno riscrivendo anche le regole del lavoro.

Sono già quattro le vittime della calura estiva, di cui tre hanno perso la vita durante l’orario di lavoro. Una realtà drammatica che rilancia con forza il tema della sicurezza e della tutela dei lavoratori esposti al sole in condizioni estreme.

Nel Vicentino, due operai sono stati colti da un grave malore mentre stavano operando in una buca a Tezze sul Brenta, nel primo pomeriggio di lunedì. Uno dei due, in condizioni critiche, è stato intubato e trasportato d’urgenza in elicottero all’ospedale di Bassano del Grappa. Le prime ipotesi parlano di un possibile mix tra colpo di calore e inalazione di esalazioni tossiche. L’intervento dei Carabinieri e dello Spisal dell’Ulss ha permesso l’avvio immediato delle indagini, mentre la zona è stata messa in sicurezza dal Suem 118.

Nel frattempo, a San Lazzaro di Savena, in provincia di Bologna, un imprenditore edile di 47 anni, Brahim Ait El Hajjam, è crollato mentre lavorava sotto il sole nel cantiere del nuovo Campus Kid. A nulla sono serviti i tentativi di soccorso: il malore si è rivelato fatale. La comunità locale, profondamente colpita, ha deciso di organizzare un momento di raccoglimento proprio questa mattina alle 11, in ricordo della vittima. L’annuncio è stato dato dal presidente dell’Ucoii, Yassine Lafram, che ha sottolineato il valore umano e professionale dell’uomo.

I settori più esposti – edilizia, agricoltura, florovivaismo – si trovano al centro di una sfida sempre più complessa: proteggere la salute dei lavoratori senza paralizzare l’economia.

La produttività sotto il sole: rischio sanitario ed economico

Quando il termometro supera i 40°C, come accade ormai regolarmente in molte città italiane, il lavoro all’aperto diventa non solo faticoso, ma anche pericoloso. Colpi di calore, disidratazione, cali cognitivi e infortuni aumentano sensibilmente, con effetti concreti su produttività e sicurezza. Per i datori di lavoro, questo si traduce in ritardi operativi, aumento dei costi sanitari, assicurativi e organizzativi.

Il caso Lombardia: ordinanza anti-caldo dal 2 luglio al 15 settembre

Tra le Regioni più attive nel fronteggiare l’emergenza c’è la Regione Lombardia, che ha introdotto una ordinanza urgente per tutelare i lavoratori esposti alle alte temperature. Firmata dal presidente Attilio Fontana e in vigore dal 2 luglio al 15 settembre 2025, la misura vieta il lavoro all’aperto tra le 12:30 e le 16:00 nei settori edile, agricolo, florovivaistico e nelle cave durante i giorni con rischio alto di esposizione al sole, così come indicato sulla mappa interattiva ufficiale (https://www.worklimate.it/scelta-mappa/sole-attivita-fisica-alta/).

Sono escluse dal divieto le pubbliche amministrazioni, i servizi essenziali e le attività di protezione civile o emergenza. In caso di violazione, è previsto l’art. 650 del codice penale, con sanzioni che possono diventare anche più gravi in presenza di reati ulteriori.

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La decisione è arrivata dopo un tavolo di confronto tra la Regione, le organizzazioni sindacali e le rappresentanze dei datori di lavoro, a dimostrazione che la tutela della salute nei luoghi di lavoro è ormai una priorità condivisa.

Temperature sotto controllo anche negli spazi chiusi?

Se per il lavoro outdoor si agisce con divieti temporanei e misure emergenziali, la situazione nei luoghi chiusi è più sfumata ma altrettanto delicata. La normativa nazionale prevede già obblighi generici per garantire condizioni termiche adeguate, come indicato nel D.Lgs. 81/2008 (Testo Unico sulla Sicurezza sul Lavoro), che impone ai datori di lavoro di assicurare un microclima salubre e confortevole. Tuttavia, non esistono ancora soglie di temperatura massime vincolanti, lasciando ampi margini di interpretazione.

Nel frattempo, molte aziende stanno autonomamente introducendo: sistemi di ventilazione e climatizzazione più efficienti; orari flessibili o turnazioni per evitare le ore più calde; distribuzione di acqua fresca, DPI specifici, pause prolungate.

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Ma si tratta di iniziative su base volontaria o negoziate caso per caso con i rappresentanti dei lavoratori.

Il caldo estremo può ridurre la capacità lavorativa e la produttività, con conseguenze economiche negative. Molte regioni stanno adottando ordinanze che vietano o limitano il lavoro all’aperto durante le ore più calde della giornata.

Misure di protezione e fasce di rischio

Le ordinanze si basano spesso su mappe di rischio che tengono conto della temperatura e dell’umidità per stabilire i periodi in cui il lavoro all’aperto è più pericoloso.

Le ordinanze possono prevedere l’obbligo di fornire acqua fresca, pause frequenti e dispositivi di protezione individuale per i lavoratori.

Alcune ordinanze vietano specifici tipi di lavoro all’aperto durante le ore più calde, come quelli che richiedono sforzi fisici intensi o esposizione prolungata al sole. Alcune ordinanze escludono determinati settori, come la protezione civile o le attività urgenti, dalle restrizioni.

In sintesi, il caldo record rappresenta una sfida complessa che richiede un equilibrio tra la tutela della salute dei lavoratori e le esigenze economiche. Le ordinanze regionali sono uno strumento per affrontare questa sfida, ma è importante che siano calibrate per garantire la massima protezione senza compromettere eccessivamente l’attività lavorativa.

Un equilibrio fragile tra protezione e produttività

Le ordinanze regionali come quella lombarda rappresentano una risposta concreta, seppur temporanea, a un problema strutturale. Ma il rischio è che il sistema si muova in ordine sparso, con misure diverse da regione a regione e un crescente squilibrio competitivo tra territori e imprese.

Servirebbe una cornice nazionale armonizzata, in grado di tutelare i lavoratori in modo uniforme e prevedere incentivi per le imprese che investono in sicurezza e adattamento climatico.

Clima e lavoro: una nuova frontiera dell’economia

Il lavoro, soprattutto quello manuale e all’aperto, è ormai in prima linea nel fronteggiare le conseguenze del cambiamento climatico. Le temperature estreme non sono solo una sfida sanitaria, ma un costo crescente per il sistema economico e sociale. La politica, le imprese e i sindacati dovranno sempre più collaborare per costruire un modello produttivo resiliente, dove salute e crescita non siano in conflitto, ma parti dello stesso progetto.

FOTO: Shutterstock
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