L’aria rovente non brucia solo la pelle: consuma risorse, rallenta la produttività e destabilizza i conti pubblici. Le ondate di calore, una volta considerate emergenze temporanee, stanno diventando una variabile economica strutturale, con effetti misurabili su PIL, sanità, infrastrutture e bilanci statali.
Oltre a impattare sulla vita delle persone e purtroppo già si registrano i primi decessi per il caldo estremo di questi giorni sia per quanto riguarda i lavoratori, soprattutto i più esposti all’esterno nelle ore centrali del giorno ma anche per turisti e cittadini che si trovano ad affrontare la calura quotidiana, in modo particolare nelle grandi città.
Secondo una stima pubblicata da Allianz Trade, uno dei principali gruppi mondiali di assicurazione crediti, l’Italia perderà l’1,2% del PIL nel 2025 a causa delle temperature estreme. Si tratta della percentuale più alta d’Europa, più che doppia rispetto a Francia (-0,3%) e Germania (-0,1%). Il caldo, in altre parole, si sta trasformando in un fattore recessivo climatico.
La nuova tassa invisibile: produttività in caduta libera
Lavorare a 32°C per molte ore al giorno non è solo faticoso, è inefficiente. Secondo l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), lo stress termico causerà una perdita del 2,2% delle ore lavorative globali potenziali, pari a circa 80 milioni di posti di lavoro equivalenti a tempo pieno.
Un’analisi condotta da Lancet Countdown mostra che nel 2021 sono state perse 470 miliardi di ore lavorative nel mondo, con un incremento del 37% rispetto alla media degli anni ’90. I settori più colpiti? Agricoltura, edilizia, logistica e ogni comparto in cui il lavoro manuale si svolge all’aperto.
“Un giorno sopra i 32 gradi Celsius equivale, economicamente, a mezza giornata di sciopero“, ha dichiarato Jasmin Gröschl, Senior Economist di Allianz Trade. E questa “astensione involontaria dal lavoro” sta diventando sempre più frequente.
I bilanci pubblici sotto pressione: tra sanità e soccorsi
Il calore estremo fa male anche al sistema sanitario. I ricoveri aumentano, così come gli accessi ai pronto soccorso per malori, disidratazione, colpi di calore e scompensi cardiovascolari. Le fasce più vulnerabili – anziani, bambini, lavoratori esposti – generano un aumento dei costi sanitari non preventivati nei bilanci pubblici.
A questo si aggiunge la spesa crescente per gli interventi di emergenza: incendi boschivi, blackout, danni alle linee elettriche, frane o allagamenti da eventi estremi generati da sbalzi termici. Ogni ondata di calore diventa così un moltiplicatore di spesa pubblica.
Non solo sudore: anche agricoltura, turismo e consumi in affanno
La siccità brucia raccolti e manda in tilt i cicli produttivi agricoli, riducendo la redditività delle imprese e aumentando la dipendenza da importazioni. Ma il caldo colpisce anche dove meno te lo aspetti: il turismo, soprattutto in città d’arte e aree interne, registra flussi ridotti per il disagio climatico. Le famiglie riducono i consumi “outdoor”, come ristorazione, intrattenimento e cultura.
Nel frattempo, il fabbisogno energetico esplode. I picchi di richiesta per climatizzazione e raffreddamento gravano sulle reti e sulle bollette. Il tutto mentre si cerca di spingere verso una transizione ecologica ancora troppo lenta.
Il clima entra nei bilanci: un nuovo indicatore economico
L’impatto del caldo non è più solo ambientale, ma contabilmente misurabile. Basti pensare che, secondo Copernicus (il programma europeo di osservazione della Terra), il 2024 è stato l’anno più caldo mai registrato e che maggio 2025 è stato il secondo maggio più caldo della storia globale. Le proiezioni sono chiare: l’intensità e la frequenza delle ondate di calore continueranno a salire nei prossimi anni.
Per questo, secondo Allianz, serve un cambio di approccio: non si tratta di eventi imprevedibili, ma di dinamiche sistemiche per cui possiamo (e dobbiamo) prepararci. Come? Con piani di adattamento, investimenti nelle infrastrutture, nuove regole per la sicurezza sul lavoro e strumenti assicurativi specifici per il “rischio caldo”.
L’economia si riscalda, e non è una buona notizia
Il caldo estremo non è solo una questione di comfort o disagio, ma una minaccia reale per la stabilità economica. A livello globale, si stima per il 2025 una perdita dello 0,6% del PIL. Ma i Paesi mediterranei, come l’Italia, stanno pagando il prezzo più alto. Un prezzo fatto di lavoro perso, salute compromessa e investimenti bruciati.
Il futuro non sarà più scritto solo nei grafici della Borsa o nei dati sull’inflazione, ma anche nei termometri. E ogni grado in più potrebbe valere miliardi in meno.