Forse non per tutti…
Bello lo smart working, anzi, bellissimo. Durante il lock-down sono stati un milione e 800 mila i lavoratori che, secondo il Ministero del Lavoro, hanno usufruito di questa possibilità, contro i 221 mila del periodo precedente. Gli italiani hanno scoperto che si può lavorare bene, e spesso meglio, anche da casa: per i lavoratori è diventato un diritto riconosciuto e per gli imprenditori una modalità per crescere, aumentando l’organico senza appesantire i costi per le dimensioni delle sedi aziendali.
Sembra una favola a lieto fine, ma… c’è un “ma”. Se in smart working ci rimangono post-quarantena anche i dipendenti della pubblica amministrazione, quelli che dovrebbero presidiare gli sportelli di relazioni con il pubblico, la fantasia si infrange con la realtà e assume le tinte del “giallo”. Il maggiordomo questa volta non c’entra nulla, ma la vittima di certo è il settore dell’edilizia. Ne è convinto anche Nicolò Rebecchini, presidente ANCE Roma, che in un’intervista a Italia Oggi ha dichiarato: «Il ricorso al lavoro agile sta rallentando lo svolgimento dell’attività amministrativa. Continuare con il lavoro agile in questa fase significa non comprendere i problemi delle imprese. Ogni procedura edilizia necessita di metri cubi di carta, non si tratta di stare di fronte a un computer. Se prima ci mettevamo dei mesi per ottenere risposte oggi i tempi sono biblici».
All’Associazione dei Costruttori fa eco Davide Bordoni, consigliere della Lega al Comune di Roma: «L’edilizia è nel caos e il lavoro agile non sopperisce al carico di lavoro. Che cosa abbiano prodotto tre mesi di lavoro agile negli uffici dell’urbanistica e dell’edilizia se lo stanno chiedendo in molti. Permessi a costruire, conferenze dei servizi, nulla osta, rilasci autorizzativi, tutto fermo».
E il problema non è solo romano, ma nazionale. In Sicilia, per esempio, la Regione ha messo in remoto gente che non aveva né il pc né una connessione e addirittura… i portieri! In cosa potesse consistere la mansione di portierato da casa propria non si sa, forse si mandavano pacchi da soli per rispondere al citofono.
Tra CILA, SCIA, CIL e DIA, i tempi dell’edilizia sono già esasperanti normalmente, figuriamoci così. Il risultato è che molti committenti si scoraggiano e recedono dagli accordi o non li intraprendono nemmeno, lasciando a piedi un intero comparto, strategico e fondamentale, col rischio di rendere vano il tentativo di dare sprint alle imprese con l’ecobonus.
Mettici pure qualche pigro burocrate che già in ufficio intralcia l’andamento delle pratiche, figuriamoci dal divano… Secondo la CGIA di Mestre il cattivo funzionamento della P.A. costa 57 miliardi di euro.
Più che concedere lo smart working a questi lavoratori dovremmo applicare a quelle mansioni degli smart WORKERS.
di: Matteo VALLÉRO
articolo uscito nella rubrica IL CAPITALE sul quotidiano La Verità di ieri 18 Maggio 2020