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Recovery Plan, i fondi europei daranno nuova linfa vitale all’occupazione italiana: previsti tra il 2024 e il 2026 il 3,2% di occupati in più

Maria Lucia Panucci
20 Maggio 2021
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Tradotto, vuol dire circa 750 mila posti di lavoro aggiuntivi rispetto al 2020. Il contributo maggiore al lavoro è dato dalle prime due missioni del Piano nazionale di Ripresa e […]

Tradotto, vuol dire circa 750 mila posti di lavoro aggiuntivi rispetto al 2020. Il contributo maggiore al lavoro è dato dalle prime due missioni del Piano nazionale di Ripresa e Resilienza, quelle che riguardano la transizione digitale e ecologica, rispettivamente con un +0,9% e un +0,8%

Sarà molto importante l’impatto dei fondi Ue sull’occupazione in Italia. Una boccata d’ossigeno visto che, nonostante il divieto di licenziare e l’uso record della cassa integrazione, tra febbraio 2020, ultimo mese prima dell’emergenza virus, e febbraio 2021 si sono persi 945 mila occupati. In più c’è il rischio che se ne potranno aggiungere molti altri dopo che il blocco ai licenziamenti verrà tolto. Le ultime stime di Unimpresa parlano di una possibile perdita fino a 600 mila posti, il che porterebbe il totale da inizio pandemia ad oltre un milione e mezzo. I consulenti del lavoro poi ricordano che ancora a metà aprile ci sono 1,8 milioni di lavoratori fermi per la sospensione delle attività delle imprese o perché in cassa integrazione.  

Si tratta di un numero altissimo che mette in luce quanto sia importante l’approvazione del Recovery Plan e dei suoi investimenti. Le stime del Governo prevedono nell’ultimo triennio del piano tra il 2024 e il 2026 il 3,2% di occupati in più, il che vuol dire circa 750 mila posti di lavoro aggiuntivi rispetto al 2020. 

Il contributo maggiore al lavoro è dato dalle prime due missioni del Piano nazionale di Ripresa e Resilienza, quelle che riguardano la transizione digitale e ecologica rispettivamente, con un +0,9% e un +0,8%. C’è chi dice che questo apporto potrebbe essere ancora più incisivo.

Il problema è che molte delle nuove tecnologie protagoniste di queste trasformazioni non sono prodotte in Italia o lo sono in maniera ancora limitata, come le auto elettriche o le loro batterie, solo per fare un esempio.  Se quelle filiere non verranno sviluppate nel nostro Paese, come sottolineano i sindacati, difficilmente potranno beneficiare appieno degli investimenti del Recovery. 

E c’è anche un altro aspetto da considerare perché, nonostante il nostro Paese sia il primo beneficiario dei fondi europei e utilizzi al massimo sia i sussidi che i prestiti da rimborsare, l’Italia risulta all’ultimo posto in Europa rispetto a quanti posti di lavoro vengono creati ogni milione di euro stanziato. In base alla comparazione dei vari piani formulata da Andrea Garnero, economista dell’Ocse, l’Italia è ultima con 3,9 contro i 12 della Francia, gli 11,5 della Spagna e gli 8,2 della Germania. Anche la Grecia ci supera con i suoi 6,2. 

di: Maria Lucia PANUCCI

FOTO: ANSA/ FRANCO SILVI

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