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Lavoro

Smart working, fa bene davvero? Uno studio dice “no”

Giulia Guidi
2 Luglio 2023
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Malattie cardiovascolari, sedentarietà, aumento del rischio di trombosi e anche disturbi del sonno: i rischi a lungo termine del lavorare da casa Il ricorso massiccio allo smart working, iniziato a partire dai […]

Malattie cardiovascolari, sedentarietà, aumento del rischio di trombosi e anche disturbi del sonno: i rischi a lungo termine del lavorare da casa

Il ricorso massiccio allo smart working, iniziato a partire dai primi mesi del 2020 con il deflagrare della pandemia di Covid, potrebbe presentare il conto in termini di danni alla salute dei lavoratori. Il lavoro a distanza, infatti, è stato collegato a patologie come un sonno meno ristoratore, trombosi, problemi di mancato rilassamento e disturbi di salute mentale. E’ l’analisi proposta dal quotidiano statunitense The Hill.

Ancora a marzo del 2023 circa 22 milioni di lavoratori statunitensi lavoravano completamente da remoto, secondo il Pew Research Center. Il passaggio al lavoro a distanza ha cambiato lo stile di vita di molti adulti che lavorano, come quelli che hanno disabilità o sono caregiver di familiari.

Diversi sondaggi mostrano che gli statunitensi nel loro complesso amano lavorare da casa. Uno stile di vita più sedentario però, rileva The Hill, può portare a problemi di salute a lungo termine. Da anni si fanno i conti con i problemi legati ad una prolungata inattività fisica. Nel 2008, circa il 31% delle persone di età pari o superiore a 15 anni erano “insufficientemente attive fisicamente”, secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che stima circa 3,2 milioni di morti all’anno correlate alla sedentarietà. Una crisi che sembra essere stata esacerbata dalle restrizioni sociali legate al Covid e potenzialmente viene peggiorata dal lavoro a distanza. “Una delle grandi domande e’: ci riprenderemo? O diventeremo la nuova normalità ancora peggiore in cui il mondo si muove ancora meno”, si interroga Ross Arena, professore di terapia fisica presso l’Università dell’Illinois, Chicago. 

LEGGI ANCHE Smart working: per la metà dei lavoratori è la priorità

Il lavoratore da remoto mediamente percorre solo 16 passi dal proprio letto alla sua postazione di lavoro, secondo un sondaggio del 2022 di Upright, un’app che promuove comportamenti corretti per la salute della schiena. Lo stesso sondaggio ha anche rilevato che il 54% dei lavoratori remoti e ibridi ritiene che il proprio movimento durante la giornata lavorativa si sia ridotto del 50% o piu’ nell’ultimo anno. Anche un’analisi del 2021 della Standford University, ricorda The Hill, ha rilevato che tra il 2007 e il 2016 il tempo medio trascorso da adulti americani seduti e’ aumentato da 5,5 a 6,4 ore al giorno.

Entro aprile 2020, il 40% degli adulti statunitensi sedeva più di otto ore al giorno. Una preoccupazione associata a uno stile di vita prevalentemente sedentario sono i possibili coaguli di sangue. Stare seduti troppo a lungo può aumentare la possibilità di una persona di sviluppare problemi come trombosi venosa profonda, che può viaggiare fino ai polmoni e causare un’embolia polmonare o un blocco del flusso sanguigno.

Altro rischio per il lavoratori da remoto è quello di ingrassare eccessivamente e aumentare la resistenza all’insulina, con le annesse probabilità di sviluppare malattie cardiovascolari e diabete. L’eccesso di tempo di fronte ad uno schermo inoltre puo’ peggiorare la vista e causare emicranie.

Più della metà dei lavoratori da remoto, scrive il quotidiano statunitense, ha riferito di aver sperimentato un aumento dell’affaticamento degli occhi durante il primo anno della pandemia, secondo un sondaggio condotto su 2.000 lavoratori a domicilio e ibridi.

Un sondaggio di All About Vision ha rilevato che una persona che lavora da casa trascorre in media 13 ore al giorno a guardare uno schermo al giorno, che si tratti di laptop, telefono o televisione, oltre due ore in più rispetto a quello che il lavoratore medio in loco trascorre fissando uno schermo.

Secondo Mercedes Carnethon, vicepresidente della medicina preventiva presso la Northwestern Feinberg School of Medicine: “Se lavoro da remoto e trascorro cinque ore al giorno in riunioni, sono cinque ore di esposizione alla luce blu”. Mentre, aggiunge: “Se avessi lavorato in un ufficio e incontrato persone di persona, avrei avuto bisogno di adattare la mia visione per vedere le cose più lontane e più vicine, il che aiuta, penso, a mantenere gli occhi sani”. 

LEGGI ANCHE Dl Lavoro, arriva l’ok del Senato. Smart working prorogato nella Pa fino al 30/9 per i fragili

(foto SHUTTERSTOCK)

  • smart working
  • evoluzione lavoro

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