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L’Argentina è ancora in guerra con i fantasmi economici del passato. La cura di Milei ha fatto effetto?

Rossana Prezioso
26 Ottobre 2024
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Tra disuguaglianze sociali e pressioni inflazionistiche estreme, Buenos Aires tenta per l’ennesima volta di cambiare rotta

Continua il nostro percorso sui BRICS, focalizzandoci oggi sull’Argentina. Ad un anno dall’elezione del nuovo presidente Javier Milei Il Paese si trova a dover fare i conti con i suoi fantasmi e le sue (cicliche) crisi economiche. Tra disuguaglianze sociali e pressioni inflazionistiche estreme, Buenos Aires tenta per l’ennesima volta di cambiare rotta e, soprattutto, di creare un progetto economico di lunga durata. Ma la strada è ancora lunga e le incognite sempre numerose. A delineare un quadro più preciso della situazione economica del paese è Gabriel Debach, market analyst di eToro.

Alla fine del 2023, il presidente argentino Javier Milei ha annunciato, a sorpresa, che la nazione sudamericana non sarebbe entrata a far parte dei BRICS, il gruppo che annovera tra i membri anche Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica. Quali sono i motivi alla base di questa scelta? Si tratta di una scelta definitiva oppure solo momentanea?

«Nell’agosto del 2023, l’ex presidente argentino, Alberto Fernández, aveva accettato l’invito ad aderire al blocco dei BRICS, cosa che sarebbe dovuta diventare effettiva dal primo gennaio 2024. Tuttavia, nulla di ciò è accaduto. L’annuncio, a dicembre 2023, del neo presidente argentino, Javier Milei, di non aderire ai BRICS, può essere interpretato, in un certo senso, come la realizzazione di una promessa elettorale. Il blocco dei BRICS viene spesso associato a Paesi con una maggiore ingerenza governativa nell’economia, mentre la politica economica di Milei abbraccia una filosofia liberista: il presidente argentino ha ripetutamente dichiarato la sua intenzione di riallacciare i legami con l’Occidente, trascurati dalla precedente amministrazione. La situazione politica ed economica dell’Argentina, tuttavia, non è semplice e l’obiettivo di liberalizzazione del mercato di Milei potrebbe non trovare terreno fertile. Per questo non si può definire a priori se la scelta del governo sarà momentanea o definitiva nel lungo termine. Nella lettera con cui ha rifiutato di aderire ai BRICS, Milei ha lasciato aperta la porta alla possibilità di unirsi al blocco in futuro, se le circostanze cambieranno, dichiarando al contempo di voler intensificare i legami bilaterali con i Paesi membri, in particolare per aumentare i flussi commerciali e di investimento. Dopotutto, l’enorme debito dell’Argentina non è scomparso, l’inflazione non sta diminuendo abbastanza velocemente e la Cina rimane il principale partner commerciale del paese».

Secondo i dati resi noti dall’Istituto Nazionale di Statistica e Censo (Indec) il Prodotto Interno Lordo (PIL) nel secondo trimestre dell’anno è diminuito dell’1,7% rispetto allo stesso periodo del 2023. Inoltre, il PIL del periodo aprile-giugno ha registrato la quinta diminuzione trimestrale consecutiva condannando la nazione alla recessione. Partendo da questi presupposti quali sono le prospettive per l’economia argentina nel prossimo futuro?

«L’Argentina sta attraversando una fase estremamente delicata, e le prospettive del Paese dipendono principalmente dalla direzione che prenderanno le politiche future e dalla capacità di gestire l’inflazione, che si trova ai livelli tra i più elevati al mondo. Secondo le stime ufficiali elaborate dal Banco Central de la Republica Argentina, si dovrebbe registrare, a fine 2024, un lieve miglioramento, con la probabilità che l’inflazione annua si attesti al 189,4% (rispetto all’aumento rilevato nel corso del 2023, pari al 211,4%). Come rivelano i dati della Banca Mondiale, nel 2023 l’economia argentina ha subito una contrazione dell’1,6%, dovuta a squilibri macroeconomici persistenti e a una grave crisi di siccità che ha ridotto del 26% la produzione agricola rispetto all’anno precedente. Malgrado le stime prevedano una chiusura dell’anno in contrazione economica significativa per il Paese, stimata al 3,5%, il Fondo monetario internazionale prevede un rimbalzo notevole per il 2025, con una crescita prevista fino al 5%, grazie al miglioramento delle condizioni climatiche, agli investimenti nel settore energetico e alla normalizzazione della produzione agricola. Nonostante il quadro attuale non sia particolarmente roseo, dunque, le proiezioni di una ripresa nel 2025 danno speranza per l’economia argentina, che potrà beneficiare, secondo il Fondo monetario, di una fase di espansione una volta che le misure economiche cominceranno a stabilizzare l’inflazione e favorire la crescita. Tuttavia, le incertezze rimangono elevate, e sarà fondamentale vedere come il governo Milei riuscirà a gestire le pressioni interne ed esterne per riportare l’Argentina su una traiettoria di sviluppo sostenibile».

L’Argentina è stata più volte definita un ricco paese povero per via di straordinarie risorse naturali sperperate da una gestione dissennata. Quali sono i punti di forza dell’economia argentina? E quali quelli di debolezza?

«Nell’ultimo secolo, la situazione politica ed economica dell’Argentina è stata estremamente variabile, cosa che ha portato il Paese dall’essere tra i più ricchi del mondo a ritrovarsi impantanato in una prolungata crisi finanziaria, con un ingente debito pubblico e un’inflazione a tre cifre. Nel frattempo, l’eredità del populismo e del regime militare ha lasciato la cultura politica del Paese profondamente divisa. L’Argentina possiede punti di forza significativi che, se ben gestiti, potrebbero portare a una crescita economica sostenibile. Il territorio, che è il secondo per ampiezza tra i Paesi dell’America Latina, gode di una varietà di risorse naturali, tra cui significative riserve di gas e petrolio e terreni agricoli fertili, minerali e risorse energetiche. Il paese è uno dei principali produttori mondiali di soia, grano e carne bovina, rendendo l’agricoltura un settore cruciale per l’economia, soprattutto perché rappresenta una fonte importante per le esportazioni. Oltre all’agricoltura, l’Argentina ha una base industriale e di servizi relativamente diversificata. Settori come la tecnologia e le biotecnologie stanno guadagnando terreno, offrendo opportunità di crescita in uno scenario che sta vedendo l’emergere di una interessante cultura imprenditoriale. Tuttavia, le debolezze strutturali e la gestione dissennata delle risorse rappresentano ostacoli da superare. Politiche fiscali e monetarie inadeguate hanno portato a sprechi e a una cattiva allocazione delle risorse che ha avuto ripercussioni sulla stabilità economica del Paese, vessato da crisi ricorrenti che hanno minato la fiducia degli investitori e complicato una pianificazione economica di lungo termine. L’Argentina è inoltre spesso associata a una mala gestione governativa e presenta un’ampia disuguaglianza sociale. Infine, essendo altamente dipendente dalle esportazioni di materie prime, è sensibile alle fluttuazioni dei prezzi globali delle commodities, rendendola vulnerabile a shock esterni».

L’Argentina è una nazione vittima di default ciclici. Negli ultimi 2 secoli se ne sono contati7.  Da cosa dipende questo quadro così instabile?

«L’instabilità economica dell’Argentina è il risultato di una combinazione di fattori socioeconomici, che affondano le radici nella storia economica e politica del Paese. In primo luogo, il Paese ha un’economia dipendente dalle esportazioni e un elevato deficit di bilancio: questo la rende vulnerabile alle fluttuazioni dei mercati globali e soggetta alle decisioni di investitori esteri. Inoltre, esportando principalmente materie prime, soprattutto agricole, risente dell’impatto di eventi climatici estremi, sempre più frequenti, che minano ulteriormente la capacità del Paese di generare entrate sufficienti a coprire le proprie spese. Internamente, l’Argentina soffre di un’alta inflazione e di una crescita altalenante, con la conseguente erosione del potere d’acquisto della popolazione. Le politiche promosse dai vari governi, poi, non si sono rivelate all’altezza, ampliando il divario sociale e spingendo gli argentini a cercare rifugi alternativi per i propri risparmi, come il dollaro statunitense, alimentando ulteriormente l’instabilità economica. L’inefficacia riguarda anche le politiche redistributive, che hanno alimentato una sorta di dipendenza dai sussidi statali, fallendo nel promuovere lo sviluppo di imprese e lavoro autonomo. Per affrontare queste sfide ed evitare di ricadere in default ciclici, è cruciale sviluppare un “patto sociale ed economico” che unisca le diverse parti della società. Ciò potrebbe promuovere un capitale sociale più inclusivo e politiche orientate a una crescita sostenibile e a una maggiore coesione sociale. La costruzione di un contesto istituzionale forte è fondamentale per superare le sfide economiche e sociali che il Paese deve affrontare».

Circa un anno fa Javier Milei si è imposto come l’uomo nuovo in Argentina con una cura drastica per riuscire a risollevare le sorti economiche della nazione, una cura che a molti è sembrata un esperimento. A distanza di un anno questo esperimento può dirsi riuscito?

«Facendo un bilancio del primo anno di governo di Javier Milei, fin da quando è entrato in carica, a dicembre 2023, il Presidente ha avuto come priorità il contenimento della spesa pubblica, anche previdenziale. Milei ha adottato una serie di misure stringenti per affrontare i punti critici del Paese, tra cui una politica di “zero emissioni monetarie“, volta a contenere l’inflazione e stabilizzare l’economia.
I radicali cambiamenti di politica economica hanno migliorato le prospettive di stabilizzazione economica e finanziaria del Paese nel breve e medio termine. Secondo un sondaggio di Reuters, infatti, la tormentata economia argentina dovrebbe rialzarsi nel 2025, grazie alla ripresa della spesa delle famiglie, al calo dell’inflazione e all’aumento di esportazioni e investimenti. Tuttavia, in assenza di riforme politico-istituzionali, il rischio di un ritorno all’instabilità potrebbe aumentare nel lungo periodo, soprattutto a causa dell’incapacità del sistema politico di gestire il conflitto fiscale-distributivo. Le sfide persistenti, come l’inflazione, la disoccupazione e il malcontento sociale, pongono interrogativi sulla sostenibilità delle politiche di Milei, che suscitano reazioni contrastanti. Da un lato, gli investitori stranieri e il Fondo Monetario Internazionale (FMI) – a cui l’Argentina deve 43 miliardi di dollari – acclamano la sua terapia fiscale d’urto promossa dal neo presidente. Dall’altro, gli ultimi dati mostrano che la povertà in Argentina è balzata a quasi il 53% nei primi sei mesi della presidenza di Milei, erodendo il consenso verso il governo».

Solo il tempo, conclude Debach, potrà fornire un quadro chiaro e definitivo sui risultati di questo esperimento economico.

FOTO: shutterstock
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