E’ un mondo che invecchia sempre più: secondo le ultime proiezioni statistiche fornite dall’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms), nel 2050 sarà infatti “over 60” una persona su cinque.
La popolazione anziana aumenta, vuoi a causa del calo delle nascite ma anche per l’allungarsi della vita media. Tuttavia, se l’età media sale, l’aspettativa di vita sana è ferma a 67 anni. Il che significa che nel nostro paese sempre più anziani avranno bisogno di assistenza e cure adeguate.
Con gli anziani aumentano anche le necessità di essere assistiti e il peso del loro accudimento sui redditi delle famiglie: un problema comune a molti Paesi tra quelli ad alto reddito. Secondo l’Ocse, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, la percentuale di over 65 che necessitano di assistenza crescerà del 30% entro il 2050: a registrare l’aumento più elevato sarà la Corea del Sud, seguita da Grecia e Italia.
Quanto costa l’assistenza agli anziani oggi
L’assistenza ai nostri anziani e alle persone più fragili deve tener conto di diversi fattori: dal supporto domiciliare, gli esami, i ricoveri, fino alla cura personale, i pasti, il trasporto, e l’accompagnamento.
Tutti servizi continuativi che nei casi di anziani e persone non autosufficienti spesso ricadono sulle spalle delle famiglie impreparate ad un simile carico sia dal punto di vista psicologico che economico.
In generale, il costo mensile per l’assistenza domiciliare può variare da 1.500 a 5.000 euro, mentre le strutture residenziali possono costare da 2.000 a 6.000 euro al mese, a seconda dei servizi offerti.
Il futuro dell’assistenza
Altri dati allarmanti arrivano dall’OCSE, che nel rapporto Health at a Glance 2023 stima che la percentuale di over 65 che necessita di assistenza crescerà del 30% entro il 2050.
A registrare l’aumento più elevato sarà la Corea del Sud, seguita da Grecia e Italia. E di conseguenza le spese dedicate agli anziani si moltiplicheranno di 2,5 volte entro il 2050, pari a un incremento del 150%.
Le riforme in arrivo
In arrivo da gennaio il bonus anziani destinato agli over 80 fragili che prevede un contributo di 850 euro. Destinato agli anziani che hanno bisogno di assistenza, per ottenerlo è necessario avere un ISEE sociosanitario non superiore ai 6 mila euro ed essere già titolari dell’indennità di accompagnamento.

Dal rapporto Health at a Glance 2023 dell’Ocse, che stima come le spese dedicate agli anziani “si moltiplicheranno di 2,5 volte entro il 2050”, pari a un incremento del 150%.
Negli ultimi decenni l’allungamento della vita media e la riduzione della natalità hanno favorito l’invecchiamento della popolazione. In Italia, la quota degli ultrasessantacinquenni rispetto al totale dei residenti arriverà al 35% nel 2050 e gli ultra 80enni saranno il 14%.
Allargando lo sguardo ai 38 Paesi dell’area Ocse, nel 2021 più di 242 milioni di persone avevano dai 65 anni in su e oltre 64 milioni avevano almeno 80 anni. Ma la quota di questi ultimi è destinata a raddoppiare, passando dal 4,8% al 9,8%.
Di conseguenza, la percentuale di persone con esigenze di assistenza più impegnative passerà dallo 0,6% all’1,5% entro il 2050.
Settori dove aumenta la domanda
L’aumento di domanda di supporto nelle attività della vita quotidiana, come cucinare, pulire casa e curare l’igiene personale, sta andando di pari passo alla diminuzione dell’aiuto fornito dai familiari, per via di nuclei più piccoli, parenti che vivono lontano e la crescita dell’occupazione femminile.
L’Ocse rivela i costi di queste cure possono consumare una grande porzione della pensione e per gli over 65 con bisogni più gravi possono arrivare a quasi sette volte il reddito, con i costi più elevati, in Svezia, Italia e Repubblica Ceca.
Rischio povertà per gli anziani, maggiore per le donne
A fronte della tendenza di aumento costi per l’assistenza agli anziani, i sussidi e i servizi pubblici non sempre bastano a ridurre il rischio di povertà.
Il risultato è che gli anziani con un reddito basso, in alcuni Paesi come Italia, Repubblica Ceca, Lettonia, Polonia, Croazia, Lituania e Corea del Sud, devono utilizzare la metà o più del loro patrimonio per la propria assistenza. Per questo l’Ocse invita a lavorare per migliorare le politiche per un invecchiamento in salute.
In tutti i Paesi analizzati dall’indagine Ocse, le donne sono esposte a un rischio di povertà più elevato dopo aver pagato i costi dell’assistenza a lungo termine anche con il sostegno pubblico, rispetto al tasso di base tra tutti gli anziani.
In Paesi come il Lussemburgo, i Paesi Bassi e la Danimarca, dove il sostegno pubblico copre generalmente gran parte dei costi dell’assistenza domiciliare, le differenze di genere nei tassi di povertà sono relativamente basse.
E sono ridotte anche in Repubblica Ceca e in Italia, dove il sostegno pubblico è generalmente meno efficace nell’abbassare i livelli di povertà rispetto agli altri Paesi.
Fonti di finanziamento alternative
Per sostenere adeguatamente i costi dell’assistenza a lungo termine l’Ocse fornisce alcuni suggerimenti: uno di questiè la ricerca di fonti di finanziamento alternative oltre il reddito da lavoro.
Tra queste l’esplorazione di opzioni innovative di contribuzione privata e meccanismi di prefinanziamento sono ritenute buone soluzioni: tra le prime si segnala quanto fatto dalla Slovenia nel 2023, che ha introdotto un’assicurazione per finanziare nuovi benefici e servizi, mentre tra le seconde sono ritenuti interessanti le azioni di Germania e Lussemburgo, che hanno incorporato un elemento di prefinanziamento nelle loro politiche.
Non mancano, però, anche le soluzioni alternative: tra queste c’è il miglioramento del targeting dei benefici e dei servizi di assistenza, specie viste le risorse limitate.
Non è un caso, infatti, che in diversi Paesi la condivisione dei costi più progressiva lungo la distribuzione del reddito abbia portato a una spesa inferiore rispetto alla situazione attuale, senza un aumento della povertà.
Tra le altre soluzioni promosse dall’Ocse c’è anche il miglioramento dell’efficienza e il contenimento dei costi dell’assistenza a lungo termine. Sia la promozione dell’invecchiamento sano che i miglioramenti della produttività potrebbero portare a una riduzione delle spese del 13% entro il 2050.
Casi più comuni
Cadute: Proprio di invecchiamento in salute si occupa la sorveglianza Passi D’Argento dell’Istituto Superiore di Sanità, da cui arriva un numero da non sottovalutare: un anziano su cinque è caduto nel corso dell’ultimo anno e il 6% dichiara che questo è avvenuto più di una volta.
Nel 64% dei casi le cadute avvengono in casa, nella metà dei casi hanno causato una frattura e nel 16% è stato necessario il ricovero.
Attenzione anche al fattore depressione: fra le persone che hanno subito una caduta, il 21% lamenta sintomi depressivi (rispetto al 9% del totale).
Le cadute, spiegano gli esperti dell’Iss, sono un problema rilevante, non solo per la frequenza con cui accade e per la gravità delle fratture, ma anche per l’impatto sul benessere psicologico: il timore di cadere può limitare molto la capacità di svolgere le attività quotidiane.
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Paesi migliori per gli anziani oggi
- la produttività nella terza età: intesa come: percentuale di lavoratori “over 65” rispetto al totale
- età-media di ritiro effettivo dal lavoro
- tempo impiegato in attività di volontariato dagli “over 65”
- percentuale di popolazione tra i 55 e i 64 anni impegnata in corsi non scolastici)
- lo stato di benessere psico-fisico inteso come: aspettativa di vita sopra i 65 anni
- soddisfazione nella qualità della vita dai 50 anni in su
- equità sociale intesa come: differenza tra abbienti e meno abbienti tra gli “over 65”
- disponibilità di cibo sano e in quantità sufficiente per gli “over 65”
- rischio di povertà per gli “over 65”
- grado di studi della popolazione “over 65” e percentuale di popolazione tra i 55 e i 64 anni impegnata negli studi
- solidarietà sociale intesa come: assistenza sociale agli “over 65”
- grado di fiducia nei vicini per le persone di oltre 50 anni
- percentuale di “over 65” co-residenti o comunque in contatto quotidiano con classi sociali più giovani
- sicurezza intesa dal punto di vista fisico, ma anche da quello economico, valutando il potere d’acquisto degli “over 65” così come il debito pubblico e altri indici economici dello Stato in cui risiedono
Top ten “a misura di anziano”
Incrociando i dati relativi a 30 diversi Paesi del mondo occidentale, gli studiosi americani sono così arrivati a stabilire che il Paese più “a misura” di anziano è la Norvegia (65 di valutazione rispetto all’Hartford Aging Index), seguita dalla Svezia (62), dagli Stati Uniti (59.8), dall’Olanda (59.5) e dal Giappone (59.1).
A chiudere la Top 10: Irlanda (57.6), Danimarca (57.5), Germania (55), Finlandia (54.6) e Spagna (52.7).
Italia
Il nostro Paese si piazza al 14° posto con 36.5 di indice, abbondantemente alle spalle del Belgio (43.3) e di poco davanti alla Slovenia (35.2); più indietro seguono Estonia (33.3), Polonia e Ungheria (23.5).
A dispetto di una popolazione anziana in continua crescita (13 milioni e 500 mila gli anziani censiti nel 2016 contro gli 11 milioni e 700 mila del 2007), a penalizzare l’Italia nell’Hartford Aging Index sono stati soprattutto i numeri relativi alla solidarietà sociale (18° posto su 30, con l’Irlanda al primo), oltre che alla produttività (17° posto, Stati Uniti al primo) e all’equità tra classi abbienti e meno abbienti (ancora 17° posto, con la Norvegia in testa e la Danimarca appena dietro).
Meglio invece nel nostro Paese il grado di benessere psico-fisico (13° posto, con il Giappone leader incontrastato) e la sicurezza (che ci vede sul podio, preceduti solo da Spagna e Olanda).
Oltre alla ricerca condotta negli Stati Uniti, con la classifica che verrà poi aggiornata ogni anno, altri dati fotografano una condizione certo non privilegiata dei nostri anziani.
Infatti, se l’aspettativa di vita dopo i 65 anni è superiore di 12 mesi rispetto alla media europea (18,9 anni per gli uomini, 22,2 nelle donne secondo gli ultimi dati disponibili e relativi al 2015), nel nostro Paese un anziano su due soffre di almeno una malattia cronica grave: a dirlo è l’ultimo rapporto Istat sulla salute in Italia e nell’Unione Europea.
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Mentre un recente incrocio tra i dati del nostro ministero della Salute e quelli raccolti da una ricerca di Italia Longeva ha evidenziato che solo il 2,7% degli “over 65” italiani con malattie croniche o comunque “fragili” può godere di un’adeguata assistenza domiciliare contro il 20% fatto registrare in alcuni paesi del Nord Europa.
Come ad esempio Norvegia e Svezia, che non a caso abbiamo visto occupare le prime due posizioni in classifica secondo l’Hartford Aging Index.
Ue, assistenza agli anziani servono 1,6 milioni di operatori entro il 2050
La domanda di assistenza in Europa sta aumentando con l’aumentare dell’età media della popolazione. Attualmente sei milioni di persone lavorano nel settore, ma le stime indicano che i Paesi membri avranno bisogno di altri 1,6 milioni di operatori entro il 2050.
Attualmente, una quantità significativa di assistenza è informale e non retribuita. 52 milioni di europei – familiari, amici e vicini di casa – offrono assistenza alle persone senza retribuzione. Inoltre, circa 7,7 milioni di donne sono attualmente disoccupate perché devono prendersi cura di un familiare.
Nel frattempo, gli assistenti professionali, il 90% dei quali sono donne, devono spesso fare i conti con condizioni di lavoro precarie.
L’assistenza a lungo termine consente agli anziani, ai malati e alle persone con disabilità di mantenere la propria autonomia e di vivere con dignità. I servizi forniti dagli assistenti aiutano le persone a vivere nel modo più indipendente e sicuro possibile quando non possono più svolgere le attività quotidiane da sole.
Ma per molte persone questi servizi non sono disponibili o sono inaccessibili.
Proposte Ue per migliorare assistenza
Nel suo discorso sullo stato dell’Unione del 2021, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha annunciato una Strategia europea per l’assistenza per aiutare donne e uomini a trovare il miglior equilibrio tra assistenza e vita lavorativa per i caregiver, come successivamente confermato nel Programma di lavoro della Commissione per il 2022.
La Strategia europea per l’assistenza incoraggia i Paesi membri dell’Ue a investire maggiormente nell’assistenza, a creare nuovi posti di lavoro e a rendere l’assistenza più accessibile, economica e di qualità.
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Presentata dalla Commissione europea nel settembre dello scorso anno, la Strategia europea per l’assistenza ha un duplice obiettivo: garantire servizi di assistenza di qualità, accessibili e a prezzi contenuti in tutta l’Unione europea e migliorare la situazione sia dei beneficiari dell’assistenza che delle persone che se ne prendono cura, a livello professionale o informale.
La Commissione ha raccomandato agli Stati membri di elaborare piani d’azione nazionali per mettere in comune le risorse, offrire un’assistenza più completa, accessibile e di qualità, migliorare le condizioni di lavoro, affrontare gli stereotipi di genere e attrarre un maggior numero di persone attraverso il dialogo sociale, l’istruzione e la formazione continua.
Entro il 2027, un totale di 6,7 miliardi di euro dovrebbe essere investito nella sanità e nell’assistenza a lungo termine negli Stati membri attraverso il Fondo sociale europeo Plus (FSE+).
Slovacchia: progetto pilota per assistenza anziani
A Banska Stiavnica, in Slovacchia, è stato avviato un progetto pilota finanziato dall’Ue, per permettere agli anziani di restare nelle loro case il più a lungo possibile. In questa regione della Slovacchia l’accesso a cure e servizi di qualità per gli anziani non è sempre possibile a causa della mancanza di fondi e di personale.
Nel 2019 la spesa pubblica per l’assistenza professionale a lungo termine in Europa rappresentava solo l’1,7% del Pil. A causa dei costi, molto spesso è la famiglia a farsi carico dell’assistenza.
Le proiezioni mostrano che in Slovacchia il numero di persone che necessitano di assistenza a lungo termine aumenterà di oltre il 50% entro il 2070. Si tratta di un aumento doppio rispetto alla media dell’Unione Europea (25%).