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Lavoro

Sempre reperibili? Si lavora per il diritto alla disconnessione

Maria Lucia Panucci
21 Gennaio 2025
  • copiato!

In diversi Paesi è già una realtà, in Italia potrebbe presto arrivare una legge sul tema

Il diritto alla disconnessione è un tema sempre più cruciale in un mondo del lavoro dominato dalla digitalizzazione e dall’uso pervasivo di tecnologie di comunicazione. Innanzitutto si tratta del diritto per il lavoratore di non essere costantemente reperibile, ossia di avere la libertà di non rispondere alle comunicazioni di lavoro durante il periodo di riposo, senza che questo comprometta la sua situazione lavorativa. Il tema è diventato sempre più rilevante dopo il Covid e lo sviluppo dello smart working.

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La normativa in Europa

In Ue esiste una legislazione pertinente in 13 Stati membri. Ci sono però variazioni in termini di attuazione e applicazione. Francia, Spagna, Belgio per esempio sono stati i primi Paesi con una legislazione nazionale sul diritto alla disconnessione. Molti altri, come Bulgaria, Cipro, Grecia, Croazia, Irlanda, Lussemburgo, Portogallo, Slovenia, Slovacchia, hanno introdotto altre formule, come emendamenti alle leggi nazionali esistenti o linee guida nazionali per stabilire questo diritto.

La Francia è stata pioniera in questo ambito con la legge Loi du Travail del 2016. Viene chiamata anche “El Khomri” e vale per le imprese con più di 50 dipendenti. Queste aziende sono tenute a negoziare ogni anno con le rappresentanze sindacali la cosiddetta “charte informatique d’entreprise” (regolamento aziendale, che prevede anche la disconnessione). La norma è stata tuttavia abbastanza criticata, perché ritenuta abbastanza vaga.

La legislazione spagnola è del 2020. Prevede, innanzitutto che “le persone che svolgono lavoro a distanza abbiano gli stessi diritti che avrebbero avuto se avessero prestato servizi presso il centro di lavoro aziendale, esclusi quelli inerenti allo svolgimento in loco della prestazione lavorativa e non potranno subire danni in qualsiasi delle loro condizioni di lavoro, compresa la retribuzione, la stabilità del lavoro, l’orario di lavoro, la formazione e la promozione professionale”. All’articolo 18 viene inserito, fra i diritti del lavoratore, anche quello alla disconnessione. Si legge: “l’obbligo aziendale di garantire la disconnessione comporta la limitazione dell’uso dei mezzi tecnologici di comunicazione aziendale e lavorativa durante i periodi di riposo, nonché il rispetto della durata massima della giornata e degli eventuali limiti e cautele in materia di orario di lavoro eventualmente stabiliti norme legali o convenzionali”.

Dal febbraio 2022 i dipendenti della pubblica amministrazione belga non devono più rispondere a e-mail e telefonate fuori dell’orario di lavoro e possono disconnettersi al termine di una giornata lavorativa a meno che non ci siano motivi “eccezionali” per non farlo. Si sta cercando di capire l’estensione di questo diritto anche alle aziende private.

Fuori dall’Europa, all’inizio del 2024, il governo australiano ha approvato il Fair Work Legislation Amendment Bill 2023, che introduce la disconnessione. Nello specifico, “i dipendenti di datori di lavoro non di piccole imprese hanno il diritto di rifiutarsi di monitorare, leggere o rispondere a contatti (o tentativi di contatto) al di fuori del loro orario di lavoro, a meno che ciò non sia irragionevole. Ciò include contatti (o tentativi di contatto) da parte di un datore di lavoro o di terzi”. Per le piccole imprese questo diritto sarà arrivo a partire dal 26 agosto 2025.

In Canada nel 2021 è stato stabilito che “a partire dal 2023, e negli anni successivi, i datori di lavoro che impiegano 25 o più dipendenti al 1° gennaio di ogni anno devono adottare una politica scritta di disconnessione dal lavoro entro il 1° marzo dello stesso anno”.

Il caso italiano

Almeno 12 ore di riposo tra i turni e stop a mail, whatsapp o chiamate fuori dagli orari lavorativi. Questi i due pilastri del Ddl sul diritto alla disconnessione attualmente in discussione al Senato e pensato per tutelare i lavoratori italiani. Ad oggi infatti non esiste una vera e propria legge sul tema nel nostro Paese anche se la legge 81 sullo smart working ne prevede la regolamentazione tramite accordo tra datore e lavoratore.

La proposta in esame si applica alle aziende con più di 15 dipendenti e ai lavoratori autonomi o a quelli il cui contratto nazionale non contempla già il diritto alla disconnessione. All’articolo 3 si legge: che “il lavoratore ha diritto di non ricevere comunicazioni dal datore di lavoro o da personale direttivo al di fuori dell’orario ordinario di lavoro previsto dal contratto, e comunque per un periodo minimo di dodici ore consecutive dalla fine del turno lavorativo“.

Viene poi fatto riferimento anche a possibili multe per i datori. In caso di violazione si applica una sanzione amministrativa pecuniaria che va da 500 euro a 3.000 euro.

Favorevoli o contrari?

L’esperienza di altri Paesi europei dimostra quanto sia importante trovare un equilibrio tra la produttività aziendale e il diritto dei lavoratori a separare vita privata e professionale. Il dibattito sul disegno di legge da noi è acceso. I sindacati accolgono con favore una normativa che limiti l’eccessiva reperibilità, proteggendo i lavoratori dai rischi legati a uno stato di connessione costante con il lavoro, con tutta una serie di ripercussioni sulla salute come stress ed ansia nelle ipotesi migliori. D’altro canto però alcune associazioni datoriali temono che le nuove regole possano introdurre rigidità in un contesto lavorativo che di fatto è sempre più digitale e flessibile.

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Dir. resp.le: Maria Lucia Panucci

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