L’India, forte di un ampio background informatico sia sul fronte del know how che delle infrastrutture, potrebbe diventare presto il prossimo orizzonte di investimento nel settore dell’Intelligenza Artificiale. (AI). Infatti il presidente Narendra Modi ha elaborato una strategia per permettere all’India di affermarsi entro il 2030 tra i leader globali del comparto attraverso il programma IndiaAI.
Gli investimenti previsti
In arrivo investimenti pubblici e privati che saranno indirizzati verso infrastrutture, data center e formazione non solo per la formazione ed il potenziamento ma anche per riuscire a colmare un indubbio gap con Stati Uniti e Cina. Pechino e Washington, infatti, al momento possono sfruttare un’esperienza maggiore e capitali propri, oltre che un’attrattiva superiore per gli investitori internazionali.
Secondo l’Economic Times of India i primi investimenti, provenienti da attori esteri, sarebbero già quantificati in 20 miliardi di dollari e potrebbero essere distribuiti nella costruzione di data center nei prossimi tre anni.
Il progetto dell’amministrazione Modi si inserisce all’interno di una più ampia strategia che accomuna Usa ed Europa e che punta a difendere i reciproci interessi dall’entrata in scena di DeepSeek R1, un modello di intelligenza artificiale open-source cinese a basso costo. Un nuovo protagonista, per molti non gradito, che ha portato il presidente degli Stati Uniti Donald Trump a valutare un ulteriore inasprimento delle restrizioni già presenti sulle operazioni di export di microchip Nvidia ad alte prestazioni, ovvero quelli necessari per lo sviluppo di modelli di AI. Infatti, proprio a causa delle limitazioni poste da Trump, Nvidia era stata costretta a creare nuovi chip modificati ed adatti per il mercato cinese, chip che, però, potrebbero essere nuovamente bloccati.
Nvidia e il mercato indiano
Nvidia, però, si era già occupata anche del mercato indiano. A fine ottobre 2024, infatti risalgono gli annunci del colosso dei chip riguardanti il lancio di un modello leggero di intelligenza artificiale specifico per la lingua indiana chiamato Nemotron-4-Mini-Hindi-4B. L’obiettivo era (ed è tuttora) quello di conquistare un mercato in crescita per le tecnologie AI.
Il programma IndiaAI risale di fatto a maggio 2020 da un portale nato per accogliere progetti nel settore AI supportati da investimenti statali. L’obiettivo, attualmente, è quello di potenziare infrastrutture computazionali, pilastro centrale per poter poi sviluppare modelli di AI più complessi ed avanzati come, ad esempio, i supercomputer.
L’obiettivo di Modi
Per questo motivo, parallelamente alla presentazione di progetti, l’amministrazione Modi sta puntando verso la creazione e lo sviluppo di centri di ricerca in collaborazione con aziende e università per sviluppare sistemi di supporto verso settori strategici particolarmente importanti in una nazione che sfiora i 2 miliardi di abitanti. Sotto i riflettori, infatti, ci sono settori come la sanità, l’agricoltura e la sicurezza.
Lo sviluppo di un sistema AI proprio permetterebbe, oltre al rafforzamento di un team interno di talenti, anche di tagliare la dipendenza dai sistemi AI di potenze straniere, cosa a cui recentemente, ha pensato anche l’Italia, e di creare sistemi ad hoc per rispondere alle esigenze sociali ed economiche specifiche dell’India. Il subcontinente, infatti, deve combattere con un’ampia diversità sociale dettata da retaggi di fattori passati come, ad esempio, il concetto di casta, ampiamente abolito ma che resta radicato nelle fasce sociali più deboli e nelle zone rurali più arretrate. La vera sfida per l’India, in questo ambito sarà quella di costruirsi un’identità propria di potenza informatica, identità che vada al di là di quanto rappresentato finora e cioè un orizzonte di outsourcing delle multinazionali straniere le quali, sfruttando un costo del lavoro più basso di quello registrato tra i propri confini, approfittavano dell’innegabile disponibilità di mano d’opera a basso costo ma, spesso, di alto profilo professionale.
L’impatto economico
Sul fronte economico l’impatto che le decisioni del governo Modi potrebbero avere entro il 2035 ammonta, secondo fonti Accenture, a 957 miliardi di dollari. Cifre importanti che, però, devono essere dimostrate anche alla luce di rischi che permangono sullo sfondo. Primo fra tutti quello della fornitura costante di semiconduttori, una voce che, insieme ai sistemi di hardware avanzato, rappresentano una vulnerabilità. Si tratta, infatti, di elementi di importazione che, al momento, non possono essere sostituiti da altri creati dai sistemi produttivi interni di Nuova Delhi.
Le sfide normative
Altra potenziale zavorra potrebbe essere rappresentato dal sistema di regolamentazione. Le norme già presenti in Europa ed Usa al momento non sembrano far parte della legislazione indiana la quale, sebbene sia partita con un approccio più aperto e favorevole agli investimenti già dai tempi dell’elezione di Modi, rischia di dover combattere, nel prossimo futuro, contro il pericolo di una serie di norme non aggiornate e che potrebbero non camminare di pari passo con lo sviluppo stesso delle tecnologie che dovrebbero regolare. Il tutto, quindi, avrebbe immediate ripercussioni non solo sulla sicurezza e sulla protezione dei dati ma anche sugli investimenti stessi, soprattutto a livello internazionale.