Nel cuore della capitale, l’arte non è solo bellezza: è economia reale. La mostra “Caravaggio 2025”, inaugurata il 7 marzo a Palazzo Barberini e in corso fino al 6 luglio, è già diventata un caso di studio per chi si occupa di economia della cultura, turismo e rigenerazione urbana. A due mesi dall’apertura, i numeri parlano chiaro: oltre 210.000 visitatori, un flusso costante che ha superato ogni previsione e ha messo in moto un indotto economico stimato in circa 28 milioni di euro per la città di Roma.
Una cifra che comprende ingressi museali, ristorazione, trasporti, hotel, merchandising, guide turistiche e persino l’impennata nella vendita di libri d’arte nei bookshop. E con ancora diverse settimane di apertura, si stima che l’indotto complessivo potrebbe sfiorare i 40 milioni di euro entro la chiusura dell’esposizione.
L’arte come leva economica
Organizzata in occasione del Giubileo 2025, la mostra – curata da Francesca Cappelletti, Maria Cristina Terzaghi e Thomas Clement Salomon – si è rivelata fin dal primo giorno un catalizzatore di investimenti e flussi turistici. Non si tratta solo di cultura, ma di un caso concreto in cui il patrimonio artistico italiano si traduce in prodotto interno urbano lordo.
Secondo i dati forniti da Federalberghi Roma, l’occupazione media degli hotel nella zona centrale della città è cresciuta del 13% rispetto allo stesso periodo del 2024, con picchi nei fine settimana che arrivano a oltre il 90% di camere prenotate. Aumenta anche la permanenza media dei turisti, che si prolunga di almeno mezza giornata rispetto alla media stagionale: il tempo necessario, pare, per includere una visita a Caravaggio nell’itinerario.
«Non si tratta solo di una mostra, ma di un’operazione culturale con un impatto sistemico – spiega Marco Di Loreto, analista economico specializzato in turismo culturale – Caravaggio attrae un pubblico trasversale e internazionale, e lo fa con un’offerta museale di altissimo livello. Questo genera un circuito virtuoso che coinvolge ristoranti, trasporti, librerie, servizi, è un piccolo motore di crescita urbana».
24 opere, un evento irripetibile
Quello che distingue “Caravaggio 2025” da altre grandi mostre è la sua portata eccezionale: 24 opere autografe, molte delle quali mai viste insieme prima d’ora, con prestiti da musei internazionali e collezioni private. Tra le chicche, il Ritratto di Maffeo Barberini, proveniente da una collezione privata, e l’Ecce Homo ritrovato a Madrid nel 2021, finalmente esposto in Italia dopo quattro secoli.
Un’offerta così straordinaria ha attirato anche importanti sponsorizzazioni private, con il sostegno di istituti bancari, fondazioni e partner tecnici. In parallelo, il merchandising ufficiale della mostra – cataloghi, stampe, gadget artistici – ha generato un fatturato superiore ai 2,1 milioni di euro nei primi 60 giorni, a conferma di un interesse che va oltre il biglietto d’ingresso.
Effetto Bolle: quando la cultura fa ascolti
A rafforzare la risonanza dell’evento ci ha pensato anche la televisione. Il 23 marzo, Rai 1 ha trasmesso in prima serata lo speciale “Bolle per Caravaggio”, uno spettacolo ideato e interpretato da Roberto Bolle, che ha unito danza, arte e narrazione in omaggio al genio del Merisi. La trasmissione ha conquistato oltre 3 milioni di telespettatori e ha riacceso l’attenzione anche tra un pubblico meno tradizionalmente legato ai musei.
Il “fattore Bolle” ha avuto un effetto diretto anche sul turismo culturale, con un aumento di prenotazioni per il weekend successivo alla trasmissione pari al 18% rispetto alla media mensile. Una dimostrazione ulteriore che l’arte, se comunicata con intelligenza, può raggiungere platee nuove e attivare consumi.
Roma capitale dell’investimento culturale
L’esperienza di “Caravaggio 2025” potrebbe diventare un modello per il futuro della gestione culturale in Italia. In un’epoca in cui la cultura è spesso vista come voce di spesa, qui diventa leva di crescita economica, anche in settori collaterali: trasporto pubblico, lavoro stagionale, digitalizzazione museale, produzione editoriale.
Il Comune di Roma ha annunciato che sta valutando, insieme al Ministero della Cultura, un progetto di rendicontazione dell’impatto economico della mostra, con l’obiettivo di includere indicatori di benessere culturale nei bilanci partecipativi cittadini.
«Caravaggio è un brand globale, ma è anche una risorsa territoriale. Il suo legame con Roma è fortissimo e va valorizzato in modo strutturato – ha dichiarato l’assessore alla cultura Massimiliano Smeriglio, in occasione della presentazione del report di metà mostra – Dobbiamo passare da eventi eccezionali a programmazioni sistemiche. L’economia della bellezza può e deve diventare una politica urbana».
Cosa resterà dopo luglio?
Oltre ai numeri, c’è una questione di legacy. L’enorme successo di pubblico e l’impatto economico della mostra stanno già alimentando richieste per prolungare l’apertura oltre il 6 luglio. Anche se non ci sono conferme ufficiali, Palazzo Barberini sta valutando – compatibilmente con i prestiti – la possibilità di una mini proroga estiva, o almeno un’estensione digitale dell’esperienza tramite app e tour virtuali a pagamento.
Nel frattempo, la mostra ha contribuito ad accrescere il valore percepito di Palazzo Barberini come sede museale strategica. E ha ribadito, una volta di più, che l’Italia non deve solo difendere il proprio patrimonio, ma investirci con visione e strategia.
Perché sì, Caravaggio emoziona, ma Caravaggio genera anche valore. E Roma, con questa mostra, ha saputo cogliere entrambi gli aspetti.