
Emergono diversi dubbi al riguardo
Diverse ombre avvolgono ora il vaccino formulato da AstraZeneca. Dopo l’euforia iniziale per il fatto che anche il candidato sviluppato in collaborazione con l’università di Oxford fosse efficace (guarda qui), ora cominciano a sorgere i primi dubbi sulla sua effettiva validità.
Il vaccino è in forse dopo che il capo del programma statunitense Operation Warp Speed ??ha svelato che il farmaco aveva mostrato il suo più alto livello di efficacia nella popolazione più giovane. Il dato di efficacia al 90% infatti è stato raggiunto dopo la sperimentazione su un gruppo di persone di età inferiore ai 55 anni ai quali è stata somministrata una mezza dose prima di un richiamo a dose piena. Al contrario, se testato su un gruppo di persone di età superiore ai 55 anni, l’efficacia è scesa al 62%. Ecco perché anche noi abbiamo parlato di una efficacia media al 70%. Il problema è che al momento i ricercatori dell’Università di Oxford affermano di non conoscere il motivo che si cela dietro la differenza nell’efficacia dimostrata. «Ci sono una serie di variabili che dobbiamo capire e qual è stato il ruolo di ciascuna di esse nel raggiungere la differenza di efficacia», hanno confessato gli esperti.
E ovviamente se non si supera questo ostacolo ci saranno seri problemi per questo vaccino. Sia quello formulato da Pfizer-BionTech sia quello di Moderna hanno dimostrato una efficacia totale, il primo al 95% ed il secondo al 94,5%. Insomma c’è una bella differenza. Ed è chiaro che contro una malattia che finora ha causato la morte di 1,4 milioni di persone e infettato quasi 60 milioni in tutto il mondo, una validità al 70% non basta affatto, soprattutto se confrontata con altri che sembrano più promettenti. Lo stesso Anthony Fauci, il principale epidemiologo degli Stati Uniti e direttore dell’Istituto nazionale di allergie e malattie infettive, ha mostrato una certa perplessità in merito alla questione: «Se è il 70%, allora siamo di fronte ad un dilemma. Che cosa ci fai con il 70% quando avrai due vaccini che hanno il 95%?». Ed obiettivamente non ha tutti i torti.
Altro grosso problema è il fatto che l’inoculazione del vaccino di Oxford si basa sul vettore adenovirale di scimmia che secondo gli esperti non ha ancora dato prova della propria efficacia. In confronto invece il vettore dell’adenovirus umano utilizzato nei vaccini sviluppati da altri Paesi, compreso lo Sputnik V russo, è stato testato già prima del Covid e ha dimostrato la propria efficacia per esempio contro altre malattie, come Ebola e MERS, un altro tipo di Coronavirus emerso in Medio Oriente.
Insomma i dubbi sono tanti. Ed è chiaro che AstraZeneca e gli studiosi di Oxford se vogliono veramente avere un ruolo chiave nella lotta al vaccino, dovranno dare delle risposte certe, come la scienza impone.
di: Maria Lucia PANUCCI
FOTO: ANSA
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