
Il nodo è l’accesso dei pescherecci europei alla futura zona economica esclusiva britannica
Deal or no Deal: è questo l’interrogativo che continua a tendere i rapporti tra Unione europea e Londra, alla ricerca di un punto di incontro per disciplinare le relazioni commerciali nel post-Brexit.
Il ministro degli Esteri britannico, Dominic Raab, ha dichiarato che Londra è disponibile a un accordo, ma rimane oggetto del contendere la questione della pesca.
La data di scadenza è sempre più vicina e i colloqui sull’accordo si sono arenati sul dossier dela pesca, che è risultato essere il più complesso di tutti. Nell’Unione Europea i pescherecci di ogni Paese hanno accesso alle acque degli altri salvo le 12 miglia marine vicine alla costa. Tuttavia sono fissate delle quote massime per ogni specie, che vengono definite di anno in anno ogni dicembre. L’Ue vuole mantenere lo status quo perché altrimenti le flotte europee verrebbero colpite duramente non avendo più libero accesso alle acque britanniche entro le 12 miglia dalla costa. Invece la Gran Bretagna intende discutere ogni anno con Bruxelles le quote di pesca da riservare ai pescherecci dell’Ue ma entro 200 miglia marine di zona economica esclusiva, come fa la Norvegia.
Al momento, il 60% del pesce pescato nelle acque britanniche viene raccolto da pescherecci stranieri e il Governo di Boris Johnson non vuole permettere all’Ue di avere ancora ingerenza su queste acque e queste decisioni.
Dal proprio canto anche Bruxelles è decisa a non cedere: l’Ue si dice pronta ad offrire un accordo commerciale senza precedenti alla Gran Bretagna, privo di dazi doganali e quote, però non può accettare il nodo sulla pesca perché significherebbe permettere a Londra di competere slealmente. Non solo dal punto di vista delle acque in cui è possibile pescare ma anche per quanto riguarda l’inquinamento, perché l’Ue è limitata da rigorosi standard ambientali a cui la Gran Bretagna potrebbe decidere di non sottostare.
Inoltre c’è il pericolo che il Regno Unito possa utilizzare aiuti di stato per finanziare imprese ed economia, mentre le regole europee sono molto severe su questo punto: anche in questo caso si andrebbe incontro a una concorrenza sleale. In caso di divergenza l’Ue vorrebbe poter ricorrere a contromisure unilaterali e immediate come i dazi doganali.
Perciò il problema non è solo raggiungere un accordo, ma renderlo anche blindato dal punto di vista legale per evitare che la legge britannica possa rimettere in discussione alcune parti in seguito come ha già fatto con il precedente trattato che disciplinava l’uscita dall’Ue il 31 gennaio e il periodo di transizione fino alla fine dell’anno.
Rimane da capire come si concluderanno gli accordi, potrebbe essere istituito un tribunale arbitrale per le violazioni dell’accordo.
di: Micaela FERRARO
FOTO: AGI
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