
La bozza della manovra sembra accantonare la tassa voluta dalla Lega
L’ultima bozza della manovra di bilancio (di cui vi abbiamo parlato qui), prevede l’abolizione della tassa sul money transfer, ovvero il tributo dell’1,5% a carico degli istituto di pagamento per ogni transazione di denaro superiore ai 10 euro verso i Paesi extracomunitari, con l’eccezione prevista delle transazioni commerciali.
«Sono emerse diverse problematiche che hanno reso difficile l’adozione del provvedimento», viene scritto nell’articolo 185 della manovra. Problematiche riscontrabili nella mancanza di un apparato sanzionatorio ad hoc e nel carattere fortemente discriminatorio della norma che va a colpire gli istituti di pagamento ma non altri istituti che offrono lo stesso servizio, per esempio le banche e Poste Italiane. Ma soprattutto, la tassa sul money transfer viola il principio comunitario della libera circolazione dei capitali, che stabilisce che «sono vietate tutte le restrizioni ai movimenti di capitali tra Stati membri, nonché tra Stati membri e Paesi terzi».
La tassa era stata introdotta dal primo governo Conte ed era fortemente voluta dalla Lega, che in queste ore sta alimentando la polemica: «i 100 milioni della tassa – attacca il senatore Maurizio Campari – sono tutti capitali che volano all’estero senza lasciare il giusto tributo al Paese dove vengono creati». Rincara la dose Alberto Bagnai, un altro senatore della Lega: «ricordiamo che Banca d’Italia e Guardia di Finanza hanno più volte evidenziato la vulnerabilità dei money transfer al rischio di riciclaggio e finanziamento del terrorismo – recrimina – non si capisce quindi perché abolire una norma che incentiva i cittadini onesti a utilizzare canali più trasparenti per le proprie operazioni finanziarie».
di: Micaela FERRARO
FOTO: AGI
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