
Secondo i dati riportati dall’Istat, il Paese è primo tra gli Stati membri con 9,2 miliardi di metri cubi. Secondi in termine pro capite con 153 metri cubi per abitante, dopo la Grecia
Prelievo di acqua potabile, l’Italia detiene il primato Ue nel 2018 del volume di acqua dolce complessivamente prelevata per uso potabile da corpi idrici superficiali o sotterranei, con 9,2 miliardi di metri cubi. Questo quanto emerge dal focus tematico annuale dell’Istat, in occasione della Giornata mondiale dell’acqua, istituita dall’Onu e celebrata ogni anno il 22 marzo.
In termini pro capite, l’Italia, con 153 metri cubi annui per abitante, si colloca in seconda posizione, mentre la Grecia è in cima alla classifica con 157 metri cubi. Seguono in graduatoria: Irlanda (128), Bulgaria (119) e Croazia (111). La maggior parte degli Stati membri, 20 su 27, ha prelevato tra 45 e 90 metri cubi di acqua dolce per persona per l’approvvigionamento pubblico. Malta si contraddistingue per il volume più basso, solo 30 metri cubi annui a persona. Agli ultimi posti della graduatoria si collocano la maggior parte dei paesi dell’Europa dell’Est.
Le differenze tra i diversi Stati membri dipendono dalle risorse idriche disponibili, dalla domanda, dalle modalità di prelievo, nonché dal clima e dalle attività agricole e industriali che incidono sulla rete acquedottistica urbana. Inoltre, condizioni nazionali specifiche possono influenzare i volumi, tra queste il sistema delle infrastrutture e l’entità delle perdite nella rete idrica.
Tra i Paesi dell’area mediterranea, l’Italia è tra quelli che sfruttano in grande maggioranza acque sotterranee, sorgenti e pozzi, l’84,8% del totale prelevato. Queste fonti rappresentano per il territorio italiano la risorsa più grande e preziosa di acqua dolce necessaria a soddisfare le richieste idropotabili della popolazione. In Spagna, Grecia e Cipro, di contro, l’incidenza dei prelievi da acque sotterranee è sensibilmente più contenuta, e pari rispettivamente al 33,5%, 44,5% e 44,6%.
Il 2018, per la prima volta negli ultimi vent’anni, i prelievi per uso potabile presentano una contrazione generale con -2,7% rispetto al 2015. Fa eccezione il Molise, dove si registra un incremento del 27,4% rispetto al 2015, anche per far fronte alle esigenze delle regioni vicine a seguito della crisi idrica del 2017.
La modalità di approvvigionamento prevalente a livello nazionale è da fonti d’acqua sotterranea in tutti i distretti idrografici (con quote superiori al 75%), con l’eccezione della Sardegna dove il prelievo da sorgente e pozzo fornisce il 20% del volume regionale. Nei distretti del Nord e della Sicilia si ricorre soprattutto a prelievi da pozzo (più del 50% dei volumi totali di ciascun distretto), con il distretto del fiume Po che contribuisce al 20,6% del totale prelevato nazionale. I distretti dell’Appennino centrale e Appennino meridionale sono invece alimentati da importanti sorgenti che contribuiscono, rispettivamente, al 72,9% e a circa il 50% del volume distrettuale complessivo.
di: Alessia MALCAUS
Ti potrebbe interessare anche: