
Secondo la magistratura il procedimento dimostra l’inefficienza dello Stato nel riscuotere i debiti
La Corte dei Conti mette in guardia dai provvedimenti previsti dal dl Sostegno e da come questi potrebbero avvantaggiare l’evasione fiscale. L’attenzione è concentrata, in particolar modo, sul condono delle cartelle esattoriali per importi fino a un massimo di 5.000 euro previsto dall’articolo 4 del decreto (leggi qui).
Secondo la magistratura, la cancellazione delle vecchie pendenze sarebbero solo una dimostrazione di come lo Stato non riesca a riscuotere i propri crediti e potrebbe generare nei cittadini disorientamento e amarezza, soprattutto in coloro che adempiono tempestivamente ai propri debiti.
Nonostante la norma preveda che il condono si applichi a debitori con un reddito massimo di 30 mila euro nel 2019, per escludere i soggetti più ricchi, secondo i giudici il provvedimento presenta diversi punti deboli. Innanzitutto il riferimento ai singoli carichi permetterà la cancellazione di più importi che fanno capo allo stesso soggetto, permettendo in sostanza il superamento della soglia dei 5.000 euro. Secondo la Corte dei Conti, in secondo luogo, il ricalco del decreto legge n.119/2018 potrebbe favorire la cancellazione del debito di importi più significativi di cui potrebbero beneficiare anche soggetti non colpiti economicamente dall’emergenza dovuta alla pandemia.
Nel contrastare il condono così come previsto dal decreto Sostegni, la Corte dei Conti ricorda inoltre che si tratta del terzo annullamento unilaterale di cartelle esattoriali adottato nell’ultimo ventennio. L’effettiva incapacità delle autorità nel riscuote i crediti si ripercuote sullo stato delle finanze pubbliche, con importanti conseguenze sui bilanci delle amministrazioni territoriali dove mancano, allo stesso tempo, meccanismi compensativi.
In merito alla parte di analisi delle misure per il lavoro e il contrasto alla povertà, inoltre, i giudici fanno notare che, sebbene la scelta del blocco dei licenziamenti appaia condivisile, bisognerà evitare di ritardare l’emersione di quelle realtà aziendali che necessitano di processi di ristrutturazione e risanamento. Infine, la Corte dei Conti sottolinea che è necessaria una riconsiderazione del reddito di emergenza che ne separi la componente di strumento di contrasto della povertà da quello di strumento di politica attiva del lavoro.
di: Alessia MALCAUS
FOTO: ANSA/FABIO FRUSTACI
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