
I ministri europei tendono a diminuzione i rischi derivanti dalla dipendenza dalla Cina attraverso la diversificazione degli approvvigionamenti per l’industria al posto del disaccoppiamento delle economie
Mentre qualcosa comincia a muoversi sul terreno dell’attivismo diplomatico per trovare soluzioni per l’Ucraina, ultima la decisione di Pechino di far partire il rappresentante speciale cinese Li Hui per un viaggio che toccherà Kiev, Varsavia, Parigi, Berlino e Mosca, il tema delle relazioni con la Cina sta dominando la preparazione della riunione dei capi di stato e di governo del G7 a Hiroshima la prossima settimana oltre alla riunione dei ministri finanziari in corso a Niigata (nella foto). Lo riferisce LaPresse.
E a Stoccolma i ministri degli esteri europei cercano di «riaggiustare» la posizione europea verso Pechino nel tentativo di far convivere fermezza della posizione a sostegno dell’Ucraina e richiamo alle responsabilità geopolitiche globali della Cina; riduzione della dipendenza dalle materie prime cinesi e difesa di un commercio aperto, però su basi di reciprocità; difesa della sicurezza interna e bisogno di investimento dall’esterno, Cina compresa come dimostra il via libera tedesco all’acquisto del 24,9% del terminal container Tollerort del porto di Amburgo da parte del gruppo statale cinese Cosco.
“Derisking” e non “decoupling” è la parola d’ordine, ultimamente rilanciata anche dagli americani (stando al consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan e alla segretaria al Tesoro Janet Yellen): la diminuzione dei rischi derivanti dalla dipendenza dalla Cina attraverso la diversificazione degli approvvigionamenti per l’industria al posto del disaccoppiamento delle economie.
È il nuovo mantra di cui si sta facendo forte la Ue, che comunque prepara una stretta anche contro alcune imprese cinesi che si ritiene riesportino verso la Russia produzioni europee sensibili dal punto di vista dell’uso in attività militari: il “ministro” degli esteri Ue Josep Borrell ha dichiarato che “nessuna decisione è stata presa, non si parla di sanzioni ma di misure restrittive riguardanti triangolazioni Europa, Cina e Russia, la discussione è appena cominciata”.
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La Germania vuole limitare l’effetto politico di una misura del genere, che sarebbe una assoluta novità. L’Italia è d’accordo. Ma ancora una posizione comune non c’è: come ha indicato questa mattina Borrell la Ue deve ancora riuscire a esprimersi con una “voce unica” sulla Cina, occorre “mettere un termine alla cacofonia” europea.
In una lettera ai 27 ministri degli esteri, Borrell indica la necessità di una “ricalibrazione” della linea europea verso la Cina e ribadisce che “le relazioni Ue-Cina non si svilupperanno se Pechino non spingerà la Russia a ritirarsi dall’Ucraina”.
Per questo l’Unione europea “accoglie con favore tutte le iniziative realmente positive provenienti dalla Cina volte a trovare una soluzione”.
Oltretutto, Pechino “trarrà vantaggio geopolitico” da una sconfitta russa in Ucraina». E la Ue, in qualche modo, deve rispondere alle ambizioni globali di Pechino: “L’Unione europea – scrive Borrell – è una potenza di pace ed è stata costruita sull’idea di una prosperità condivisa, non ha alcuna intenzione di bloccare la crescente potenza dei paesi emergenti. Il desiderio dell’Unione europea non è ostacolare la loro comparsa, ma garantire che la loro ascesa non danneggi i nostri interessi, non minacci i nostri valori o non metta a repentaglio l’ordine internazionale basato sulle regole”.
A Washington non la pensano proprio così.
(foto ANSA)