
Agi scatta una foto sull’azione di governo sui temi cruciali del fisco e degli effetti della guerra in Ucraina (caro energia e inflazione)
Un anno di governo Meloni, tra caro energia e inflazione. Lo scenario economico globale ha condizionato le scelte dell’esecutivo, con il conflitto in corso da un anno e mezzo in Ucraina (arrivato dopo due anni e mezzo di pandemia di Covid) che ha innescato la crescita dei prezzi in tutto l’Occidente e aperto la porta a una politica monetaria aggressiva da parte delle banche centrali (10 rialzi dei tassi in 14 mesi per la Bce) nel tentativo di lenire l’inflazione.
Una politica alla quale il governo italiano non ha risparmiato appunti, come scrive l’Agi, nella convinzione che la sola leva monetaria non sia sufficiente se non accompagnata da una spinta alla crescita.
Nonostante la congiuntura difficile, gli indicatori macro hanno mostrato una sostanziale tenuta dell’economia italiana, pur nel contesto di salari più bassi rispetto alla media europea, anche al netto del rallentamento nella seconda metà del 2023.
Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha adottato una linea improntata alla prudenza e al dialogo. Energia, redditi, politiche attive del lavoro e dismissione di alcuni asset tra le grandi aziende di Stato – con l’avvio della vendita del pacchetto di minoranza di Ita a Lufthansa per 325 milioni di euro e l’apertura al fondo Kkr che sta trattando l’acquisto della rete di Tim – sono stati al centro delle scelte degli ultimi 12 mesi.
Per reperire le risorse necessarie l’esecutivo ha tagliato due dei provvedimenti più identitari dei governi a guida Giuseppe Conte – uno a maggioranza M5s-Lega e l’altro 5 Stelle-Pd – ponendo fine al reddito di cittadinanza (sostituito da una serie di misure tra sussidio di inclusione e assegno formazione-lavoro) e annunciando la prossima conclusione del Superbonus edilizio.
Il governo di larghe intese di Mario Draghi li aveva mantenuti, ricorda Agi. Tra le misure messe in campo anche due interventi, figli della congiuntura, che prevedono una tassazione straordinaria sugli extraprofitti: uno a fine nel 2022 a carico delle aziende energetiche (dopo l’aumento delle bollette) e uno nell’estate del 2023 per le banche (dopo il rialzo dei tassi da parte della Bce). Sul secondo l’iter parlamentare in corso produrrà una revisione con una diminuzione dell’imposta, sulla scorta delle richieste del mondo bancario e di parte della stessa maggioranza, visti anche i dubbi di costituzionalita’ sollevati dai tecnici del Senato.
Il governo Meloni si è insediato due mesi dopo il picco del prezzo del gas al megawattora (339 euro) e ha lavorato subito per tentare di sostenere i redditi medio-bassi e le imprese nel fronteggiare le bollette energetiche, divenute in alcuni casi astronomiche, dedicando 2/3 delle risorse della prima manovra a questo obiettivo.
La finanziaria 2022 ha innalzato anche il tetto all’utilizzo del contante da 1.000 a 5.000 euro e introdotto misure temporanee come opzione donna e quota 103 per facilitare i prepensionamenti. La prima finanziaria inoltre ha consentito di riattivare la società Ponte sullo Stretto, modificandone l’assetto aziendale, visto il rinnovato interesse del governo per l’opera, il cui costo e’ stato stimato in 16 miliardi di euro da reperire.
Successivamente l’esecutivo si è concentrato sul fisco, con l’approvazione, nell’estate 2023, di una legge delega pensata per semplificare il rapporto tra cittadini e imposte, a cui ora dovranno seguire entro 24 mesi i decreti attuativi. La riforma fiscale punta a ridurre gradualmente le aliquote Irpef, diventeranno tre nella prospettiva di arrivare in futuro a una sola, e a omogeneizzare l’Iva per rendere l’imposta più aderente ai criteri Ue.
E’ venuta meno l’introduzione della flat tax incrementale, cavallo di battaglia della maggioranza, per ragioni di coperture. I lavoratori dipendenti potranno però godere di una tassazione agevolata su straordinari, tredicesima e premi di produttività. Mentre per i redditi da lavoro autonomi è in arrivo una migliore distribuzione del carico fiscale nel tempo, con la progressiva introduzione della periodicità mensile dei versamenti degli acconti e dei saldi e un’eventuale riduzione della ritenuta d’acconto.
Sul fisco pesa il macigno dell’evasione fiscale, stimata tra 75 e 100 miliardi di euro l’anno. La delega fiscale prevede misure di alleggerimento delle sanzioni penali tributarie, con particolare riguardo a quelle connesse al reato di dichiarazione infedele. L’idea del governo per il futuro è puntare sul rafforzamento dei controlli fiscali ex ante.
Le indagini fiscali bancarie accertano solo l’1% dell’evasione
(foto ANSA)