
Quali sono gli impatti diretti sull’economia reale delle recenti decisioni delle banche centrali sui tassi di interesse? E quali potrebbero essere quelli in caso di futuri tagli?
I tassi di interesse stanno tornando al centro dell’attenzione sia delle banche centrali sia di chi deve fare i conti con rate di mutui e finanziamenti. E non solo. Ma per quale motivo sono così importanti nella vita di tutti i giorni? Quali sono le principali caratteristiche? Lo abbiamo chiesto ad Alessandro Bergonzi Financial markets content specialist di Investing.com.
Cosa sono i tassi di interesse e perché sono sempre di più un punto di riferimento per chi decide di aprire un mutuo o fare un finanziamento?
«I tassi di interesse rappresentano il costo del denaro, ovvero la percentuale che una persona o un’azienda deve pagare per prendere in prestito denaro. Sono determinati dalle banche centrali e influenzano l’intera economia di un paese. I tassi di interesse sono cruciali per chi decide di comprare casa, auto o comunque fare un finanziamento poiché influenzano direttamente il costo del denaro prestato, determinando quindi il costo totale del prestito. Quando i tassi sono bassi, i prestiti sono più accessibili e convenienti, questo stimola i consumi e di conseguenza l’attività economica. Al contrario, tassi più alti rappresentano un freno all’economia semplicemente perché indebitarsi è più costoso».
Quali tipologie di tassi di interesse esistono?
«Le banche centrali intervengono principalmente su tre tassi. Il tasso sui rifinanziamenti principali che indica il tasso di interesse al quale le banche commerciali possono prendere in prestito denaro direttamente dalla banca centrale. Il tasso sulle operazioni di rifinanziamento marginale, che son quelle operazioni a cui accedono le banche private quando hanno bisogno di liquidità immediata e non possono ottenerla da altre fonti. E poi c’è il tasso di interesse sui depositi che vengono pagati dalle banche commerciali per il denaro che lasciano presso la banca centrale. Anche questo tasso può influenzare l’economia, dato che, se i tassi sui depositi presso la banca centrale sono bassi, le banche commerciali possono preferire prestare denaro ai clienti anziché tenerlo immobilizzato presso la banca centrale. Chi deve fare un mutuo, invece, solitamente può scegliere tra due tipologie di tassi: tasso fisso, con cui il costo del prestito rimane costante per l’intera durata del prestito; tasso variabile che può fluttuare nel tempo in base a un tasso di riferimento specifico, come ad esempio il tasso interbancario euribor. Di conseguenza, il pagamento degli interessi può aumentare o diminuire nel tempo, a seconda delle variazioni del tasso di riferimento. Negli ultimi anni, a causa della stretta monetaria delle banche centrali, non è andata bene a chi ha un mutuo variabile. Tuttavia, in molti casi questa scelta è stata influenzata dal fatto che, all’epoca dei “tassi zero”, il variabile presentava una percentuale di interessi da pagare inferiore rispetto al fisso».
Tassi nominali e tassi reali: differenze, vantaggi e svantaggi per chi apre un mutuo
«Il tasso di interesse nominale è quello effettivamente concordato. È ad esempio il tasso che versa sul mutuo l’acquirente di un’abitazione. Il tasso reale è invece il tasso di interesse dopo aver tenuto conto dell’inflazione. Soprattutto sui mutui a lungo termine non conta solo l’importo nominale pagato, ma anche il valore reale di quei soldi presi in prestito che con il tempo tende a cambiare. Di solito il potere di acquisto diminuisce negli anni perché i prezzi aumentano a causa dell’inflazione. Se teniamo conto dell’inflazione, capiamo realmente quanto ci costa un prestito e quanto ci rende il risparmio. E infatti, il tasso reale si calcola proprio sottraendo l’inflazione dal tasso di interesse nominale. Il tasso nominale sicuramente è più semplice da calcolare e comprendere; tuttavia, bisogna affidarsi al tasso reale per determinare il vero costo del prestito».
Quali sono gli impatti diretti sull’economia reale delle recenti decisioni delle banche centrali sui tassi di interesse? E quali potrebbero essere quelli in caso di futuri tagli?
«L’aumento dei tassi di interesse, come quello deciso dalla Bce a partire da luglio 2022, provoca la contrazione della spesa dei consumatori e degli investimenti delle aziende e così contribuisce a rallentare l’attività economica. Al contrario, una diminuzione dei tassi di interesse può stimolare la spesa e gli investimenti, sostenendo la crescita economica. Il rischio del taglio dei tassi, che le banche centrali non vogliono correre, è quello di provocare una nuova fiammata dell’inflazione.».
D’altra parte – conclude Bergonzi – mantenerli troppo alti troppo a lungo causerebbe una recessione, particolarmente difficile da sopportare soprattutto per l’economia Europea che sta ancora cercando di rialzarsi dopo il Covid.
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