Il 20 gennaio Donald Trump si insedierà per la seconda volta alla presidenza degli Stati Uniti ed è fissato per il giorno prima il termine entro cui la società cinese ByteDance è obbligata, da una legge firmata ad aprile dal presidente uscente Joe Biden, a cedere le attività di TikTok in America per evitare la messa al bando dal mercato americano e la sua rimozione da App Store, Play Store e da ogni provider.
L’app ha più di 170 milioni di utenti nel Paese. Una cifra considerevole: significa che oltre uno statunitense su due utilizza l’applicazione, percentuale che sfiora il 70% tra gli adolescenti.
Ma a questa data, quella del 19 gennaio, se ne aggiunge un’altra, quella del 10 gennaio. In quel giorno la Corte Suprema ascolterà le argomentazioni sulla costituzionalità della legge federale divest-or-ban, in particolare sulla questione se la norma limiti inammissibilmente la libertà di parola, violando il Primo Emendamento. Come spiega il Guardian, nella sua richiesta alla Corte Suprema, TikTok ha dichiarato: “se gli statunitensi, debitamente informati dei presunti rischi di manipolazione ‘occulta’ dei contenuti, scelgono coscientemente di continuare a visualizzare i contenuti su TikTok, il primo emendamento concede loro questa decisione, liberi dalla censura del governo”.
Non è chiaro quanto tempo impiegherà la Corte a emettere una sentenza ed è anche difficile che salvi TikTok , ma un possibile rinvio dell’entrata in vigore della legge permetterebbe al social network di guadagnare tempo, in attesa che Donald Trump assuma l’incarico di presidente degli Stati Uniti.
Le accuse contro TikTok
TikTok è considerata da tempo da Washington un rischio per la sicurezza nazionale (per via dei legami con il Partito comunista cinese, della gestione dei dati e del rischio disinformazione). La sua colpa sarebbe proprio legata alla proprietà che è appunto cinese. TikTok ha sempre negato ogni accusa e ha cercato di distanziarsi il più possibile dalla sua società madre, che – come tutte le aziende cinesi – è soggetta a una legge che permette al governo di Pechino di richiedere segretamente informazioni a scopi di intelligence. Dopo anni di botta e risposta, la sfida tra gli Stati Uniti e la famosa app sta per giungere al termine. Una via d’uscita sarebbe il passo indietro da parte di Bytedance che dovrebbe cedere l’applicazione a un’azienda approvata dal governo statunitense, così come richiesto per evitare il bando. Il problema è che Bytedance sembra non aver nemmeno preso in considerazione questa possibilità, ignorando le dimostrazioni di interesse giunte da un gruppo di investitori guidato dall’ex ministro del Tesoro Steven Mnuchin, da alcune grandi aziende statunitensi e dal miliardario Frank McCourt, ex proprietario dei Los Angeles Dodgers ed erede di una famiglia di immobiliaristi.
Non solo: qualora fosse costretta alla vendita, Bytedance ha già dichiarato che non cederà il codice dell’algoritmo impiegato da TikTok, così come da dictat del governo cinese.
Il salvataggio di Trump
Oltre al fatto che la Corte Suprema degli Stati Uniti potrebbe rinviare l’entrata in vigore della legge, un altro jolly è rappresentato dal presidente eletto Donald Trump, che ha cercato di vietare TikTok durante il suo primo mandato, ma che durante la recente campagna presidenziale ha dichiarato di essere ora contrario a tale azione, cosa ribadita anche ieri durante un discorso a Phoenix.
Non sono stati forniti dettagli su come Trump intenda attuare la sua promessa di “salvare TikTok“. Ma la portavoce Karoline Leavitt ha affermato in una dichiarazione del mese scorso che Trump intende “mantenere” le promesse fatte in campagna elettorale. Ed il fatto che abbia ribadito le sue intenzioni proprio ieri lascia supporre che sarà proprio così.
Dopo l’insediamento di Trump, il 20 gennaio, spetterà al suo dipartimento di Giustizia far rispettare la legge e punire i potenziali trasgressori. Alcuni hanno ipotizzato che Donald potrebbe chiedere al suo dipartimento di Giustizia di astenersi dall’applicare la legge o addirittura di non applicarla. Si tratta però di scenari abbastanza improbabili: l’opzione migliore per il tycoon, qualora davvero decidesse di salvare TikTok, è di sfruttare un cavillo della legge, che permette al presidente di determinare il momento in cui una app non è più controllata da una nazione avversaria.
Staremo a vedere cosa farà Trump. Una cosa è certa: se il bando dovesse avvenire TikTok non sparirà come per magia dagli smartphone degli utenti, ma non potrà più essere scaricato dagli store e smetterà di essere aggiornato, rendendolo inevitabilmente, con il tempo, obsoleto.