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In ogni Regione tariffe diverse
(la Repubblica/Bloomberg) Quanto costa sfamare un paziente per un giorno intero in ospedale pubblico? Se siamo ricoverati nelle Marche, potranno servirci un menù completo di colazione, pranzo e cena consumando solo 10 euro. Che diventano 14 euro per i degenti pugliesi, cui, ironia della sorte, verrà riempito il piatto con le stesse identiche pietanze. Ma a cosa sono dovute queste differenze? Se lo domanda l’Anac, l’Authority nazionale anticorruzione, che in un dossier ha raccolto il balletto di cifre sulla ‘spesa alimentare’ nei nosocomi delle varie regioni della penisola. Ne emerge un dato interessante: per il solo vitto dei ricoverati la sanità italiana potrebbe risparmiare un’ottantina di milioni l’anno.
Un’anomalia italiana. La cifra ideale per comporre il menù ospedaliero – tipo, secondo i calcoli dell’Authority indipendente guidata da Raffaele Cantone, è di 11.74 euro. Da sette anni infatti, in un’ottica di spending review, spetta all’Anac per legge (L.111/2011) il compito di elaborare i prezzi di riferimento cui il Servizio sanitario nazionale dovrebbe attenersi per la fornitura di diversi servizi (come ristorazione, pulizia, lavanderia, e prestazioni accessorie). Una soglia di efficienza pubblica, che se trasformata in costo standard nazionale, eviterebbe gli sperperi oggi all’ordine del giorno. A evidenziare le disparità di spesa pubblica sostenuta nei vari ospedali, talvolta persino della stessa regione, è il rapporto “Efficienza dei contratti pubblici e sviluppo di indicatori di rischio corruttivo” pubblicato dall’Anac.
Promossi e bocciati. Quasi tutte le regioni superano il prezzo efficiente stabilito dall’Anac: in media per un menù completo si spendono 12,70 euro, con una spesa annua totale pari a circa 750 milioni di euro. La maglia nera spetta ai poli ospedalieri della Puglia (in media 13,96 euro) e della provincia di Trento (13,64 euro).
Seguono Campania, Piemonte, Veneto ed Emilia Romagna. Mentre tra le regioni più virtuose si distinguono le Marche (in cui si dà da mangiare ai ricoverati con 10,74 euro in media), l’Umbria (che nutre i malati con 11,52 euro), Calabria, Valle d’Aosta e Abruzzo.
L’ombra di affari illeciti. È singolare come nosocomi anche vicini consumino i finanziamenti pubblici in modo assai diverso, e i consumi non tengano neanche conto del costo della vita sul territorio. Dunque cosa fa impennare le tariffe? A incidere sarebbero diversi fattori: se il cibo è freddo o caldo, cucinato in reparto o portato da fuori. Ma la finalità dell’indagine è svelare possibili indizi di rischio corruttivo: cioè appalti gestiti in modo non proprio trasparente e bandi scritti su misura per chi deve aggiudicarseli. O ancora appalti ‘eterni’, tutt’altro che cristallini: prorogati o riassegnati sempre allo stesso aggiudicatario per anni. La Campania detiene un triste primato in materia di appalti rinnovati: nel caso più grave, addirittura fino a 175 giorni. I dati del rapporto sono “Indice di una sanità che funziona in modo non uguale e non con una logica di simmetria, come ci si dovrebbe invece aspettare visto che siamo tutti cittadini italiani” sottolinea il presidente dell’Anac Raffaele Cantone.
Quanto si potrebbe risparmiare. Circa 82 milioni di euro potrebbero restare nelle casse degli enti pubblici, senza incidere in alcun modo sulla qualità del servizio reso, se gli ospedali si attenessero al prezzo medio fissato dall’Anac. Per fare qualche esempio: la Calabria potrebbe spendere circa 13,5 milioni in meno, la Lombardia 11,2, il Piemonte 9 milioni euro. Mentre oggi un anno di ristorazione ospedaliera costa alle finanze nazionali 737,9 milioni di euro. Intanto a metà aprile il ministero della Salute ha approvato nuove linee guida rivolte agli enti gestori di mense, tra cui quelle ospedaliere, al fine di ridurre gli sprechi. Negli ospedali italiani ogni anno vengono serviti circa 269 milioni di pasti (a fronte di 61 milioni di giornate di ricovero annuali), circa un quarto degli alimenti serviti dalla ristorazione collettiva in Italia, riferisce il ministero. I cibi serviti vengono talvolta rifiutati dai pazienti, e ciò ne aggrava le condizioni di salute.[:]