
Ecco il risiko geopolitico sul mar Mediterraneo per accaparrarsi uno dei pilastri del settore energetico mondiale
Mentre Grete e gretini, finiti nell’oblio da pandemia, come guerre, mafia e immigrazione, continuano a dire messa sulle fonti rinnovabili, il risiko geopolitico sul mar Mediterraneo si muove inesorabile, tra nuove influenze e vecchie ruggini, per affermare il predominio sulle risorse di gas naturale.
Se, da una parte, è innegabile che le rinnovabili saranno il futuro, ed è anzi interessante il giro d’affari che si sta già muovendo intorno ad esse, altrettanto non si può nascondere la testa sotto terra e non vedere che il presente e i prossimi cinquant’anni saranno ancora caratterizzati dallo sfruttamento di risorse come carbone e gas.
L’oil & gas è un comparto rappresentato in Italia da una filiera di eccellenza e da grandi colossi come Eni, protagonista, insieme alla francese Total, in questi mesi, di una vera e propria guerra di nervi con la Turchia di Erdogan. Il “sultano” proprio in questi giorni ha invitato la popolazione turca a boicottare i prodotti francesi, in seguito alle dure reazioni di Macron per la barbara decapitazione del professore di storia francese Samuel Paty.
L’episodio non ha fatto che acuire i rapporti già tesi tra Ankara e Parigi, per la conquista delle acque del blocco 7, nel Mediterraneo orientale, duello che coinvolge anche Eni, che con Total ha la concessione per esplorare quell’area, rilasciata da Nicosia. Il pretesto per Erdogan è non riconoscere l’autorità di Cipro su quei mari, ma ritenerli di giurisdizione di Cipro del Nord, Stato autoproclamato e sotto egida turca, dove ha appena vinto le elezioni il presidente Ersin Tatar, fedelissimo di Erdogan. Ankara, d’altronde, aveva fatto vedere intenzioni serie già un anno fa, quando aveva spedito la nave di perforazione Yavuz per sondare idrocarburi al largo di Cipro.
Del Mediterraneo orientale aveva parlato l’a.d. di Eni Claudio Descalzi: «c’è una grossa quantità di gas che può arrivare in Italia e in Europa a un prezzo basso: 10mila miliardi di metri cubi è una grossa quantità di gas su cui noi abbiamo iniziato a lavorare con un progetto globale».
L’“oro azzurro” è presente anche nell’Adriatico, ma freni ideologici rendono impossibile lo sfruttamento di quei giacimenti, che pure consegnerebbero all’Italia una certa auspicata autonomia. La dipendenza energetica da Norvegia e soprattutto Russia rende ostaggi politici e non permette un minimo di diversificazione.
Ciliegina sulla torta è che questa “battaglia navale” vede in Italia come paladino un certo Luigi Di Maio, che forse perderebbe anche a “scala 40” al bar sport. Senza dimenticare il suo retaggio grillino, che gli imponeva di fermare le trivellazioni. Il titolare degli esteri riferisce che il blocco delle operazioni di Eni è dovuto al covid. Speriamo che il tampone non ce lo faccia Erdogan…
di: Matteo VALLÉRO
Direttore editoriale Business24
FOTO: ANSA/EPA
articolo uscito nella rubrica IL CAPITALE sul quotidiano La Verità di ieri 29 Ottobre 2020