“Bisogna scorporare il turismo dalla cultura, come hanno fatto tutti gli altri Paesi, attuando anche azioni di investimento e non di sussidio”
Il turismo rischia la desertificazione a causa della pandemia. A lanciare l’allarme sono alcuni operatori di settore che, nel corso di un’audizione alla Camera, hanno denunciato l’insufficienza dei fondi previsti nel piano nazionale di Ripresa e Resilienza. «In questo momento in Italia stiamo seriamente rischiando la desertificazione del comparto – ha affermato il presidente di Federturismo Confindustria, Marina Lalli. – Temiamo che per le Pmi turistiche il tasso di mortalità possa raggiungere il 40% dell’offerta complessiva, con punte dell’80% per settori come le agenzie di viaggio e i tour operator o del 60% per quelle della cultura, della ristorazione e dell’intrattenimento. I nodi da sciogliere sono ancora molti e devono essere superati in fretta per non rischiare ritardi nei trasferimenti europei».
Sulla stressa linea Confindustria Alberghi che ha ricordato come il 2020 appena trascorso sia stato “un anno di crisi nera” che “ha più che dimezzato le presenze totali nel nostro Paese con un -56% rispetto all’anno precedente e un dato ancora più allarmante se si osserva il calo della componente straniera con un -72%“.
A mettere in guardia anche Confturismo Confcommercio che sul Recovery plan prevede per il tema ‘Turismo e Cultura 4.0 complessivamente 8 miliardi di euro, di cui al turismo vero e proprio vengono destinati effettivamente 1,5 miliardi di euro, 2,9 se si aggiungono altri interventi per i percorsi del turismo lento e sulla formazione turistica in ambito culturale: una cifra del tutto insufficiente per risollevare un comparto in ginocchio. «Il pacchetto di supporti previsto dal Piano Next Generation EU – ha ricordato il rappresentante di Confturismo – è infatti un’opportunità imperdibile per il nostro sistema Paese, colpito pesantemente dalla crisi economica conseguente all’emergenza pandemica sviluppatasi dai primi mesi del 2020 e tutt’ora pienamente in corso. Ma lo è ancor di più per il turismo, che archivia l’anno 2020 con un calo degli arrivi pari a 78 milioni di unità, senza contare 36 milioni di viaggi degli Italiani all’estero che sono venuti a mancare, e di 240 milioni per quanto riguarda le presenze in Italia nel periodo marzo-dicembre: una crisi che si traduce in una perdita di valore della produzione di 100 miliardi di euro su 190, includendo nel computo gli effetti più immediati e diretti sull’indotto. Sono dati senza precedenti, che riportano il settore indietro di 30 anni e che, purtroppo, si ripropongono similari, nelle previsioni maggiormente accreditate, almeno per tutto il primo semestre del 2021».
Per questo le imprese di settore chiedono un cambio di passo, chiedono di rivedere il Recovery Plan scorporando il turismo dalla cultura, come hanno fatto tutti gli altri Paesi, attuando anche azioni di investimento e non di sussidio.
di: Maria Lucia PANUCCI
FOTO: AGI
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