
Le cucine fantasma funzionano con un’app e sono destinate a cambiare il panorama della ristorazione
Il mondo cambia rapidamente e il mercato si evolve con esso.
La crisi inaspettata generata dalla pandemia del Coronavirus ha accelerato bruscamente il processo, coinvolgendo tutti i mercati internazionali, compreso quello della ristorazione. L’emergenza sanitaria prima e lo smart working poi hanno reso evidente la necessità di un cambiamento: molti ristoranti hanno chiuso e secondo Confcommercio è a rischio oltre il 60% delle attività.
In questo contesto ha subito una grossa spinta un nuovo servizio: quello delle cucine fantasma. Meglio conosciute come dark kitchen, queste realtà esistevano già prima ma il lockdown ha contribuito in modo significativo alla loro espansione. Si tratta di ristoranti virtuali che hanno solo una cucina, nessun coperto e vivono grazie alle consegne a domicilio. «È stata l’evoluzione del mercato a creare nuove opportunità per gli operatori che vogliono aprire un locale in una zona con meno investimenti – racconta Peter Backman, consulente inglese del settore della ristorazione – I clienti sono stati educati da Amazon e ora vogliono sempre di più le consegne a casa. Per i ristoratori la sfida è farlo in modo redditizio».
L’idea alle spalle delle dark kitchen è semplice: i ristoratori preparano i piatti dei loro menù che vengono poi consegnati a domicilio da Glovo, Just Eat, UberEats e da tutte le piattaforme similari. La strategia è più complessa e va a modificare quella che era la mentalità del settore: «Aprire un ristorante significava individuare la location giusta, scegliere il tipo di ambiente che si voleva creare, costruire un menù e definire un prezzo coerente – spiega Alberto Mattiello, Head of innovation di Retail Hub – nel mondo del dark cambia tutto perché la location è un’app, l’ambiente è la casa del cliente e il menù lo fanno i dati».
di: Micaela FERRARO
FOTO: ANSA
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