
Secondo il report del Boston Consulting Group, il numero di persone nel mondo che avrebbe voluto spostarsi è sceso di 16 punti percentuali in 6 anni. In Italia, invece, è aumentato
Gli italiani sono gli unici a voler trasferirsi all’estero per lavoro, in controtendenza con il dato globale. Secondo il report del Boston Consulting Group Decoding Global Talent, Onsite and Virtual, i lavoratori sarebbe disposti a lasciare l’Italia per cogliere migliori opportunità fuori dai confini nazionali. Con la possibilità offerta dal lavoro agile, inoltre, il 70% sarebbe disponibile a lavorare da remoto per aziende straniere, senza spostarsi.
Secondo lo studio di BCG e The Network, condotto su 209 mila lavoratori in 190 Paesi del mondo, l’approccio alla mobilità internazionale dei talenti è cambiato profondamente negli ultimi anni e la pandemia ha modificato le opinioni generali sul lavoro. La tendenza generale nel mondo sembrerebbe quella di spostarsi meno: nel 2014 il 63,8% degli intervistati a livello globale voleva lavorare all’estero; nel 2018 la quota era scesa al 57,1% e nel 2020 al 50,4%, per una perdita di 13 punti percentuali in 6 anni.
L’unica eccezione di questo quadro è rappresentata dall’Italia. Nel 2014 il 59% dei lavoratori italiani era disposto a lasciare il Paese. Nel 2018 la quota era già scesa al 55%, in coerenza con l’andamento del resto del mondo. Nel 2020, invece, il 90% dei lavoratori è diventato disponibile a trasferirsi alla ricerca di nuove opportunità, una quota molto alta e un’inversione di tendenza che secondo lo studio si spiegherebbe con la difficile situazione attuale. A far compagnia all’Italia c’è anche la Svezia dove un’alta percentuale di lavoratori preferirebbe espatriare (86%) molto probabilmente a causa delle perplessità sulle politiche di gestione della pandemia.
Grazie all’affermarsi del lavoro agile su vasta scala, secondo lo studio il 71% degli italiani intervistati sarebbe disposti a lavorare da remoto per aziende straniere senza una presenza fisica nel nostro Paese, 14 punti in più rispetto alla media globale (57%). «Il Covid ha accentuato un fenomeno già avviato e ha favorito la transizione verso una nuova forma di mobilità, fondata su una modulazione del telelavoro, che rappresenta una nuova opportunità anche per le società, da impiegare, però, con attenzione» – afferma Matteo Radice, managing director e partner di BCG.
Tra i posti dove gli italiani si sposterebbero ci sono: la Svizzera, che in due anni ha guadagnato quattro posizioni superando il Regno Unito, che scende al secondo posto, e la Germania, ferma al terzo posto. Dal punto di vista degli stranieri, anche l’Italia è una meta molto apprezzata, in particolar modo da albanesi, spagnoli, romeni, turchi e svizzeri.
A livello globale gli Usa perdono lo scettro di destinazione preferita dai lavoratori e scendono al secondo posto, dietro il Canada e a pari merito con l’Australia. Per quanto riguarda le città, la Brexit non scalfisce l’appeal di Londra, che resta al primo posto seguita da Amsterdam, che dal 2008 al 2020 ha guadagnato tre posizioni e Dubai, che insieme ad Abu Dhabi segnala i cambiamenti in atto della geografia globale del lavoro.
di: Alessia MALCAUS
FOTO: ANSA
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