
Cade il limite dei quattro a tavola ma resta l’obbligo della distanza e delle mascherine. Preoccupano i centri storici e la mancanza di personale
Da domani sarà possibile tornare a mangiare fuori sia a pranzo sia a cena, non solo nei ristoranti che hanno i tavoli all’aperto, ma anche nei locali chiusi. Restano però molte regole da rispettare.
Non ci sono più limiti di persone sedute al tavolo (finora un massimo di quattro), ma vanno rispettati quelli legati ai posti disponibili, calcolati sulla base delle dimensioni del locale. Inoltre tra un tavolo e l’altro ci dev’essere la distanza di almeno un metro che può salire a due in base allo scenario epidemiologico. Si può scendere sotto il metro se tra i tavoli ci sono barriere fisiche di separazione che non devono però ostacolare il ricambio d’aria.
Ai gestori si raccomanda di mettere a disposizione dei clienti prodotti per l’igienizzazione delle mani e di assicurare il ricambio d’aria negli ambienti chiusi. I menu devono essere plastificati o consultabili online e si chiede di conservare un elenco delle prenotazioni per almeno 15 giorni. La mascherina va tenuta sempre quando non si è seduti al tavolo.
E’ possibile consumare di nuovo il caffè al bancone e torna il servizio a buffet ma i clienti non possono toccare il cibo: deve essere il personale a somministrare i piatti. Il self-service è consentito solo nel caso di prodotti monodose. E’ necessario inoltre distribuire i cibi senza provocare assembramenti e tenendo la distanza di almeno un metro tra le persone.
Nonostante le dovute regole, queste riaperture rappresentano una boccata di ossigeno per un settore in ginocchio. «Tutti speriamo che questa volta si apra per non chiudere più – dice Roberto Calugi, direttore generale Fipe-Confcommercio – ma bisogna stare attenti perché se l’emergenza sanitaria sta scemando, i problemi economici di chi lavora nel nostro settore non termineranno dall’oggi al domani: manca il personale e i locali dei centri storici sono allo stremo».
Su 300 mila tra bar e ristoranti in Italia, lo scorso anno 22 mila hanno chiuso a causa del lockdown e 20 mila quest’anno. Preoccupano soprattutto quelli che si trovano nei centri storici delle città dove il lavoro viene spesso svolto in smart working, cosa che penalizza molto bar e ristoranti. Altra componente è quella turistica che pesa per 8 miliardi di euro: anche se c’è una ripresa di quello nazionale, il turismo straniero è ancora molto esiguo. Risultato? Se nel 2019 bar e ristoranti avevano fatturato 90 miliardi di euro, nel 2020 sono andati persi 40 e nel 2021 siamo già a 20 miliardi in meno, per un totale di 60 miliardi di euro andati in fumo dall’inizio dell’emergenza.
Non solo. «Dobbiamo fare i conti con una drammatica mancanza di personale, si fa una fatica incredibile a trovare qualcuno disposto a lavorare nei bar e nei ristoranti, sia in cucina che in sala – conclude Calugi – da una parte perché chi lavorava in questo comparto, viste le modeste somme ricevute durante il lockdown, arrivate oltretutto in fortissimo ritardo, è uscito dal settore e ha trovato un altro lavoro, dall’altro chi riceve i sussidi di disoccupazione, come l’indennità di licenziamento o il reddito di cittadinanza, spesso preferisce rimanere a casa».
Insomma i problemi sono davvero tanti e le riaperture sono solo l’inizio di un percorso ancora in salita.
di: Maria Lucia PANUCCI
FOTO: ANSA/GIANLUIGI BASILIETTI
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