Verso un’uscita anticipata a 64 anni
La Corte dei Conti, organo di rilievo costituzionale, si è espressa contro la riforma pensionistica Quota 100, dichiarando che è necessario superare il sistema che scadrà a fine 2021 e che una soluzione potrebbe essere un’uscita anticipata da fissare a 64 anni, in modo da convergere su un’età uniforme sia per i lavoratori in regime retributivo sia per i lavoratori in regime contributivo puro.
Per il momento ai lavoratori in regime pienamente contributivo la legge permette effettivamente di andare in pensione a 64 anni con 20 anni di anzianità contributiva e un assegno di importo pari a 2,8 l’assegno sociale.
Di parere inverso è il presidente dell’Inps Pasquale Tridico, che ha parlato di una possibile duplice via: pensione anticipata a 62/63 anni con almeno 20 di contributi per la sola parte contributiva maturata, mentre la quota retributiva sarà resa poi disponibile una volta raggiunta l’età pensionistica, 67 anni.
La Corte dei Conti ha reso noto che al 31 gennaio 2021 le pensioni liquidate con Quota 100 sono state 278 mila; nel 2019 si sono registrate economie di spesa per 1,1 miliardi e nel 2020 sono stati pagati 5,2 miliardi a fronte di uno stanziamento di 7,6 miliardi. Nel complesso, meno delle attese.
Anche i sindacati sono concordi sull’ipotesi di superare Quota 100: a maggio hanno presentato al Governo un documento in 11 punti con diverse proposte, la più quotata delle quali ruota intorno all’età di pensionamento a partire da 62 anni oppure con 41 anni di contributi indipendentemente dall’età. Altre ipotesi sono relative al contratto di isopensione ed espansione: il ministro del Lavoro Andrea Orlando si è espresso a favore di quest’ultimo proponendo nell’ambito del Sostegni Bis di ampliare la platea dei possibili beneficiari.
di: Micaela FERRARO
FOTO: ANSA
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