
“Russia e Ucraina rappresentano insieme quasi 1/3 del commercio mondiale di grano (29%) ma anche il 19% delle forniture globali di mais per l’allevamento animale e l’80% delle esportazioni di olio di girasole. L’Italia deve investire su produzioni proprie”
La carenza di materie prime, non solo energetiche, ma anche agricole, rimane uno dei risvolti oscuri di questa guerra che va avanti ormai da diversi giorni. Russia ed Ucraina insieme rappresentano infatti quasi 1/3 del commercio mondiale di grano (29%) ma anche il 19% delle forniture globali di mais per l’allevamento animale e l’80% delle esportazioni di olio di girasole. Lo sottolinea in una nota la Coldiretti in merito agli effetti economici di un conflitto che ha determinato un balzo delle quotazioni mondiali al Chicago Board of trade, punto di riferimento per le materie prime agricole.
Una situazione che pesa soprattutto sui Paesi più poveri con i prezzi del grano che si collocano sugli stessi livelli raggiunti negli anni delle drammatiche rivolte del pane che hanno coinvolto molti territori a partire dal nord Africa come Tunisia, Algeria ed Egitto che è il maggior importatore mondiale di grano e dipende soprattutto da Russia e Ucraina. «La guerra sta innescando un nuovo cortocircuito sul settore agricolo nazionale che ha già sperimentato i guasti della volatilità dei listini in un Paese come l’Italia che è fortemente deficitaria in alcuni settori ed ha bisogno di un piano di potenziamento produttivo e di stoccaggio per le principali commodities, dal grano al mais fino all’atteso piano proteine nazionale per l’alimentazione degli animali in allevamento per recuperare competitività rispetto ai concorrenti stranieri», afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini.
L’aumento di mais e soia sta mettendo in ginocchio gli allevatori italiani che devono affrontare aumenti vertiginosi dei costi per l’alimentazione del bestiame (+40%) e dell’energia (+70%) a fronte di compensi fermi su valori insostenibili. L’Italia è costretta ad importare materie prime agricole a causa dei bassi compensi riconosciuti agli agricoltori che sono stati costretti a ridurre di quasi 1/3 la produzione nazionale di mais negli ultimi 10 anni durante i quali è scomparso anche un campo di grano su cinque con la perdita di quasi mezzo milione di ettari coltivati.
E quest’anno sono praticamente raddoppiati in Italia i costi delle semine per la produzione di grano per effetto di rincari di oltre il 50% per il gasolio necessario alle lavorazioni dei terreni ma ad aumentare sono pure i costi dei mezzi agricoli, dei fitosanitari e dei fertilizzanti che arrivano anche a triplicare. «Occorre lavorare – spiega Coldiretti – per accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali. Ci sono le condizioni per incrementare la produzione in Italia».
di: Maria Lucia PANUCCI
FOTO: SHUTTERSTOCK
Ti potrebbe interessare anche: