Soprattutto i giovani non saprebbero trovare un errore in busta paga e il 19% non la legge nemmeno
I dati raccolti dalla ricerca annuale Workforce View in Europe di Adp parlano chiaro: più di un italiano su quattro non è sicuro di saper leggere la propria busta paga.
La ricerca è stata condotta su oltre 10mila dipendenti in 7 Paesi europei, gli italiani intervistati sono stati 1.440. Secondo quanto emerso il 73% degli intervistati sarebbe in grado di accorgersi se in busta paga ci fosse un errore, mentre il 27% non ne è sicuro. Per il 12% il documento è troppo confusionario e il 15% ha ammesso di non leggere mai la busta paga.
I meno preparati risultano essere i giovani lavoratori tra i 16 e i 24 anni. In questa fascia d’età il 27% ammette di non capire perfettamente la propria busta paga e ben il 19% non la legge direttamente. Sono gli over 55 ad essere la fascia di età più informata (solo il 13% non la legge) ma il 26% ammette di non capirla appieno.
«Il payroll è un documento complesso – spiega Oscar Rottigni, Normativa & Soluzioni Standard Manager di ADP Italia. – Quello italiano è oggi fra i più complicati al mondo, con una sovrapposizione storica di provvedimenti, leggi e norme, alcuni risalenti ai primi decenni del ventesimo secolo; si aggiungono poi frequenti cambiamenti nelle prassi operative e un complesso sistema contributivo-fiscale, in parte basato su criteri nazionali e in parte articolato su più livelli territoriali e settoriali».
L’importanza di leggere e comprendere la busta paga è fondamentale. «La busta paga è un documento essenziale – continua Rottigni – che va costantemente monitorato dal lavoratore, non solo per controllare l’importo dello stipendio, ma anche i giorni di ferie, il numero dei rol, le imposte pagate. Non leggere la busta paga è una mancanza da colmare».
La busta paga, inoltre, è al centro di una rivoluzione. Le modifiche al cedolino dei lavoratori dipendenti sono molteplici, come il cambio degli scaglioni e delle aliquote Irpef (passate da 5 a 4), la modifica delle detrazioni per tipologia di reddito e il nuovo trattamento integrativo per i titolari di reddito da lavoro dipendente.
Il cambiamento maggiore è quello dell’assegno unico. «Il D.Lgs. 230/2021 ha introdotto, con decorrenza 1° marzo 2022, l’assegno unico universale in sostituzione degli assegni per il nucleo familiare dei nuclei con figli e i nuclei orfanili e delle detrazioni per figli a carico fino ai 21 anni – ha spiegato Rottigni. – L’assegno unico universale è un beneficio economico su base annuale, il cui importo varia in base alla composizione del nucleo familiare e dell’Isee, riconosciuto direttamente dall’Inps ai soggetti richiedenti: la possibilità di presentare domanda è stata attivata dall’Inps a far data dal 1° gennaio 2022».
A partire da marzo, quindi, se il nucleo famigliare ha i requisiti per l’assegno unico non sarà possibile richiedere l’assegno per il nucleo familiare. Per questo motivo da marzo 2022 cessa l’erogazione degli Anf per i nuclei familiari in cui sono presenti figli e i nuclei orfanili e il riconoscimento della maggiorazione Anf di euro 37,50 per ciascun figlio, per i nuclei familiari fino a due figli, e di euro 55,00 per ciascun figlio, per i nuclei familiari di almeno tre figli.
«In conseguenza all’applicazione dell’assegno unico universale – conclude Oscar Rottigni – a partire dal mese di marzo 2022 non sono più riconosciute le detrazioni per: figli con meno di tre anni, figli portatori di disabilità, più di tre figli a carico nonché l’ulteriore detrazione per famiglie numerose di euro 1.200 spettante in presenza di almeno quattro figli a carico».
di: Flavia DELL’ERTOLE
FOTO: ANSA/STRINGER
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