Le imprese femminili in Italia nel 2021 hanno subìto un calo di iscrizioni del 12,1%, molto meno rispetto al crollo del 21% dell’anno precedente. Le donne risultano più istruite degli uomini, ma ci sono poche laureate nelle Stem
Risultano quasi un milione e 400 mila le imprese femminili in Italia che nel 2021 hanno subìto un calo di iscrizioni del 12,1%, molto meno rispetto al crollo del 21% dell’anno precedente. A dirlo è uno studio realizzato da Terziario Donna Confcommercio, in collaborazione con il Centro Studi delle Camere di Commercio Guglielmo Tagliacarne.
Queste imprese risultano più fragili rispetto a quelle maschili, hanno scarsa diversificazione produttiva, bassa internazionalizzazione e sono poco innovative.
Le donne in generale sono più istruite degli uomini: nel 2020 il 65% di loro risultano diplomate o laureate contro il 60,5% degli uomini, ma il tasso di occupazione femminile è molto più basso di quello maschile, il 53,9% contro 73,3%.
Tra i laureati il 24,9%, tra 25 e 34 anni, ha un diploma nelle aree disciplinari scientifiche e tecnologiche, le cosiddette lauree STEM: di questi il 36,8% sono uomini, 17,0% donne con un divario di genere molto rilevante, anche se meno marcato rispetto alla media europea. Un problema che va sanato. «La diffusione delle materie Stem fra le donne e della formazione in generale costituiscono uno dei cinque pilastri da fortificare, insieme, all’identità, il credito, l’innovazione e la sostenibilità, per consentire alle donne imprenditrici di contribuire all’Economia della Rinascita del nostro Paese – ha commentato Anna Lapini, presidente di Terziario Donna Confcommercio. – Solo se si creeranno condizioni di partenza eque e si forniranno a ciascun individuo, a prescindere dal suo genere, gli strumenti necessari a valorizzare il proprio potenziale si creerà una società ed una economia più sana e più giusta».