
Il conflitto porterà a una riduzione del PIL di 24 miliardi di euro
Lo sappiamo, il conflitto in Ucraina sta avendo un forte impatto economico sulle famiglie italiane. Ma quanto ci costerà la guerra?
Secondo l’Ufficio Studi della CGIA (Confederazione Generale Italiana dell’Artigianato) gli effetti della guerra porteranno nel 2022 a una riduzione del PIL di 24 miliardi di euro reali che corrisponde a una perdita di potere d’acquisto medio per ciascuna famiglia pari a 929 euro. I nuclei familiari più colpiti saranno quelli in Trentino Alto Adige (-1.685 euro), in Valle d’Aosta (-1.473 euro) e nel Lazio (-1.279 euro).
Dalle previsioni di crescita del Pil emerge che la diminuzione della ricchezza prodotta nel nostro Paese sarà dell’1,4 per cento. Queste stime, però, precisa la CGIA, , “sono parziali e suscettibili di cambiamenti”.
«La situazione che abbiamo vissuto in questi primi tre mesi di conflitto, infatti, potrebbe mutare radicalmente – afferma la Confederazione – Nella malaugurata ipotesi che, ad esempio, la situazione militare subisse una decisa escalation, è evidente che queste previsioni andrebbero riviste completamente. Come dicevamo più sopra, le stime in capo alle famiglie sono il risultato del deterioramento del quadro economico mondiale dovuto al conflitto russo-ucraino che nel nostro Paese ha provocato un forte rincaro delle bollette di luce e gas, le difficoltà del commercio internazionale da e verso alcuni paesi, l’impennata dell’inflazione e la difficoltà di reperire molte materie prime. Questa situazione provocherà una perdita di potere d’acquisto soprattutto alle famiglie del Centro e nel Nordest».
Anche il PNRR potrebbe essere a rischio, avverte la CGIA. «Il pericolo che il Paese stia scivolando lentamente verso la stagflazione è molto elevato. È un termine, quest’ultimo, ai più sconosciuto, anche perché si manifesta raramente – spiega la CGIA – ovvero quando ad una bassa crescita del Pil, che nei casi più drammatici diventa addirittura negativa, si affianca un’inflazione molto alta che fa impennare il tasso di disoccupazione, così come è successo nella seconda metà degli anni Settanta del secolo scorso. Probabilmente questo fenomeno non lo vivremo nel 2022, anche se il trend sembra essere segnato: le difficoltà legate alla post-pandemia, agli effetti della guerra, alle sanzioni economiche inflitte alla Russia, all’aumento sia dei prezzi delle materie prime, in particolar modo di quelle agroalimentari, e sia dei prodotti energetici, rischiano, nel medio periodo, di spingere anche la nostra economia verso una crescita pari a zero, con una inflazione che si avvierebbe a sfiorare le due cifre. Uno scenario che potrebbe addirittura rendere pressoché inefficaci i 235 miliardi di euro di investimenti previsti nei prossimi anni dal PNRR».