A suggerire prudenza ai mercati sono i dati sulla manifattura Usa, peggiori del previsto, e anche l’attesa per il decisivo rapporto sull’occupazione statunitense, in calendario domani
A Milano il Ftse Mib ha guadagnato lo 0,31%, a Parigi il Cac40 lo 0,23%, a Francoforte il Dax lo 0,64%. La conferma di un calo dell’inflazione Usa a ottobre e l’annuncio, targato Powell, di un rallentamento della stretta sui tassi di interesse spingono i listini azionari europei che chiudono in territorio positivo, ma sotto i massimi di seduta, penalizzati sul finale dal “rosso” di Wall Street (dopo l’euforia della vigilia).
A suggerire prudenza ai mercati sono infatti i dati sulla manifattura Usa, peggiori del previsto, che aumentano il rischio recessione, e anche l’attesa per il decisivo rapporto sull’occupazione statunitense, in calendario domani.
Tra economia in frenata e tassi meno alti del previsto, a farne le spese sono soprattutto gli istituti di credito, finiti in fondo ai listini continentali, con il responsabile della vigilanza bancaria Bce, Andrea Enria, che avverte come gli istituti debbano ormai prepararsi ai possibili impatti negativi a causa del deterioramento del quadro economico.
In questo clima, a Milano il Ftse Mib ha chiuso con un guadagno dello 0,31% dopo esser arrivato a sfiorare l’1%. Vendite consistenti sui big del credito, da UniCredit (-3,6%) a Banca Mediolanum (-2,2%). Arretrano anche Tenaris (-2,3%) ed Eni (-1,6%) che studia il dossier Neptune Energy.
Rimbalzo per Tim (+3,7%) con il mercato che si interroga sul futuro della rete unica e della compagnia di tlc. Bene anche St (+2,3%) che rafforza la sua partnership con la francese Soitec.
Fuori dal listino principale, riscatto della Juventus (+1,8%) con Exor che ha escluso la necessità di un aumento di capitale e la notizia della richiesta di rinvio a giudizio per l’ex presidente Andrea Agnelli e di altri dirigenti del club.
Sul fronte dei cambi, fiammata dell’euro sul dollaro dopo l’inflazione Usa, con la moneta unica scambiata a 1,0497 contro il biglietto verde (da 1,0311) ma in calo a 142,57 yen (da 143,76). Dollaro/yen a 135,80 (da 139,41), con il generale deprezzamento della divisa Usa.
Mentre si discute di “price cap” a livello europeo torna in calo il prezzo del gas sui 139 euro al MWh (-5%) e sale anche il petrolio: il Wti con contratto di consegna a gennaio scambia a 82,5 dollari (+2,4%) e il Brent di febbraio a 88,6 dollari (+1,9 per cento).