
Lo studio dell’ateneo Ca’ Foscari promuove ibrido ed elettrico per rilanciare il settore automobile
Dopo trent’anni di contrazione, l’elettrico potrebbe essere l’ultima possibilità per evitare il ridimensionamento sia industriale che occupazionale nel settore automobile. Lo certifica uno studio di Motus-E e CAMI, centro che analizza il settore dell’auto del Dipartimento di Management dell’Università Ca’ Foscari Venezia; oggetto di studio, “Le trasformazioni dell’ecosistema automotive italiano”.
Dall’analisi delle serie storiche, emerge la severa contrazione del mercato per le vetture tradizionali: nel 1989 la produzione annua di automobili si attestava a 1.971.969 unità, contro le 1.410.459 del 1999, le 661.100 del 2009, le 542.472 del 2019 e le 442.407 del 2021. Stessa solfa per le immatricolazioni, passate da 2.296.784 del 1989 a 1.458.313 del 2021, e per gli occupati del settore, crollati da 177.419 a 144.890 tra il 1998 e il 2018. Ma a salvare la situazione potrebbe essere l’elettrico: dall’indagine effettuata su un campione di 2400 aziende italiane fornitrici di componenti a livello nazionale e internazionale (attori economici che impiegano ben 280mila addetti) emerge che i posti di lavoro del settore auto possono aumentare del 6% entro il 2030 grazie all’elettrico. Un aumento subordinato alla lungimiranza della politica industriale che verrà, a cui aggiungere altri 7mila nuovi occupati solo nel segmento della eMobility.
Di fronte a queste cifre positive: «non si può rimanere indifferenti: per rilanciare l’industria italiana dell’auto occorre puntare subito sulle tecnologie in espansione, perdere tempo vorrebbe dire indebolire ulteriormente il settore, cedendo ad altri Paesi la leadership nella componentistica»; parole di Massimo Nordio, presidente di Motus-E, che aggiunge: «Questa filiera è strategica e fondamentale per l’Italia, non possiamo più permetterci di trascurarla mettendo a rischio migliaia di posti di lavoro, dopo quelli che abbiamo già perso tra il 1998 e il 2018».