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Finanza

Ibanfirst: 2023 anno ad alta volatilità, ecco perchè

Giulia Guidi
27 Dicembre 2022
Ibanfirst: 2023 anno ad alta volatilità, ecco perchè
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Lo indica l’analisi della fintech belga in merito alle quattro tendenze chiave che segneranno l’economia globale nel 2023 Recessione incombente, crisi energetica, inflazione che rimane costante fino al 2024: per tutti […]

Lo indica l’analisi della fintech belga in merito alle quattro tendenze chiave che segneranno l’economia globale nel 2023

Recessione incombente, crisi energetica, inflazione che rimane costante fino al 2024: per tutti questi motivi, il 2023 dovrebbe essere un anno di alta volatilità. Lo indica l’analisi di Ibanfirst in merito alle quattro tendenze chiave che segneranno l’economia globale nel 2023. La volatilità dei cambi ha un impatto diretto sulle condizioni economiche generali e soprattutto sulla catena di approvvigionamento.

E gli Stati Uniti potrebbero soffrirne le conseguenze. Con un tale calo dello yen rispetto al dollaro (meno del 14% dal 1 gennaio), ad esempio, produrre in Giappone è ora più economico che produrre negli Stati Uniti, mentre in passato era molto più costoso. Se questa situazione dovesse durare probabilmente porterà a una delocalizzazione degli impianti di produzione in prossimità dei clienti. 

L’evoluzione della liquidità del dollaro è di primaria importanza considerando che operiamo in un mondo basato sul dollaro. Essa influenza profondamente la direzione dell’economia e degli asset finanziari. Esistono diversi modi per calcolare la liquidità in dollari. Una pratica comune è quella di seguire l’evoluzione della massa monetaria in dollari nelle principali economie.

La liquidità in dollari ha raggiunto un livello record nel periodo Covid, con le banche centrali che hanno aperto massicciamente il rubinetto del credito. Ma da allora le cose sono cambiate. Il ritorno dell’inflazione ha costretto le banche centrali ad adottare una politica monetaria più restrittiva.

Persino la Banca del Giappone, che per lungo tempo è rimasta in disparte, ha segnalato questa settimana che potrebbe iniziare ad abbandonare anni di politiche ultra-allentate per affrontare l’inflazione sopra l’obiettivo. Ciò comporta una contrazione della liquidità in dollari.

Secondo di Ibanfirst, è tornata ai livelli raggiunti nel 2015, quando la Cina ha svalutato lo yuan. Dato che l’inflazione probabilmente non scomparirà da un giorno all’altro, costringendo così le banche centrali a rimanere nel campo dei falchi per un bel po’ di tempo, ci aspettiamo che la contrazione continui almeno nel breve termine (cioè nel 1° trimestre o addirittura nel 2° trimestre del 2023).

Dal suo massimo decennale intorno area 114 a fine settembre, l’indice del dollaro sta seguendo una marcata tendenza al ribasso. Se il calo dovesse continuare, sarebbe una buona notizia per l’inizio del 2023. Un dollaro forte è un fattore negativo per l’economia globale. Si ripercuote sui bilanci di tutto il mondo.

Secondo il Fondo Monetario Internazionale, circa la metà dei prestiti transfrontalieri e dei titoli di debito internazionali sono denominati in dollari. I mercati emergenti sono di solito i più vulnerabili, soprattutto il settore privato delle imprese che tende ad avere alti livelli di debito denominato in dollari. Con l’aumento dei tassi di interesse globali, le condizioni finanziarie si sono notevolmente inasprite per molti paesi. Un dollaro più forte non fa che accentuare queste pressioni, soprattutto per alcuni mercati emergenti che sono già ad alto rischio di sofferenza debitoria. 

In meno di tre mesi è cambiata drasticamente anche la narrazione sulla divisa dell’eurozona. Questo è positivo in vista dell’uscita dal 2022. Alla fine di settembre, l‘EUR/USD ha toccato il punto più basso degli ultimi 20 anni intorno a 0,95 (il che è coerente con il picco dell’indice del dollaro, ovviamente). Ora si aggira nell’area tra 1,06 e 1,07.

Non è del tutto sorprendente. Quando il posizionamento netto sull’euro è estremo di solito segue un forte rimbalzo. In questo caso specifico, il rimbalzo è stato alimentato anche dalla politica monetaria (la Banca Centrale Europea è stata più aggressiva) e dai fondamentali migliori del previsto (la crisi energetica in Europa non è così grave come si temeva).

Nel breve e medio termine, è probabile che il sentimento positivo continui a dominare. Ma la coppia EUR/USD deve accumulare molta energia per superare la zona di 1,0775, che funge da resistenza settimanale. Questo potrebbe essere complicato in assenza di veri e propri movimenti di mercato nelle prossime due settimane.

  • ibanfirst
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