
La norma dell’Ue, secondo l’esecutivo italiano, è una “patrimoniale mascherata”
Al centro del contendere una normativa che potrebbe comportare l’obbligo di ristrutturare entro il 2030 due immobili su tre, per renderli più efficienti da un punto di vista energetico. È su questo punto che è scoppiata la battaglia tra la presidenza di turno svedese dell’Unione europea, che si è impegnata ad approvare la cosiddetta direttiva sulle “case green” entro sei mesi, e il governo Meloni, che conta tra la platea dei suoi elettori anche i proprietari di immobili.
Il testo presentato in Parlamento Europeo dall’irlandese Ciaran Cuffe (Verdi europei), introduce anche maggiori tutele sociali per i proprietari, con l’utilizzo del Fondo sociale per il clima e dei finanziamenti del Recovery, oltre ad ambiziosi target per le pompe di calore e per incoraggiare i Paesi Ue a promuovere “ristrutturazioni di comunità” a livello di quartiere. Un testo che sposa le richieste di ambientalisti e associazioni (e che in prospettiva permetterebbe un discreto risparmio energetico per le famiglie che vi risiedono) ma che non piace a edili e governo. Tra cui Fratelli d’Italia, che facendo proprie le istanze dei proprietari tuona: «la casa è sacra e non si tocca» per bocca del capogruppo Tommaso Foti. Contrarie anche le associazioni di costruttori come Confedilizia, che presagisce “una perdita di valore della stragrande maggioranza degli immobili italiani e, di conseguenza, un impoverimento generale delle nostre famiglie”, mentre la presidente dell’Ance, Federica Brancaccio, chiede “subito un sistema strutturato di incentivi statali mirati e stabili”.