
Come altre major petrolifere, Shell è stata favorita dal rimbalzo della domanda, diminuito durante la pandemia, e dal calo delle esportazioni russe
Il colosso petrolifero britannico Shell ha realizzato un profitto annuo record nel 2022, per un totale di 42,3 miliardi di sterline (47 miliardi di euro circa), più che raddoppiato in un anno, grazie all’aumento dei prezzi del petrolio.
Come altre major petrolifere, Shell ha visto i risultati favoriti dal rimbalzo della domanda, che era diminuito durante la pandemia di Covid, e dal calo delle esportazioni russe a seguito della guerra in Ucraina.
L’annuncio di Shell arriva sulla scia delle trimestrali delle major americane ExxonMobil, che ieri ha annunciato un utile record di 55,7 miliardi di dollari nel 2022, e Chevron che aveva pubblicato la scorsa settimana un utile netto annuo più che raddoppiato a 35,5 miliardi di dollari.
L’utile netto rettificato di Shell (ossia escludendo gli elementi eccezionali) lo scorso anno si è attestato a 39,9 miliardi di dollari. Per Shell si tratta del più alto profitto annuo mai realizzato, con i ricavi incrementati in particolare da “prezzi più alti e margini di raffinazione”.
Solo nel quarto trimestre, l’utile netto è aumentato del 54% a 10,4 miliardi di dollari, trainato in particolare dai prezzi del gas naturale liquefatto (Gnl).
Il gruppo annuncia un programma di riacquisto di azioni da 4 miliardi di dollari e un aumento del 15% del dividendo per il quarto trimestre dello scorso anno.
In totale, Shell per il 2022 distribuirà ai suoi azionisti 26 miliardi di dollari. Questi risultati “dimostrano la forza del portafoglio differenziato di Shell, nonché la nostra capacità di fornire energia vitale ai nostri clienti in un mondo instabile”, ha affermato il nuovo amministratore delegato, Wael Sawan, che ha sostituito Ben van Beurden il primo gennaio.
Ma questi profitti record alimentano anche le critiche delle organizzazioni ambientaliste che continuano a chiedere ai colossi petroliferi di fare di più per affrontare la crisi climatica.