
L’associazione chiede una riforma fiscale urgente e, anziché un reddito di cittadinanza, il reddito universale
“Il tasso di occupazione in Italia è pari al 58% mentre nel resto della UE è del 70%, non solo, questo 58% ha uno stipendio inferiore a 1.100 euro e lavora senza turni, giorni di riposo, orari adeguati. E a dare il 95% della forza lavoro in Italia sono le aziende con meno di 10 dipendenti, proprio quelle che rientrano nella categoria dei clienti fissi di Agenzia delle entrate e della riscossione e delle banche. Dove l’occhio ciclopico del fisco si accanisce con bombardamenti fiscali e costi sul lavoro che incidono, fino a piegare, gli stipendi stessi. Di questo passo nel 2030 avremo un milione in più di cittadini bisognosi di sussidi e l’INPS denuncia da tempo i conti in rosso”.
Lo scrive, in una nota, il presidente di Federcontribuenti Marco Paccagnella, evidenziando uno studio fatto dall’associazione dei consumatori sugli stipendi dei lavoratori italiani. Inoltre un altro capitolo che “viaggia parallelamente al dramma degli stipendi dei lavoratori italiani”, sono le partite Iva.
“Solo l’1% delle P.iva dichiara di guadagnare più di 100 mila euro – ricorda Paccagnella – il restante 95% fatturano circa 30 mila euro l’anno lordi. Un forfettario che guadagna 30 mila euro l’anno pagherà di imposte circa 9 mila euro; dopodiché dovrà detrarre stipendi, spese per energia, fornitori affitti e prestiti con finanziarie.
“Come può quindi un imprenditore garantire uno stipendio adeguato se prima lui è costretto a vivere con solo il 30% di ciò che guadagna? Fin quando lo Stato preleverà il 70% del fatturato gli stipendi saranno sempre pari a 2 euro l’ora e il numero di poveri è destinato a crescere costringendoci a pagare sussidi su sussidi che impediscono investimenti volti allo sviluppo economico del Paese. Meno tasse sul lavoro significano stipendi più alti per tutti, significano meno sussidi e crescita economica per tutti. Un P.time guadagna scarsi 700 euro al mese e il 55% dei contratti lavorativi sono oggi P.time e le fasce di età maggiormente colpiti sono tra i 30 e i 50 di età”.
A questo punto, fa presente il presidente di Federcontribuenti piuttosto che ragionare sul reddito di cittadinanza, bisogna pensare al reddito universale: “Stabilito che non si può vivere con meno di 1000 euro al mese cadauno, occorre dare soldi a chi ha uno stipendio inferiore a tale soglia per far sì che tutti chiedano assunzioni in regola perché a tutti converrebbe. Contemporaneamente occorre rivedere l’attuale normativa sul costo del lavoro: perché – si chiede infine Paccagnella – bisogna versare tasse su ogni dipendente se già il dipendente viene tassato a monte?”.
!Un bar in periferia piuttosto che un negozietto di scarpe o vestiti come può, con queste regole – conclude –, garantire uno stipendio adeguato o una paga di almeno 5 euro l’ora? Come possono farcela se ogni mattina sono costretti a rincorrere le richieste del fisco, delle banche, delle utenze e di ogni altro ben di Dio che gli chiede soldi manco fossero bancomat?”.
(foto Imagoecononomica)